cap.14

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POV.LAILA

Se qualcuno fosse venuto a dirmi di essere sconvolto per aver scoperto che i suoi genitori erano agenti dell' F.B.I., probabilmente gli avrei riso in faccia, talmente spudoratemente che lo sfortunato si sarebbe messo a piangere.
Ero così contenta di sapere che mia mamma era... era... oh, era ciò che era.
Una cosa stupenda, intendo.
Ci raccontò di come era scappata dall'altro mondo, dove ogni singola creatura vivente la metteva sotto pressione, di come aveva conosciuto mio padre e di come lui si era innamorato di lei, ogni singola parte di lei. E di come eravamo nati io e mio fratello.
Poi arrivò ad un punto che mi lasciò sconvolta, se potevo esserlo di più.
- Tuo fratello è nato come un bambino normale e così è cresciuto. Ma quando sei nata tu... tutti i disegni nel raggio di un chilometro hanno preso a muoversi. La prima cosa che hai fatto, prima di parlare o camminare, è stata disegnare. La tua prima parola? Matita. Be'... era più "tita", ma si capiva benissimo cosa intendevi- Tutto ciò era inquietante quanto fantastico.
Poi iniziò a spiegarci che, questa volta, non poteva essere lei a riequilibrare i Quattro. Avrebbe solo potuto dirci tutto quello che sapeva e che il resto sarebbe venuto da se.
- Intanto dovremmo portarti di nuovo di là.- disse Leo.
A questo punto lo fece di nuovo, diventò quella che doveva essere la versione Acqua e sorrise:- Come suo padre, eh?- chiese.
Avrei voluto urlarle di non dirlo, mai.
Ma era troppo tardi.
I capelli di Leo presero fuoco mentre gridava:- Io non sono come lui! E non ho la minima intenzione di diventarlo!
Anche le mani si incendiarono e le fiamme iniziarono ad allungarsi lentamente sulle braccia.
Mia madre si mise sulla difensiva ed iniziò a concentrarsi, intuii che stava evocando l'acqua.
Questa volta la fermai in tempo, con un gesto della mano ed allora mi voltai verso di Leo.
Solo in quel momento capii cosa intendeva con "avere paura di me", non sembrava più lui, gli occhi vacui e assenti, le fiamme che lo avvolgevano.
Mi avvicinai un po':- Leo.
Il fuoco si sparse sul petto.
- Leo, ti prego.
In un urlo di dolore sembrò ritornare in sé per un secondo, giusto il tempo di gridarmi:- Và via! Scappa!
Le fiamme si estesero ancora e lui si perse laggiù da qualche parte.
- Laila!- mia madre mi afferrò per un polso.
- No.- parlai con una fermezza di cui mi stupii da sola- vai, io posso fermarlo.
Non ci avrei mai creduto, ma mia madre annuì ed uscì dalla stanza, indicando l'estintore:- Se ti serve...
Annuii.
Ma sapevo che non l'avrei usato.

Mi spostai di fronte a Leo ed iniziai a cercare il modo migliore per avvicinarlo senza finire ustionata.
Lui si girò verso di me, con quello sguardo terribilmente crudele, pronto a colpire.
Ed in quel momento ripensai a tutto quello che aveva fatto per starmi vicino, a tutte le cazzate che aveva fatto pur di farmi sorridere. Leo era là, sotto le fiamme, da qualche parte.
Dovevo solo trovarlo.
Non diedi a lui il tempo di colpire e non diedi a me il tempo di pensare.
Mi lanciai fra le sue braccia e lo abbracciai, sentii il fuoco bruciarmi addosso, ma non mollai la presa.
Sentii le fiamme attenuarsi, ringraziai tutte le divinità che conoscevo di stare riuscendo a calmarlo.
Poi sentii due dita bollenti spostarsi sotto il mio mento, costringendomi ad alzare lo sguardo.
E Leo era lì, un filo di fumo gli saliva dai capelli, e mi guardava con... cosa? Ammirazione, incredulità, speranza, felicità... non avrei saputo dire.
- Prego, eh.- riuscii a sussurrare.
Lui prese un respiro profondo, poi mormorò:- Lo schiaffo che prenderò sarà imparagonabile.
E si abbassó, appoggiando le labbra sulle mie, prima piano, poi con più convinzione.
Probabilmente il mio cuore si era messo a fare l'acrobata perché lo sentii volare dentro di me.
Poi Leo si rialzò, ad occhi chiusi e, sorridendo disse:- Ora arriva... Ancora un attimo... Me lo sento...
Ma ero troppo contenta di ciò che era successo, non avrei dovuto, avrei dovuto controllarmi, ma non ci riuscii.
Mi alzai in punta di piedi e ricambiai il bacio, spostando una mano nei suoi capelli, ancora caldi.
Sentii che mi serrava le braccia sulla schiena, approfondendo il bacio.
Ed io lo lasciai fare, non perché ero stufa di aspettare qualcuno, ma perché volevo che continuasse.
Lui mi piaceva? Oh, eccome se mi piaceva.
Mi ero innamorata di lui? Probabile, quasi sicuro.
Lo amavo? Lo avremmo scoperto.
E così accantonai tutti i miei problemi e sussurrai contro le sue labbra:- Niente schiaffi oggi, Fiamma.
- Ridillo.
- Niente schiaffi?
- No, dopo.
- Fiamma? Seriamente?- non riuscii ad impedirmi di sorridere.
- Mi piace troppo quel soprannome.
- Sei uno stupido.
- Il tuo stupido?
- Non correre e stai zitto.
- Solo se stai zitta anche tu.
E riprese a baciarmi.

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