23 - La scampagnata

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Quando arrivarono alla collinetta davanti a loro si vedevano già i francesi.

Il nobile Andrej si fermò ad esaminare gli schieramenti.

L'accompagnatore indicò il punto più alto dell'accampamento russo:

- Quella é la nostra batteria... la comanda quel tipo strano che abbiamo visto senza gli stivali... Da lì si vede tutto. Andiamo, commendatore...

Andreij desiderava liberarsi dalla compagnia di quell'uomo, e disse:

- Vi ringrazio molto. Andrò avanti da solo. Per favore non scomodatevi oltre.

L'ufficiale rimase indietro ed il nobile Andrej proseguì da solo.

Più avanzava avvicinandosi al nemico, più l'aspetto dei soldati russi appariva sereno ed efficiente.

Il massimo della confusione e dello scoramento erano stati quelli visti la mattina tra i carri in fuga, a dieci miglia dai francesi (sulla strada per Zneim).

Anche a Grunt si avvertivano ansia ed un senso di allarme, ma piú Andreij si avvicinava ai francesi, piú le nostre truppe apparivano sicure di sé.

Un comandante di compagnia, insieme ad un sergente maggiore, contava alcuni soldati (schierati in linea e con il cappotto indossato): il comandante puntava il dito sul petto del capofila ed, a turno, gli altri alzavano un braccio.

Altri soldati, sparpagliati per tutta la zona, trasportavano legna e sterpaglia: costruivano piccole baracche, ridendo e chiacchierando allegramente.

Davanti ai falò sedevano soldati (alcuni vestiti ed altri seminudi) che facevano asciugare camicie e pezze da piedi.

Vicino a loro c'erano dei compagni che sistemavano stivali e cappotti, oppure si affollavano intorno ai pentoloni ed ai cucinieri.

In una compagnia il rancio era pronto ed i soldati guardavano i pentoloni fumanti con l'acquolina in bocca: non vedevano l'ora di assaggiare quello che c'era nella ciotola di legno che il capocuciniere stava portando ad un ufficiale seduto su una trave, di fronte alla baracca.

In un'altra compagnia (più fortunata, perché non tutti avevano ancora una riserva di vodka) i soldati si stringevano attorno a un sergente maggiore largo di spalle, col volto butterato che stava inclinando un barilotto: versava un po' di liquore nei tappi delle borracce che gli venivano messi davanti l'uno dopo l'altro. Come in estasi quei soldati portavano alla bocca i tappi delle borracce e si rovesciavano avidamente il contenuto in gola; poi si sciacquavano la bocca e se la pulivano con le maniche dei cappotti, allontanandosi dal sergente maggiore con un'aria molto più allegra di prima.

Tutte le facce erano tranquille.

Non si sarebbe proprio detto che si trovavano ad un passo dal nemico, nell'imminenza di una battaglia in cui almeno metà del distaccamento sarebbe rimasto sul terreno: sembrava di essere in Russia, ad una scampagnata.

Dopo aver attraversato il reggimento dei cacciatori, arrivò fra le file dei granatieri del reggimento di Kiev: uomini valorosi occupati in quelle stesse faccende pacifiche.

Vicino alla baracca del comandante di reggimento (riconoscibile per il fatto che fosse più alta delle altre) il nobile Andrej si trovò di fronte ad un plotone di granatieri schierato, davanti ai quali due soldati tenevano in piedi un uomo nudo mentre altri due lo colpivano ritmicamente sulla schiena con delle verghe flessibili.

Il punito gridava, esagerando volutamente.

Un maggiore sovrappeso camminava davanti al plotone schierato, ed ignorando le grida diceva in continuazione:

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