Quando spingo quella porta nera e ci trovo davanti Karen tutta in tiro, pronta per uscire, forse un po' mi pento di essere qui, ma poi ci ripenso e voglio liberarmi di questo peso quindi senza ripensarci la abbraccio e le sussurro Grazie per essere stata una sorella di merda, poi allontanandomi e guardando la sua faccia scioccata sto per sentirmi male dalle risate, ma provo a trattenermi e le chiedo dove sono i nostri genitori. Lei mi dice che la mamma non c'è, ma che babbo è nel suo studio, così la pianto lì e vado verso il corridoio fino all'ultima porta a sinistra e senza esitare ci entro. Lui mi squadra da testa a piedi, poi bisbiglia qualcosa al telefono e lo appoggia alla scrivania di legno. Mi avvicino a passo deciso e sorrido, poi inizio a parlare.
"Sono qui per ringraziarti. Ti ringrazio per non esserci stato, per avermi odiato così tanto, per aver provato ad impedirmi di essere felice, per avermi sgridata tutte le volte che facevo gli incubi e vi svegliavo. Ti ringrazio per aver escogitato un sistema per non sentirmi mentre urlavo, al posto di aiutarmi avete semplicemente spostato tutte le vostre camere da letto lontano dalla mia. E sai che vi siete tagliati le gambe da soli in questo modo? Perché io uscivo e entravo dalla finestra come se nulla fosse, e voi non mi sentivate, o forse sì ma non vi preoccupavate più di tanto. Ringrazia anche la mamma. E sai perché vi sto ringraziando? Perché voglio liberarmi da quello strato di schifo con cui voi siete ricoperti, e col tempo ci avete ricoperto anche me."
Esco soddisfatta dall'ufficio e poi attraverso il corridoio e senza troppi ripensamenti sono in sella alla moto, adesso devo fare ciò che avrei dovuto fare tanto tempo fa. Non so se Caterina sarà lì, e non so nemmeno se ci troverò Jenna o Bella, ma anche senza loro quella stazione ha molto da ricordare già da se. Quel muro dove ho sferrato il pugno che poi mi lacerò la mano, quelle tre ragazze che pian piano si portavano via una parte di me. Mi spezzarono in mille pezzi della mia anima. E io adesso sto tornando a prendermeli, quei pezzettini.
Forse ci troverò altri ragazzi, in fondo ci andavamo a quattordici,treidici anni, quando ancora eravamo troppo piccoli per certi posti. Adesso ci troverò altri ragazzi che sono ancora alle prime prese con il drum o con le strisce, come all'epoca lo eravamo noi. Anzi noi le sigarette le dividevamo, e un pacchetto era di sei, sette persone. Si fumava una sigaretta ogni sera, e ovviamente quella sigaretta si divideva; non conoscevamo il drum, la coca, l'eroina, e anche una piccola lattina di birra non era per una ma per una, ma per una decina di persone. All'ora funzionava così. E mentre altre ragazzine a quell'età leggevano Geronimo Stilton e si vergognavano quando la professoressa di scienze spiegava l'apparato riproduttore, io ero diversa da loro, molto diversa.
E quando spingo il cancello che, diversamente da qualche anno fa, non ha più nessuna traccia di quel bianco che non lo faceva sembrare troppo vecchio e malandato, invece è semplicemente un ammasso di ruggine che anche solo a sfiorarlo cigola in maniera assurda. Come mia aspettavo, ci trovo gente, sono una quindicina di ragazzini che si passano una sigaretta, mi fanno tornare mille flashback in mente e provo a mandarli via senza lasciar trasparire emozioni. Devo sembrare apatica, perché questi ragazzi sono pericolosi, come alla loro età lo ero io. E anche se adesso posso togliere da tasca la glock e mandarli via in un attimo, non lo faccio.
-Potresti andartene, tesoro?- una ragazzina truccata come non si sa cosa ha appena aperto bocca, per sfoggiare la sua voce da oca, ricevendo delle gomitate nelle costole da varie persone del suo gruppo, ma lei li fulmina con lo sguardo e continua a parlare. -Che c'è? Le sto solo dicendo che questo posto non è per gente del genere, per stare qui devi avere le palle. Chi si crede di essere?-
Lì non ci vedo più. Mi avvicino e le porgo la mano:-Madison Beer, piacere- le sputo in faccia quelle parole e la vedo sbiancare, ma sbiancare forte che confronto il lenzuolo bianco di mia nonna sembra sporco. Per fare più effetto metto le mani dentro la giacca e tiro fuori la pistola, anche se non la userei mai contro di loro.
Balbetta qualcosa che non capisco ma la lascio perdere e mi allontano dal gruppetto, vado verso i vagoni abbandonati e mi siedo sul mucchio di pietre che dà una visuale perfetta del muro con le citazioni scritte con le bombolette spray, risalenti al periodo in cui ero convinta che scrivere 'a nessuno importa di te, dalla tua migliore amica al ragazzo che dice di amarti, per loro ci sarà sempre qualcuno migliore di te' potesse cambiare le cose. Ero così stupida, non capivo proprio. Cosa mi aspettavo, poi? Che Caterina venisse a chiedermi scusa? Che Bella si comportasse come prima di tutto il casino? Che Jenna tornasse ad essere la mia confidente di sempre? Sì. Mi aspettavo proprio questo.
Sento un vuoto nel petto, un colpo al cuore e gli occhi bruciare. So cosa sta per succedere, e malgrado tutto, lo faccio succedere. Piango, piango, piango perché non doveva andare così, perché volevo davvero bene alla mia migliore amica, volevo bene a quelle tre ragazze che mi hanno davvero stravolto la vita. E urlo, urlo quanto mi hanno fatta stare bene, prima di mandare tutto a puttane, urlo quanto io ho voluto loro bene, perché sono state importanti come poche persone nella mia vita, anche se poi mi hanno ferita, mi hanno calpestata, mi hanno quasi uccisa, io non dimentico nulla; non dimenticherò quando Jenna mi alzava l'autostima, non dimenticherò le serate passate a fare cazzate con Bella. Ma cosa che non dimenticherei mai sono gli abbracci di Caterina. Uno in particolare: avevo appena litigato con Cameron e lei mi ha seguita, presa per il polso e stretta forte tra le sue braccia, mi ha fatta sorridere, cosa che in quelle circostanze solo lei è mai riuscita a fare. E non so se riuscirò a perdonarle, forse no, ma comunque, in silenzio, saranno sempre quelle ragazze a cui ho voluto davvero bene, perché spesso se l'hanno meritato.
Mi continuo a guardare attorno, stando sempre più male, in questo posto ho più ricordi tristi che felici. Perché alla fine di momenti felici ne ho avuti quante sono le dita della mia mano, e forse anche meno. Lo sguardo mi ricade su un punto preciso, e lì magicamente appaiono una piccola Madison, un Cameron quattordicenne e una Caterina ancora mora. Io e Cameron siamo abbracciati, io lo stringo forte stando sulle punte del piedi mentre lei scattava una foto con il telefono. Chissà dove è finita poi, quella foto... Non voglio nemmeno pensarci.
Mi sollevo dal mucchio di pietre ed esco dalla stazione dopo aver recuperato tutti quei pezzettini della mia anima che avevo lasciato incustoditi.
STAI LEGGENDO
Waterproof Love
Fanfiction«Loro non erano come tutti voi credete. Dietro quella storia ci stavano mille giri, litigi mai risolti, cose che nessuno di noi può nemmeno immaginare. Madison e Cameron non hanno mai avuto pace, e penso che mai l'avranno...mai.» //la storia contie...