cap. 8

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POV.LAILA

- Hey... - mi rigirai sul materasso, facendo finta di niente.
Ma Leo non demordeva:- Laila, dobbiamo andare...
- Cinque minuti...
- No.
- Leo, dai...
- Enne. O.
Sbuffai pesantemente:- Oookayy, mamma.
Lui taque un attimo, poi giunse alle conclusioni delle mie parole:
- Mamma? Eddai. Non è possibile...
Ghignai mentre mi alzavo:- A quanto pare è possibile.
Leo mi fece il verso:- A quanto pare è possibile. Ma ti senti?
Gli mollai un pugno sul braccio.

- Allora... prendiamo il bus numero 14 e arriviamo al capolinea alle 18.30, da lì camminiamo fino all'hotel ed infine entriamo, sbattiamo i soldi in faccia al direttore e andiamo a dormire.- ripeto il programma generale ad alta voce.
Leo allarga le braccia:- Siamo organizzati vedo.
- Si chiama avere un piano.- rispondo - Ed ora muoviti, il 14 passa tra dieci minuti.
Avevamo convertito ieri i soldi, ed allora avevamo una carta di credito fresca di incasso.
Salimmo sul bus semideserto e ci sedemmo sui posti in fondo.
Mi ritrovai a pensare alla vita che avevo, a quando uscii da quel vortice di colori e mi ritrovai nel monolocale.
Come imparai subito a mentire. "Vivo con la mia zia" avevo detto ai veri assistenti sociali, loro si erano assicurati che io andassi a scuola e poi non erano più venuti.
Pensai a come in prima elementare avessi imparato a falsificare le firme, a come in prima media avessi iniziato a inventare scuse all'assenza dei miei genitori ai colloqui.
La mia... un'esistenza fatta di bugie. E la prima persona con cui sono stata davvero sincera dopo 13 anni era... uno sconosciuto, capace di controllare il fuoco e che mi parlava di un mondo che non era il mio... dovevo essere impazzita.
Mi lasciai sfuggire un sospiro e appoggiai la testa alla spalla di Leo.
Lui rispose al mio gesto:- Se vuoi dormire...
Non volevo sentire altro, così mormorai un "grazie" e mi accoccolai più comodamente sul sedile.

Poi sprofondai nel sonno, nei miei soliti sogni insensati e intasati dagli incubi.

POV.LEO

Quella ragazza aveva bisogno di dormire, poco ma sicuro.
Chissà da quanto dormiva male o per niente.
Non appena iniziò a fare respiri più profondi e regolari, le passai un braccio intorno alla vita per sistemarla meglio fra me e la parete dell'autobus.
Era la prima persona dopo mia madre a cui permettevo di dormire con me. Insomma, se avessi avuto un crollo? Lì, in quel momento?
I miei crolli non erano piacevoli, succedeva solo quando ero sveglio, quando i ricordi iniziavano a pesare di più, a disintegrare le cose belle che mi rimanevano... scoppiavano incendi, tentavo di distruggere qualsiasi essere vivente a vista.
Terribile. Non c'era altro modo per descriverlo. Mi odiavo per questo.
Eppure a lei avevo permesso di restare, come se fosse più forte di me, sentivo di potermi fidare.
Forse a lei avrei detto anche di mia madre, di come era successo.
Mia madre... era fantastica. Quando avevo un crollo non mi rinchiudeva in una stanza vuota, come faceva papà. Lei restava chiusa con me in una stanza vuota, mi abbracciava e restava anche se spesso si ustionava e rischiava di bruciare viva.
Era così che era morta, durante un crollo, più pesante degli altri, era rimasta abbracciata a me ed io avevo scatenato un vero inferno, l'avevo uccisa io.
E la cosa che faceva più male era che lei sapeva, sapeva che sarebbe successo, sapeva di morire, ma mi aveva fatto una promessa "non ti lascerò mai solo, in quei momenti hai bisogno di qualcuno".
E l'aveva mantenuta anche a costo della morte.
Ricordo che in quel momento la vidi piangere per la prima volta, non di dolore, ma di disperazione, rivedo ancora i suoi occhi guardarmi con quella tacita richiesta: "fai della tua vita il tuo sogno preferito"e le sue ultime parole:- Non ti lascio, Leo. Non ora.
Da allora mi ero ripromesso di non tenere mai più qualcuno con me. Ma allora il mio sguardo scivolò su di Laila, e pensai che, forse, alcune promesse si potevano infrangere.

