Percy

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Subito dopo che Leo afferrò le chiavi tanto attese la stanza iniziò a vorticare violentemente, sempre più forte. Non riuscivo a tenermi in piedi e un terribile senso di nausea si fece largo in me, cercavo invano di tenermi a ciò che era rimasto di una vasca, ma non ci riuscii e caddi a terra come un pesce lesso.

Quando atterrai realizzai di non trovarmi sul pavimento di mamo della stanza, piuttosto stavo sputando erba. Mi sentivo uno schifo, come se un branco di fottutissimi elefanti mi fosse passato sopra. Impiegai qualche secondo prima di realizzare dove fossi; ero circondato da una incommensurabile oscurità, che si univa al verde rigoglioso del prato come se fosse un dipinto; un inquietante dipinto.
Avevo dolori in tutto il corpo e vidi le stelle quando mi misi in piedi, barcollando pericolosamente. Il paesaggio era a mala pena decifrabile, intravedevo soltanto qualche rovina.
Alla mia sinistra vi era un sentiero ripido che portava verso l'apice della collina, anch'essa completante immersa nel buio.
Mi chiesi dove fossero gli altri, ma la loro mancanza sensazione sfocata, come se non dovessero essere lì, piuttosto essere lontani come le Nebulose.
Dopo qualche passo incerto presi sicurezza e, senza esitazioni, mi incamminai su per quello strano sentiero. Descrivere quel momento è complicato, dato che non sapevo nemmeno io che stessi facendo, sentivo di doverlo fare, e basta.
Più salivo e più l'oscurità era intensa, più l'aria si faceva pesante e la visuale diminuiva. Quando mi trovai davanti a un grande blocco di pietra, lavorato per creare una sorta di uovo, con fregi sulle pareti, mi fermai improvvisate.
Il mio corpo non resse a quella frenata e caddi faccia avanti, sfiorando la grande pietra. Sputai di nuovo un mucchietto d'erba e gemetti per il dolore che provavo al polso. Non riuscivo a tirarmi su, mi faceva troppo male.
Feci forza sull'altra mano e riuscii a mettermi a sedere, tenendomi il polso dolente in grembo. Cercai l'ambrosia nelle tasche, niente.
Allungai un dito verso la sorta di uovo lavorato e prima di toccarlo avvertii un'aura forte di energia, sapeva di vittoria e potere.
Al contatto il blocco mi diede una specie di scossa ed iniziai a vedere cose strane nelle mia mente.
Noi che incontravano Euridice, Clarissa che scappava dagli automi nel labirinto, Annabeth che veniva presa da Scilla e una grande montagna, circondata di nebbia. Mi concentrai meglio su di essa e realizzai che non era una montagna, bensì un vulcano.
La visione si spostò ancora e adesso ero in una caverna umida e maledettamente calda, sovrastato da una figura infuocata.
Sentii delle voci in lontananza, che si facevano sempre più forti. Fui strappato da quelli visioni e mi risvegliai sudato e coperto di fango.
Aprii gli occhi e vidi i visi dei miei amici che mi scrutavano preoccupati, cercando di capire che caspita mi fosse successo.
"Dove sono?" Domandai alzandomi di scatto e rendendomi conto che era giorno inoltrato. Annabeth mi passò dolcemente una mano sulla schiena e mi aiutò a distendermi nuovamente.
"È meglio se riposi" disse guardandomi come se fossi un cucciolino ferito.
"No!" Urlai e feci sobbalzare tutti
"Ho capito ragazzi, ho capito!" Ripetei ignorando i miei amici che cercavano di farmi calmare.
"L'Etna, lì c'è Crono" detto questo mi si girarono gli occhi e caddi nuovamente a terra.

War ||Wattys2017||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora