POV.LEO
Mi svegliai quando sentii Laila muoversi vicino a me.
Non mi presi nemmeno il disturbo di aprire gli occhi e mi avvicinai un po' bofonchiando qualcosa di simile ad un "'giorno".
Lei si accoccolò di più vicino a me, poi sussurrò:- Dobbiamo alzarci.
- Perchè?- chiesi sforzandomi di aprire gli occhi.
Lei rispose:- Dobbiamo prendere l'autobus... trovare mia madre. Dovremmo darci una mossa, no?
La cosa avrebbe dovuto riuscire a farmi alzare il lato B dal letto, ma invece successe l'esatto contrario. Troppa fatica.
Le avvolsi il braccio intorno alla vita per impedirle di alzarsi, mentre dicevo:- Nah.
Lei si girò verso di me:- Come sarebbe a dire nah?!
Sbuffando la strinsi.
Lei, dopo un attimo di silenzio, chiese:- Ehmm... Leo?
- Mm?
- Tu... insomma... non hai, cioè non sei...
Intuii cosa mi stava cercando di chiedere e decisi di aiutarla:- Se ho la ragazza?
- Appunto.
- Ma certo...- lei tentò di scendere dal letto, almeno finché non aggiunsi ridendo - ...che no.
- Leo!- mi beccai un pugno piuttosto ben piazzato sul braccio, ma ne valse la pena.
Valse la pena di vedere il sollievo e la gioia nei suoi occhi.
Possibile che... no. Di sicuro no.Dopo diversi minuti di lamentele ci alzammo e iniziammo a fare i bagagli.
Recuperai il fucile a pressione e con qualche mossa diventò una valigia, stile Mary Poppins, iniziai ad infilare tutto dentro (scatola del vestito compresa) e poi andai fino alla porta, aspettando che Laila si cambiasse.
Quando arrivò mi parve che il cervello mi evaporasse, portandosi dietro anche la capacità di parola.
Aveva messo quei pantaloni, a fantasia militare pieni di tasche, che mi piacevano un sacco... avevo un debole per le tasche; con un top grigio che finiva appena sopra l'ombelico. Aveva i capelli legati di lato in una treccia e gli anfibi neri.
Non rimasi a fissarla in particolare per i vestiti, ma perchè le stavano bene, non erano i soliti vestiti da ragazza ma, d'altronde, nemmeno lei era la solita ragazza.
Si fermò di fronte a me:- Andiamo?
- Si, certo... andiamo... si.
- Leo, ti senti bene?
- Certo! Mai stato meglio.
- Se lo dici tu...
E con ciò uscimmo, fino a salire in autobus.POV.LAILA
Arrivammo a destinazione verso tardo pomeriggio.
Scendemmo in una via immersa nell'aria sonnacchiosa di giugno.
Mi sentivo meglio da quella mattina, più... leggera? Rilassata? Tranquilla?
Quel pensiero mi frullava in testa da tempo, anche se non ci avevo mai dato molta importanza. Mi ero resa conto di non avere mai chiesto a Leo se avesse una ragazza solo quella mattina, quando lui si era rifiutato di alzarsi e non aveva voluto che mi alzassi nemmeno io.
Per un attimo ero stata tentata di restare lì in santa pace, ma poi mi ero ricordata che noi non stavamo insieme e che avevo dormito con lui. Era già abbastanza poterlo fare, non avrei dovuto prolungarlo più del necessario.
E così eccomi là, in una strada dove, passo dopo passo, i miei ricordi affioravano, dolorosi e vividi nella mia mente.
Mi fermai di fronte da un cancello arrugginito, che delimitava un prato incolto di erbacce secche.
Lo scavalcai e Leo mi seguì in silenzio.
Mentre camminavo verso la porta le urla si facevano più vicine, il ricordo si riassemblava pezzo dopo pezzo.
Aprii la porta, la casa era piena di foglie cadute attraverso le finestre che nessuno si era preoccupato di chiudere, uno spesso strato di polvere era adagiato sul pavimento un tempo lucido, mi avviai lungo il corridoio.
Gli spari mi risuonarono in testa. Non mi fermai.
Iniziai a salire le scale.
"Lei dov'è?"
La denotazione che riempiva l'aria.
Metà rampa.
Le grida impotenti di mio fratello.
Lo sparo.
Io immobile.
Entrai nel corridoio.
Poi mi bloccai, in quel punto esatto, in quella posizione.
"Ciao bambina, come ti chiami?"
Le mine rotte, le crepe che non erano solo dentro le matite, erano dentro di me.
Caddi in ginocchio.
Tutti i ricordi che avevo represso, tutto il dolore che avevo ignorato, vennero fuori come una valanga.Erano ore che piangevo, minuti, giorni, secondi... un un'eternità.
E Leo non mi aveva mollata nemmeno un attimo, in tutto quel casino mi aveva abbracciata e basta, niente domande, niente inutili parole di incoraggiamento.
Ad un certo punto ricordai, tutti i miei disegni, tutte le persone che, anche nelle giornate più nere, mi avevano strappato un sorriso e a Leo.
Che mi aveva regalato l'affetto che avevo perso.
Che mi aveva trascinata fuori dagli incubi a forza di battute.
Che mi era stato vicino solo per evitarmi le lacrime e gli incubi.
E pensai che, forse, era ora di ricominciare.
E così feci.Mi rialzai, mi asciugai il viso e la mia unica affermazione fu:- Ok. Ora andiamo.
POV.LEO
Scioccato. Ero semplicemente scioccato dalla velocità e dalla sicurezza con cui si era ripresa.
Non sapevo se avevo fatto qualcosa di sbagliato, se avessi dovuto dire qualcosa, ma non mi sembrava sensato.
Con una come lei non c'era bisogno di parole, bastava un gesto, una scelta, per fare la differenza.
Comunque mi alzai e la seguii fino in fondo al corridoio, dove una vecchia porta di legno con la vernice scrostata se ne stava chiusa, ma la luce proveniente dalle finestre aperte all'interno sembrava chiedere "aprimi".
Laila la aprì.
La stanza era piena di foglie, bagnata dalle piogge più recenti in alcuni punti, il letto matrimoniale era disfatto e il legno marcio.
Tutto in quella stanza era abbandonato e trascurato, o meglio, quasi tutto.
Su una scrivania c'era una lettera e un sacco di matite, fogli da disegno, colori a tempera, ad acquerello, ad olio... e tutto sembrava appena stato messo lì da qualcuno.
Laila si avvicinò e sfiorò i pennelli, per poi spostare l'attenzione sulla lettera.
La prese tra le mani e la aprì lentamente, poi lesse:Se sei arrivata quì, e non per caso, allora sai cosa fare.
Trovami, io ti aspetto, ti ho sempre aspettata.
Buona fortuna,
Thina Doss.Laila alzò lo sguardo su di me, ed allora collegai il tutto: i colori, la lettera, "trovami".
- Abbiamo un piano?- chiesi.
- Affermativo.- rispose lei.
Ed il piano c'era, ma avrebbe mai funzionato?
STAI LEGGENDO
BASTA UNA MATITA...
FantasíaDue mondi in pericolo? Una guerra disastrosa in arrivo? Ok, possiamo risolverlo. Ma il solletico no, tutto ma NON il solletico. Estratto dalla storia. "È solo un pezzo di carta, solo un disegno", ho sentito dire. Ma i disegni non sono solo questo, n...