27 - Ne infilzerò parecchi

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Quando giunsero sul fronte i due comandanti si fermarono lì così, zitti e muti come due bambini imbronciati

Con le pallottole che fischiavano sopra alle loro teste.

Non c'era niente da vedere, di diverso da quello che potevano vedere dove stavano prima.

Era comunque chiaro ad entrambi che la cavalleria non avrebbe potuto operare, in mezzo a tutte quelle buche e a quei rovi.

Intanto i francesi stavano aggirando gli ussari, venendo da sinistra.

I due comandanti stavano lì a fissarsi con lo sguardo vuoto con cui si osservano tra loro due galli da combattimento; ognuno vanamente in attesa di un qualche sintomo di debolezza da parte dell'avversario.

Entrambi passarono l'esame con successo.

Siccome non c'era niente da dire e non volevano dare un qualsiasi pretesto affinché qualcuno potesse in seguito affermare che si erano voluti sottrarre per primi alle pallottole, sarebbero potuti rimanere lì indefinitamente a testare fino allo stremo il reciproco coraggio.

A sbloccare la situazione fu un crepitio di fucilate dietro di loro, nel bosco, seguito da grida strozzate:

I francesi erano piombati sui fanti impegnati a far legna.

Né gli ussari, né i fanti, ormai, avrebbero potuto sottrarsi a combattere: i francesi arrivati da sinistra avevano tagliato loro l'unica via di fuga.

A questo punto, per quanto scomodo potesse essere il terreno su cui si trovavano, se volevano uscirne dovevano attaccare.

La compagnia degli ussari di Rostov ebbe appena il tempo di montare cavallo, prima di trovarsi faccia a faccia col nemico.

Ancora (come al ponte di Enns) non c'era più nulla fra loro ed il nemico.

Ancora quella terribile linea di spartizione tra l'ignoto e la paura.

Come se la linea di separazione tra la vita e la morte fosse tracciata a terra, davanti a loro.

Tutti erano coscienti di questo confine invisibile.

Il dubbio su se e come l'avrebbero oltrepassato, faceva fremere tutti.

Il comandante della fanteria, inviperito, arrivò a cavallo in prima linea.

Alle domande degli ufficiali rispose con rabbia, come fanno le persone che se la sono presa e ormai continueranno a sostenere la propria opinione senza più cambiarla.

Diede alcuni ordini di posizionamento.

Nessuno aveva detto nulla di esplicito, ma voci di un imminente attacco percorsero tutto lo squadrone.

Si udì un comando:

- PLOTONI IN POSIZIONE!

Tra un silenzioso coro di sibili le sciabole vennero sguainate dai foderi.

Ancora nessuno si muoveva.

L'intero fianco sinistro, fanti ed ussari insieme, aveva come la sensazione che nemmeno i comandanti sapessero esattamente cosa fare.

L'indecisione dei capi aveva contagiato le truppe.

Lo junker Nicolaij Rostov sentì che finalmente era arrivato il momento di assaporare il piacere della carica di cui tanto i suoi compagni ussari gli avevano parlato.

"...ma cosa stanno aspettando? ...perché non si sbrigano?!" pensava.

- DIO STA CON NOI, VAGAZZI! AL TVOTTO! AVANTI!

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