Oggi è il mio ultimo giorno a Londra, già perché io, Martina Stoessel, domani partirò per Buenos Aires la città dove sono nata. Avevo 8 anni quando andai via dalla mia città. Mia madre Maria morì in un incidente stradale e per me e mio padre fu uno shock, più per mio padre che infatti decise di portarmi in giro con se in ogni suo viaggio di lavoro, in questi ultimi due anni ci siamo stabiliti qui a Londra e non tornammo mai più a Buenos Aires dopo la morte di mia madre, so che pensa ancora a lei era il grande amore della sua vita, ma vorrei tanto che andasse avanti perché sono passati dieci anni e per questi dieci anni si è sempre occupato di me e del lavoro e mai di se stesso. Ritorniamo a me, al mio diciottesimo compleanno mio padre mi diede la grande notizia che potevo iscrivermi ad un accademia musicale che ho sempre sognato di frequentare da quando sono piccola, l’accademia di musica di Buenos Aires “Studio21”, credevo che non me l’avrebbe mai permesso per il fatto che si trovasse li. Mia madre mi insegno a cantare quando ero piccola, non so se è una vocazione ma ricordo che da piccola amavo cantare con mia madre mentre lei suonava il piano forte, che poi anch’io con il tempo imparai a suonare. Qua a Londra frequentavo una scuola musicale dove ho imparato a suonare la chitarra e a comporre melodie e testi, ma il mio più grande sogno è di andare in quell’accademia.
Erano le 21:00 e decisi di infilarmi il pigiama e di andare a letto perché l’indomani mi sarei dovuta svegliare alle 6:00 del mattino per andare in aeroporto. Mi guardai allo specchio, i miei grandi occhi scuri fissavano l’immagine riflessa, i miei capelli mori che alle punte sono quasi biondi sono ancora umidi per via della doccia che mi sono fatta, noto di essermi alzata parecchio dall’anno scorso, il mio corpo è esile ma ho le curve nei punti giusti. Guardo questa ragazza riflessa nello specchio e penso che da domani cambierà vita. Sento qualcuno bussare alla mia porta e quando mi giro vedo mio padre entrare nella stanza << Tutto ok Tini? >> << Si >> rispondo guardandolo. << Andrà tutto bene >> mi schiocco un bacio sulla fronte abbassandosi di qualche centimetro perché è molto alto. Mio padre è un bell’uomo, abbastanza palestrato, moro e con occhi scuri come i miei, vedo la sua dolcezza nei miei confronti in quei occhi. Sento qualcuno entrare lentamente nella stanza << Scusate, c’è una telefonata per te Alejandro. >> dice Roberto un amico di famiglia e consigliere di mio padre, << Vengo subito! Buonanotte piccola ci vediamo domani mattina >> << Buona notte papà >>. Mi sdraio sul mio letto e non so se sono più preoccupata o agitata per tutto questo, da una parte sono super felice di partire e ritornare là, dall’altra mi preoccupa questo grande passo e lentamente di addormento.
È mattina la sveglia suona alle sei in punto e io mi alzo tutta agitata, << TINIIII! >> sento urlare fuori dalla mia stanza << Si papà sono sveglia >> entra in camera mia e mi abbraccia << Hai preparato tutto? >> << Si, le valige sono li >> Indico con il dito, << Bene, allora le porto giù intanto che ti prepari >> prende le valige, la custodia della chitarra e quella del mia pianola e sparì oltre la porta. Questa mattina fa caldo allora decido di raccogliere i capelli in uno chignon spettinato, mi infilo una canotta bianca e un paio di pantaloncini di jeans e le mie Adidas, così durante il viaggio sarò comoda. Sistemo le ultime cose e poi guardo per 5 minuti la mia stanza per l’ultima volta, è spaziosa ma ora è quasi vuota, è di un colore verde primavera e sulle pareti ci sono disegnati fiori viola e fucsia di varie dimensioni, il letto è bianco come il resto degl’altri mobili, il mio grande armadio è vuoto come il pianale dove tenevo la pianola e la scrivania dove mi sedevo a scrivere. La mia stanza mi mancherà. Scendo per fare colazione e trovo mio padre già seduto al tavolo, mi siedo anch’io e lui inizia a spiegarmi i programmi di oggi. << Allora tini, quando arriveremo a Buenos Aires andremo direttamente all’hotel, la famiglia Comello ci aspetta fra due giorni >> << lo so! >> rispondo io e ritorno a mangiare la mia tazza di cereali. La famiglia Comello mi avrebbe ospitata nella sua casa durante la mia permanenza a Buenos Aires, il signor Comello era un grande amico di mio padre quando abitavamo la e non hanno mai perso i contatti tra di loro, così decisero che io potevo restare da loro mentre mio padre poteva tornare qua per il suo lavoro. Da piccola io giocavo sempre con sua figlia ma sono passati dieci anni e io non la ricordo molto bene, ma sono contenta di poter vivere sotto lo stesso tetto con una ragazza della mia età, anche lei come me perse sua madre sei anni fa quindi credo che potremmo aiutarci a vicenda. Finisco di mangiare e sistemo, mi dirigo verso l entrata della casa pronta per andare in aeroporto, guardo per l’ultima volta la mia casa e poi entro in macchina. Roberto si mette al posto di guida, le valige sono già state caricate, mezz’oretta dopo arriviamo in aeroporto. Sull’aereo dopo un oretta mi addormento sapendo di dover affrontare ancora 12 ore di volo. << Tini fra 20 minuti atterriamo >> apro un occhio alla volta e sento un dolore alla schiena dovuto alla mia posizione, cerco di riprendermi prima dell’atterraggio. Quando arriviamo in hotel sono esausta, anche se ho dormito 12 ore filate ne dormirei altre 10, poi noto la stanza in cui siamo, è bella e spaziosa, ha colori chiari tutti sulla tonalità del beige e del marroncino. Davanti al divano c’è una televisione e sulla sinistra ci sono due porte bianche che portano nelle stanze con ognuna il proprio bagno. Mi faccio una doccia veloce e decido di guardare la tv mentre mio padre legge le sue scartoffie. Poco dopo mi riaddormento.