Erano quasi le 18.00 quando si svegliò.
Dischiuse gli occhi in due fessure per richiuderli subito, poi sorrise e bisbigliò:- Vedi di controllarti.
Poi mi allacciò le mani intorno al collo e si tirò sù, dopo di che mi abbracciò.
Rimasi scioccato per un attimo, prima di ricambiare.
- Perché l'hai fatto?- chiesi.
- È la prima volta che dormo senza l'ombra di un incubo.- si risistemò sul sedile.
- Allora potresti dormire con me.- ebbi la vaga impressione che il mio buon senso se ne stesse andando dicendo cose poco carine su di me, dandosi alla rinuncia.
Lei inarcò un sopracciglio, poi sorrise maliziosa:- Aspetta e spera, Drest. Aspetta e spera...
Io alzai le spalle:- Aspetto e spero.

Quando finalmente arrivammo in hotel e riuscimmo a convincere il direttore che i soldi non erano rubati, scelsi le camere mentre Laila ordinava da mangiare.
Infine salimmo in ascensore, diretti al piano più alto.
Ad un certo punto lei chiese:- Ma dove cavolo...?
Non fece in tempo a finire la frase che le porte si aprirono sul nostro "appartamento".

POV.LAILA

Rimasi scioccata a fissare la stanza, poi spostai lo sguardo su Leo.
Lui sorrise:- Che c'è? Erano tanti soldi.- e con ciò si avviò verso il divano, posizionato di fronte ad una TV enorme a muro.
Sull'altro lato della stanza si stendeva un piccolo corridoio che portava alle camere e al bagno, mentre passato il divano, c'era una vasca idromassaggio. Metà delle pareti della stanza era costituita da grandi vetrate che si aprivano su un terrazzo con il pavimento trasparente.
Non riuscivo ancora a credere di essere di essere in un posto così fantastico. Con la corrente, la vasca, l'acqua, la TV, un letto serio... "Leo" pensai in un angolo del mio cervello, poi mi riscossi.
Come mi sarebbe mai potuto piacere un disegno in così poco  tempo?

Come prima cosa andai a farmi una doccia, a beneficio di entrambi. Purtroppo mi resi conto troppo tardi di non avere vestiti puliti.
Appena uscii dall'acqua calda piena di tutte quelle stupende bolle candide e cercai con lo sguardo dei vestiti, imprecai ad alta voce.
Allora avvolsi i capelli in un asciugamano, misi l'accappatoio e aprii la porta quanto bastava per gridare:- Leooo!
Nessuna risposta. Mi avviai lungo il corridoio:- Leo?
Appena entrai in sala, lo vidi seduto scompostamente vicino al divano, che si rigirava tra le mani quello che sembrava un miscuglio di ingranaggi, circuiti e fili poco più grande del palmo della mia mano.
Mi fermai all'entrata del corridoio:- Leo.
Lui mi guardò di fuggita per riportare subito l'attenzione all'oggetto che teneva in mano, poi metabolizzò a scoppio ritardato ciò che aveva appena visto e rialzò la testa di scatto:- Si? Bisogno di qualcosa?
Il suo sguardo corse dai miei occhi fino alle caviglie e poi tornò sù a ritroso.
Alla fine dissi:- La smetti di guardarmi?
Lui sgranò gli occhi e abbassó lo sguardo sulle sue mani. Io continuai:- Non ho vestiti.
Ebbe la faccia tosta di spostare di nuovo lo sguardo su di me:- Vuoi dire che lì sotto...
Non gli permisi di terminare la frase:- No. Non ho niente, ok?
Si alzò e chiese:- Sto sorridendo come un coglione, vero?
Incrociai le braccia:- Già.
Lui chiuse gli occhi per un attimo dicendo:- Ok. Devo smetterla.
Sorrisi:- Infatti.
Poi fece un'altra domanda, questa volta più inerente al mio problema:- Hai mai usato un sito di compere on-line?
- No, purtroppo.
La sua risposta mi preoccupò abbastanza:- Allora faccio io.

BASTA UNA MATITA...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora