Caro Steve,
Oggi sono tornato a lavorare. Mi sono sentito strano, fuori luogo. Ho provato a sorridere, ma non ha funzionato. La gente mi stava intorno, il signore gentile che lavora nella mia stessa stanza mi ha battuto una mano sulla spalla e mi ha chiesto come stavo. Io gli ho detto che stavo meglio, che era stata solo un'influenza un po' dura a morire.
Lui ha sorriso e ha detto che gira una brutta influenza, ultimamente, e che era felice che fossi tornato. Mi ha fatto piacere, sì, ma mi ha lasciato dell'amaro in bocca.
Non so spiegartelo, Steve. Tu mi guardi per qualche istante, poi torni a mangiare nella ciotola, e chissà se capisci quello che ti sto dicendo, mentre ti leggo ad alta voce la lettera, mentre la scrivo. Vado piano, lo so, ma non sono mai stato troppo veloce a scrivere.
E adesso miagoli. Cosa vuoi? Latte? Ah sì, me lo dimentico sempre.
Mi hai seguito in mezzo alle gambe, mentre andavo verso il frigo, e miagolavi piano, come facevi qualche anno fa, appena arrivato, piccolo piccolo, quando ti ho trovato per strada, per quelle strade crudeli di questa città indifferente.
Stavi in un cartone con un paio di coperte e qualcosa da mangiare lì vicino, poco. Giusto per un giorno o due, poi ti avrebbero lasciato a te stesso. Ti avrebbero costretto a metterti alla prova, a vedere se eri in grado di sopravvivere. Ma eri troppo piccolo per cavartela, allora ti ho preso con me. Non hai mai smesso di ringraziarmi, sei un gatto molto riconoscente.
Insomma, Steve, non so se ho molta voglia di tornarci, a lavoro. Non perché stia meglio a casa, figurarsi. Ci sto male, in casa, io. Ma perché non so, c'è qualcosa di soffocante anche nell'ufficio.
Tutto quel grigio, sono stanco del grigio. Domani porto un mazzo di fiori e me lo metto sulla scrivania. Altrimenti a fine settimana non ci arrivo.
Che dici, Steve, sono stato abbastanza bravo? Hai visto che coraggio?
Ma ho ancora paura, Steve. Non so bene di cosa, ma credo di sentirmi immensamente solo. Rimarrò solo per sempre, Steve? Lo so, ho te, ma io intendo che vorrei qualcuno della mia specie, accanto a me. Sì, l'amore. Ma che ne so, io nell'amore ci credevo, prima che Elisa mi lasciasse. Ma è amore quello che ti lascia al primo problema? Abbiamo tre figli, Steve, e non posso nemmeno vederli. Mi mancano immensamente, mi manca tornare a casa e sentirli che mi assalgono inondandomi di notizie della scuola, e anche Giorgio, che tra un po' uscirà dalle medie, anche Giorgio che un po' se ne stava sulle sue, mi manca anche lui, soprattutto lui. Un giorno vorrei riuscire a spiegare loro che non ho fatto nulla di male, che c'è stato un malinteso, che quello che facevo lo facevo per proteggere loro. Soprattutto loro, tra tutti.
Sono ancora innamorato, Steve. No, non di Elisa. Dei miei figli, però, immensamente.
Ma tu mi guardi ancora con quegli occhi e miagoli: hai finito il latte e ne vuoi ancora. Sei terribile, Steve, sei peggio di un bambino. Sì, palla di pelo, voglio bene anche a te.
Il tuo padrone che si dimentica sempre del latte e ti legge lettere a cui ti mostri parecchio interessato.
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Lettere di crisi
General FictionUn eroe in crisi e un supercattivo che ha perso tutto. Quanto saranno diversi, una volta tolta la maschera?