16.

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Quattro giorni. Erano passati quattro giorni dal suo arrivo in quel villaggio. E di quelle 96 ore erano bastate le prime 24 per renderlo cosciente del fatto che davanti a sé aveva un'esperienza che, se prima aveva reputato non immaginabile e imprevedibile, ora poteva ritenere andare oltre ogni sua aspettativa o speranza, positive o negative che fossero.

Era partito alla ricerca di se stesso, con il desiderio di trovare risposte, strade, idee e certezze. Soltanto 24 ore dopo il suo arrivo quel villaggio aveva già spiazzato qualsiasi sua richiesta, aveva ribaltato ogni pianto, aveva reso tutto così adrenalinico, caotico, forse spaventoso, e allo stesso tempo così emotivamente profondo, così forte, e anche così chiaro per certi aspetti.

Se c'era un concetto che quelle prime 24 ore gli avevano fatto comprendere era quello che non sarebbe ripartito a mani vuote. In ogni caso sarebbe tornato a casa da quell'esperienza con delle risposte e probabilmente anche con se stesso. C'era solo un problema: era certo di poter capire e intendere ciò che gli mancava e che cercava, ma come avrebbe trovato il tutto?

Gli era bastata una notte, quella successiva al loro incontro, per intendere che la presenza di Michelle in quel villaggio era positiva per certi aspetti e negativa per altri. Non avrebbe avuto quella nuova certezza senza di lei. Forse si sarebbe trovato bene in quel villaggio, forse avrebbe ritrovato se stesso, forse avrebbe risposto alle domande che affollavano la sua mente, ma senza di lei restava tutto soltanto un forse, un tentativo diverso dai precedenti, ma pur sempre un tentativo. La sua presenza cambiava tutte le carte in tavola. Ma, d'altra parte, Michelle era stata chiara. Non voleva avere a che fare con lui, non in quel momento almeno. E allora come avrebbe potuto ricercare ciò che bramava se tutte le risposte erano riferite ad una persona che non aveva intenzione di rivolgergli parola?

Non biasimava Michelle. Non la incolpava. Non era arrabbiato con lei. E anche se le parole che gli aveva rivolto la prima sera erano state pesanti, anche se avrebbe desiderato tutt'altro tipo di tono per il loro incontro, come avrebbe potuto fingere che lei non avesse ragione?

"Sì, è colpa tua!"

Michelle non aveva mentito. Non si era inventata nulla. Si era soltanto dimostrata spietatamente sincera, come probabilmente non aveva ancora fatto con nessuno data la richiesta della ragazza di non riferire a Connor o Oliver quella sua risposta. E, a proposito di quella richiesta, si era interrogato più volte circa il significato del silenzio di Michelle nei confronti delle persone a lei più care. Cosa aveva omesso? Cosa aveva evitato di raccontare? E perché?

Ad ogni modo, era colpa sua. Lui era cambiato. Lui aveva tradito la sua fiducia. Lui l'aveva quasi abbandonata nel momento in cui lei avrebbe avuto maggiormente bisogno di lui.

"Non farmi pentire di avertelo detto, però, Marco. Non farmi pentire di questo momento."

Ricordava quel momento come se non fossero passati quasi 7 mesi, ma soltanto pochi secondi. Quel ti amo, poi quella richiesta, la fuga, la casa in montagna.

L'aveva delusa e, facendolo, non aveva perso soltanto lei, ma anche se stesso. Perché se quell'assurda coincidenza di ritrovarsi nello stesso posto in Africa fosse un altro dei segni del destino che aveva contraddistinto la loro storia sin dal primo giorno, allora come poteva non pensare che ormai la sua vita e quella di Michelle fossero strettamente legate? Continuavano a rincorrersi, trovarsi, amarsi, scontrarsi e perdersi da tre anni e quella giostra non avrebbe mai avuto fine, non per mano sua almeno, non dopo tutti quei segnali, quelle evidenze.

Ma allora come poteva pretendere di ritrovare se stesso senza ritrovare anche lei?

Quattro giorni. Quattro notti. 96 ore. Un gigantesco turbinio di pensieri.

Proteggiti da me (#3) - Marco MengoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora