28.

499 26 25
                                    

Non era solito fare la doccia in palestra dopo avere terminato l'allenamento, ma aveva un appuntamento da lì a mezz'ora e non sarebbe tornato a casa, quindi non aveva altra scelta.

Restò sotto il getto dell'acqua fredda per alcuni minuti nonostante avesse già risciacquato sia lo shampoo che il bagnoschiuma. Teneva gli occhi chiusi e le mani posate su questi. Non stava piangendo, non l'aveva fatto nemmeno una volta in quelle ultime due settimane, nonostante l'angoscia persistente, nonostante quel senso di perdita totale.

Tornato nello spogliatoio si vestì velocemente indossando un paio di pantaloni da tuta, una maglietta a maniche corte e una felpa nera, che lasciò aperta, era appena iniziato ottobre, ma le temperature erano ancora miti. Lasciò i capelli bagnati e, afferrando con una mano il casco e con l'altro il borsone della palestra, si affrettò ad uscire.

Quindici minuti dopo, di cui almeno dieci passati bloccato nel traffico milanese, nonostante fosse in moto, era davanti al bar che lui e Gaia avevano scelto per trascorrere qualche momento insieme.

Gaia era stata la prima persona a cui era riuscito a rivolgersi, almeno due giorni dopo quella telefonata. Per due giorni non aveva toccato il cellulare e gli unici contatti umani erano stati quelli con Marta che si era precipitata a casa sua preoccupata dal suo completo silenzio. Poi aveva deciso di rivolgersi a qualcuno che potesse aiutarlo, e se questo non era possibile, allora che potesse comprenderlo. Qualcuno a cui si era già rivolto più volte in passato. L'unica altra persona che riusciva a capirlo quasi alla perfezione oltre a sua cugina e alla sua migliore amica. Quasi. Perché soltanto una persona era riuscito a comprenderlo fino in fondo, ma a quanto pareva non poteva più contare su di lei. Ma Gaia gli aveva ricordato che si trovava all'estero e che sarebbe tornata soltanto una decina di giorni dopo.

Così ora stavano entrando in quel bar, sedendosi subito dopo ad un tavolino per due. Poi osservò l'amica, la sua pelle abbronzata dal viaggio ai Caraibi con il fidanzato, il suo sorriso sempre sgargiante. Non ricordava di averla mai vista realmente giù di corda. Ed era certo che anche lei avesse avuto in passato motivi di malessere e malumore, ma era sempre stata così brava a scacciare via tutto con una risata, con una battuta, con la sua autoironia.

"Okay, dimmi tutto, sembra che tu non dorma da un anno almeno!"

Avrebbe voluto chiederle del viaggio, avrebbe dovuto, anzi. Ma Gaia lo aveva appena battuto sul tempo. Così la sua domanda rimase sospesa a mezz'aria, così come quei pensieri che in parte avrebbe preferito tenere rinchiusi nella sua mente, ma di cui, d'altra parte, sentiva il bisogno di parlare, di sfogarsi, di liberarsi al più presto e che, in quel momento, sentiva di volere mostrare soltanto a Gaia.

"Un anno no, ma un paio di settimane sì."

"Mi hai fatta preoccupare, sai? Per un attimo ho pensato di ripartire all'istante quando ti ho sentito con quella voce!"

"Non esagerare, eri ai Caraibi!"

"Non sto esagerando, dico sul serio!"

Ed era vero. Se di una cosa poteva essere sicuro in quel mare di incertezze che affollavano la sua mente, questa era proprio la lealtà dei suoi più cari amici, tra cui Gaia. E, d'altra parte, sapeva perfettamente che anche lui avrebbe smosso mare e monti per lei e per tutti gli altri componenti del loro gruppo. Così accennò un sorriso, il primo che ricordasse da giorni, e con quel gesto ammise la sua riconoscenza nei suoi confronti.

"Lo so, ed è per questo che non ti ho detto nulla al telefono. Ho preferito aspettare che tu tornassi."
"E ora sono qui! Pensi di volermi tenere ancora per molto sulle spine?!"

Scosse la testa. Appoggiò le mani sul tavolo. Fece per parlare.

"Cosa vi porto?"

Il cameriere.

Proteggiti da me (#3) - Marco MengoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora