6 - Saltzenek

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Era la mattina presto dell'11 ottobre 1805: lo stesso giorno in cui a Braunau si era generato un forte trambusto per l'arrivo di Mack e della notizia della sua sconfitta.

A Saltzeneck, però, la vita scorreva tranquilla: sembrava un giorno come un altro.

"Vaska" Denisov aveva perso, giocando d'azzardo a carte, per tutta la notte.

Non era ancora rientrato.

Nikolai stava invece rientrando in quel momento, a cavallo, nella sua uniforme da Junker.

Quella mattina si era alzato presto ed era già andato con altri ussari a prendere del foraggio per gli animali.

Arrivato all'ingresso del suo alloggio, si fermò.

Diede una pacca sul collo del suo cavallo e scese con agilità giovanile.

Rimanendo, per qualche istante, fermo.

Come se non volesse separarsi dal suo fedele destriero.

Poi saltò giù.

Vide un soldato ussaro di servizio che si stava precipitando con solerzia verso di lui.

Nicolai gli parlò con l'allegria e l'affetto fraterno che i giovani ben educati usano quando sono di buon umore:

- Grazie, Bondarenko, fallo muovere un po', caro...

Il soldato, raggiante, scuoteva su e giù la testa a mò di ripetuti inchini.

- Ai suoi ordini, eccellenza.

- Mi raccomando fallo muovere tanto.

Un altro soldato ussaro aveva cercato di raggiungere il cavallo prima di Bondarenko

Ma non ce l'aveva fatta ed era visibilmente deluso perché Bondarenko aveva già afferrato le briglie.

Evidentemente, le mance dispensate da Nikolai Rostov erano piuttosto generose.

Rostov accarezzò di nuovo il cavallo.

Prima sul collo e poi sulla groppa.

Si diresse verso l'ingresso, pensando tra sé "questo cavallo diventerà un gran bell'animale".

Tenendo la mano sull'elsa della sciabola, salì di corsa la scala ed entrò.

Accompagnato dal rumore dei suoi speroni.

Lì, un crucco con un panciotto di flanella, una cuffia da notte in testa ed una forca in mano (che stava usando per rivoltare il letame) si affacciò sulla soglia della stalla delle mucche.

Era il proprietario dell'alloggio.

Anche la sua faccia si illuminò, quando vide Rostov.

Gli sorrise a trentadue denti e lo salutò, lasciando trasparire un trasporto che rivelava l'estremo piacere fisico che provava nel vedere il giovane:

- Schön, guten Morgen! Schön, guten Morgen [Le auguro una buonissima giornata]!

Rostov gli rispose con lo stesso sorriso giovanile di prima, amichevolmente entusiasta, stampato in faccia:

- Schön fleissig? Hoch Österreicher! Hoch Russen! Kaiser Alexander hoch!

[Di già al lavoro? Viva gli austriaci! Viva i Russi! Viva il Kaiser Alessandro!]

Ripetendo parole che il tedesco era solito dirgli.

Il Tedesco gli rispose con una grassa risata, uscì dalla stalla, si tolse la cuffietta e si mise ad agitarla sopra alla testa, gridando:

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