chapter eleven.
«perché non capisci che sei un fottuto disastro, min yoongi?!»
fu quella la frase che la madre del ragazzo pronunciò dal cellulare. le parole erano aspre, cariche di odio e disprezzo.
«mㅡmamma...» sibilò yoongi con la voce rotta dal pianto. «ti prego, aiutami.»
quelle del ragazzo, invece, erano supplicanti e tanto disperate. erano un grido, una richiesta di aiuto soffocata per troppo tempo.
«mamma, io ho bisogno di aiuto» ammise, con la fronte sul pavimento e il corpo accasciato a terra.
«e cosa dovrei fare io?!» strepitò la madre. «ti sei trasferito, hai deciso di scappare dalla tua vita per creartene una indipendente e ora chiedi aiuto a me?!»
yoongi chiuse gli occhi. la testa gli faceva male, i suoi occhi erano acquosi e ciò che vedevano era totalmente sfocato. le urla della madre gli rimbombavano nella testa come campane. strizzò gli occhi e strinse i pugni.
«tu per me non sei un figlio, non più da quando hai iniziato a decidere per conto tuo.»
«è la mia vita, cazzo!» urlò improvvisamente yoongi.
il petto gli faceva male, a causa del dolore estenuante che stava provando al cuore. era come distrutto, ormai privo di qualsiasi altra emozione che non fosse tristezza o rabbia.
«ti ho sempre ascoltata, mamma...» mormorò. «... ti supplico.»
«sei un pazzo» replicò la madre. «vai al diavolo, min yoongi.»
tutto ciò che sentì dopo fu solo un grande silenzio. spostò il cellulare dall'orecchio e vide che la donna aveva chiuso la chiamata da una manciata di secondi.
era scioccato. i suoi occhi sgranati fissavano lo schermo illuminato del cellulare. si alzò lentamente da terra e posò una mano al muro per mantenersi in equilibrio.
«vaffanculo!» sbottò in lacrime, scagliando il cellulare a terra.
per min yoongi era finita. e tutto quello che successe dopo, furono solo una serie di azioni messe in atto da una mente instabile e sconnessa.
──
dentro l'appartamento regnava il buio. in un primo momento il silenzio era assordante; ma se vicini alla camera da letto, si poteva udire un pianto strozzato.
yoongi era inginocchiato a terra, con una mano che premeva il petto dolorante e la mente annebbiata. le lacrime erano più che giustificate: da quando era divenuto uno spirito non aveva mai provato prima un dolore così forte al petto, un dolore talmente straziante da far piangere una persona che, da anni, aveva in tutti modi cercato di reprimere le lacrime per non apparire debole davanti agli altri e davanti a se stesso.
il cuore non era l'unica cosa a fargli male. la sua testa, per esempio, era un ammasso di confusione e dolore. confusione perché lo spirito non capiva, o meglio, non voleva realizzare cosa stesse succedendo; dolore perché ogni piccolo movimento che compieva lo portava ad emettere dei forti lamenti.
lì per lì non era nemmeno qualcosa di così tanto grave: stava avendo una crisi, e capitava a tutti gli spiriti tormentati. solo non pensava potesse succedere così presto, a solo due anni dalla sua morte.
esistono anime più forti e più deboli, molto semplicemente. e per quanto cercasse di nasconderlo, yoongi faceva parte di quelle deboli.
«... aiuto...» balbettò a denti stretti, premendo più forte la mano contro il suo petto.
yoongi chiuse gli occhi e si rannicchiò per terra, tutto tremante, aspettando che ambedue i dolori, sia quello mentale che quello fisico, si attenuassero.
il rumore di un interruttore acceso, di una serie di passi e di un'acuta voce familiare lo fecero svegliare da quella sensazione di stordimento sproporzionata. la luce lo fece strizzare e gli occhi e si guardò attorno, fin quando non si ritrovò tra le braccia di jimin. a quel punto, smise di guardarsi attorno e rimase immobile, inspirando il dolce profumo che esalava l'umano.
«non piangere, tesoro» mormorò jimin al suo orecchio.
... la sua voce sembrava si stesse per spezzare da un momento all'altro.
«ci sono io qui con te adesso.»
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can you see me? | yoonmin
Fanficcompleted ㅡ jimin si trasferisce dalla sua vecchia casa per iniziare un'altra vita, ma non è conoscenza che l'appartamento sia già abitato da un incantevole fantasma di nome yoongi. © minyawn | 2016