cap.9

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POV.LEO

Dannazione, non riuscivo a togliermi dalla faccia quel sorrisetto che probabilmente mi faceva sembrare un maniaco con i fiocchi.
Laila era tornata in bagno ed ora non mi rimaneva che scegliere i vestiti.
Questa volta si fece avanti la mia determinazione "forza Drest. Non deve essere così difficile. È come scegliere la carrozzeria giusta per qualsiasi invenzione."

A lavoro terminato ero fiero e stupito allo stesso tempo.
Stavo per ordinare quando il mio sguardo si fermò per caso su un vestito rosso fiamma  che lasciava le spalle scoperte, fermato in vita da un cinturino dorato e la gonna che nel punto più alto dell'orlo arrivava a metà coscia, mentre in quello più basso era appena sotto il ginocchio.

Era semplicemente perfetto. Evidenziava tutte le caratteristiche migliori di Laila. La vita stretta, il disegno preciso del fianco e delle gambe, le spalle dritte.
Senza esitare lo selezionai e infine comprai tutto ordinando "consegna immediata".

Diciamo che era più immediata di quanto credessi.
Suonarono alla porta dell'appartamento e io andai a ritirare talmente tanti pacchi che facevo fatica a reggerli tutti. Ringraziai, chiusi la porta con un piede e scaricai le tonnellate di vestiti sul divano.
Nascosi la scatola con il vestito

Fatto ciò, andai fino al bagno e bussai.
- Entra.- fu la risposta. Entrai.
Aveva ancora l'accappatoio, ma ora i capelli semi asciutti le ricadevano sulle spalle.
- Sono arrivati i vestiti.
Lei chiese, stupita:- Di già?
- Ho dei seri sospetti sul fatto che il loro fattorino sia Flash in persona.

Lei rise. Un suono stupendo.
Poi andammo in sala, dove iniziò ad ispezionare i vestiti.
Avevo variato abbastanza sullo stile, dai pantaloni militari pieni di tasche ai leggins, dalle camicie alle maglie corte.
Alla fine prese dal gruppo dei leggins neri e una lunga maglietta bianca.

POV.LAILA

Dopo essermi cambiata mi sembrava di essere nuova.
Era un senso di pulito che non provavo da parecchio tempo.
Quando tornai in sala, Leo aveva messo le scatole delle pizze sul tavolino di fronte al divano e stava distrattamente facendo zapping.

Mi avvicinai e mi sedetti di fianco a lui, avevo sistemato i vestiti in camera mia poco prima, e dovevo ammettere che aveva fatto un lavoro niente male.
Leo si girò a guardarmi e poi chiese:- Ora è meglio?
Annuii:- Decisamente.
- Bene, allora che film guardiamo?
- Non ho mai visto un film serio in vita mia.

Odiavo non essere riuscita a fare così tante cose, ero riuscita a perdere 13 anni di vita.
Leo mi squadrò un attimo, poi disse:- Ti piace il fantasy, giusto?
- Si, penso di aver letto tutta la biblioteca nella mia vita da sola.
Un sorriso gli comparve sulle labbra:- Allora è il momento che tu veda quanto i registi riescono ad interpretare male il nostro mondo.

Guardammo gli ultimi due film di Harry Potter, mente Leo continuava a precisare tutti i minimi errori sulle spiegazioni, i personaggi, l'ambiente, ma soprattutto sui capelli di Harry.
Era tardi quando finimmo di vederli entrambi, così andammo subito a dormire.

Mi infilai sotto le coperte, ma il mio sonno durò poco.

L'aria calda di maggio si fece gelida, una sensazione di freddo si diffuse sulla mia pelle.
Una porta sbattè forte, mi inchiodai a terra.
Quella voce fredda e spietata gridò:- Lei dov'è?
Mio padre sibilò una risposta incomprensibile, uno sparo. La denotazione rimbombò su per le scale, rimasi ferma, senza scappare, senza chiamare aiuto, senza piangere.
Un'altro sparo, questa volta preceduto dalle urla impotenti di mio fratello.
Poi cominciò a salire, il rumore del metallo che si avvicinava, quei passi lenti, la voce folle, rabbiosa:- Ciao bambina, come ti chiami?
La scatola di colori mi scivolò tra le mani. Le matite caddero. Le mine si spezzarono. Il suono mi rimbombò nella testa amplificato mille volte, un suono orribile, di disperazione, paura, dolore.
Volevo andare lontano, molto lontano da lì.

Mi svegliai gridando.

POV.LEO

L'avevo sentita parlare nel sonno già un'ora prima, ora ero seduto di fianco al letto, aspettando che si svegliasse.
Ora capivo perchè mi aveva abbracciato, era un incubo orribile anche da quì.
Una parte di me voleva che si svegliasse, per poterla aiutare, ma un'altra sperava che continuasse a dormire. Non avevo mai consolato nessuno.
Almeno fino ad allora.

Si svegliò di scatto, urlando.
Scattò seduta, poi scoppiò a piangere. Mi sedetti sul bordo del letto e provai a metterle una mano sulla spalla, ma appena mi avvicinai lei colpì la mia mano gridando:- Lasciami in pace! Vattene!
Quel gesto fece male quanto una pugnalata nello stomaco, ma non avevo la minima intenzione di andarmene.
Così mi sedetti più vicino, iniziando a parlarle piano:- Laila, sono io. Era un incubo. Ok?

Lei tirò su con il naso e alzò lo sguardo su di me.
Poi fece una cosa inaspettata, che fece fare al mio stomaco diverse acrobazie.
Tese le braccia verso di me, così la abbracciai.
La tirai il più vicino possibile e non feci altro che stringerla, regalandole l'affetto che in 13 anni aveva perso.

Lentamente i singhiozzi scemarono, le lacrime smisero di scendere.
Mi spostai per guardarla in faccia:- Allora che ne dici se io vado...?
Lei annuì piano. Mi alzai e andai verso la porta, ero sul punto di uscire e lasciarla lì, quando la sua voce mi fermò:- Leo?
Mi riaffacciai sulla stanza:- Si?
Per un attimo regnò il silenzio, poi:- Resta.

Se non fosse che aveva appena fatto un incubo, mi sarei messo a saltellare allegramente per tutta la camera.
Andai verso il letto e chiesi:- Tutta la notte?
Lei annuì:- Tutta la notte.
Mi distesi di fianco a lei. Allora mi prese una mano e se la appoggiò vicino al collo:- Se i battiti aumentano, allora sto facendo un incubo.

- Ok. Io sono quì, tu dormi.
Così ci addormentammo entrambi.
Il battito restò regolare tutta la notte.

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