Mi risveglio in questo enorme morbido letto bianco, sono totalmente ricaricata. Mi alzo e apro una delle valige e tiro fuori le prime cose che trovo per non ribaltare tutto, noto che fuori c’è il sole, indosso una gonna azzurra a vita alta che scende larga e abbastanza corta, sopra mi metto una morbida canotta bianca che infilo nella gonna e i miei stivaletti con le borchie. Decido di lasciare i capelli sciolti e ondulati. Vado nella stanza principale e trovo mio padre seduto a far colazione << Buongiorno Tini >> << Buongiorno Pà >> e gli do un bacio sulla guancia. << Che farai oggi? >> << Credo che andrò a fare una passeggiata. >> << sta attenta però! >> << lo so >> rispondo con un tono un po’ scocciato. La mattinata filò liscia, io mi misi in camera mia a scrivere e comporre e all’ora di pranzo scendiamo nel ristorante dell’hotel, è un sala gigante con delle colonne, ha una trentina di tavoli all’incirca, sono rotondi e hanno della tovaglie bianche e sopra altre tovaglie più corte rosse, il pavimento è in marmo chiaro, è molto elegante. Non mangio molto, sarà per il fuso orario ma non ho molta fame, verso le due esco e vado a fare un giro per la città, sembrerà strano ma è come se non fossi mai andata via da qui, l’aria è buona come la ricordo. Passo davanti alla gelateria dove mia madre mi portava sempre da bambina e entro, è proprio come la ricordo, con le pareti bianche a strisce rosse e c’è ancora quel piccolo e vecchio carretto dei gelati alla destra dell’entrata, prendo un gelato e ricomincio a camminare in un parco pieno di fiori, fa veramente caldo, cammino e cammino ancora finché qualcosa non attira la mia attenzione. Il rumore delle onde, lo sento sempre più vicino finché non lo vedo, distrattamente lascio il sentiero di sassi e cammino nel prato verso una panchina sotto un albero che si affaccia al meraviglioso spettacolo che è quel mare che non vedevo da anni, cammino continuando a fissarlo quando urto qualcosa o qualcuno << Ehi svampita, guarda dove vai! >> dice una calda e sensuale voce maschile. Alzo lo sguardo e vedo due grandi occhi verdi per un momento rimango incantata ma poi mi riprendo << io non sono una svampita! >> dico al giovane davanti a me con tono offeso << Eppure mi sei venuta addosso! >>, lo guardo bene è un bel ragazzo, è un gran bel ragazzo a dir la verità, è alto, ha i capelli tutti arruffati non troppo corti, noto il suo sorriso mentre mi guarda con gli occhi socchiusi, ha un fisico atletico almeno vedendolo così, si è davvero bello ma come si permette di darmi della svampita << Non so chi ti credi di essere ma anche tu sei venuto addosso a me >> << Oh oh, che caratterino! >> afferma lui ridendo, << Non ho tempo da perdere con te! >> lui mi passa accanto e mentre si allontana si gira verso di me e con un gran sorriso mi dice << Allora buona giornata svampita! >> mi giro verso di lui per ribattere ma vedo che sta andando verso un gruppo di ragazze che stanno ridendo più in là, il solito bello ma stronzo penso io, e lo lascio perdere per riprendere la mia tranquilla camminata.
Quando torno in albergo è ora di cena, mio padre mi dice che avremmo mangiato in stanza e mi chiese di raccontargli ciò che avevo fatto. Finito cena vado nella mia stanza per farmi un bagno rilassante, ho gli occhi chiusi e sono avvolta dalla schiuma quando nella mia mente mi riappaiono quei occhi verdi e al pensiero di quel ragazzo un po’ presuntuoso mi metto a ridere. Mio padre mi viene a dare la buonanotte verso le dieci di sera e io mi sto preparando mentalmente per l’imminente incontro di domani con la famiglia Comello. Quando mi metto nel letto a dormire e chiudo gli occhi rivedo di nuovo quei occhi verdi, mi scrollo la testa per toglierli dalla mia mente e senza accorgermene mi addormento.Autore: ciao a tutti! Questa è la prima storia che ho scritto in assoluto un anno e mezzo fa forse due! Difatti è più corta, con molti più errori ed è meno complicata di "ogni amore è una favola " spero comunque che vi piaccia! Più starti pubblicherò un altri capitoli se riesco!
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Green Eyes
Teen Fiction" 《 Ehi svampita guarda dove vai 》dice una calda e sensuale voce maschile. Alzo lo sguardo e vedo due grandi occhi verdi." Cosa succede quando due regazzi tanto diversi si incontrano? Tutto può cambiare la realtà, una ragazza forte e passionale si s...