cap.18

27 2 0
                                    

POV.LAILA

Aprii gli occhi in due fessure, la mia constatazione intelligente fu che era tardi.
Il sole splendeva fuori dalla finestra e nell'aria aleggiava uno strano odore che non riuscii ad associare a nessun cibo in particolare.
Allungai un braccio per toccare Leo e mi resi conto che non era vicino a me. Ero sicura che non sarebbe stato via molto, ma non avevo comunque voglia di alzarmi, così mi spostai nella metà di letto dove aveva dormito lui per sentire il suo odore.
Passarono pochi minuti e poi la porta si aprì facendo entrare un Leo palesemente soddisfatto.
- Buongiorno!
- Mmm.
- Terra chiama Laila!
- Mmm.
- Dai, vieni giù.
- Mmm.- cominciai a prenderlo in giro con la storia del mmm.
- Alzati. Dai.- disse.
- Mmm- risposi sforzandomi di non ridere.
- E che due coglioni. Ti porto io se non ti alzi.
- Mmm- poi non riuscii a non ridere.
- L'hai voluto tu.
Venne vicino al letto e mise un braccio sotto le mie gambe e uno sotto la schiena.
Poi mi sollevò dal materasso e non fece in tempo ad arrivare alla porta che mi mise giù:- Senza offesa, ma pesi.
- Sei tu che sei pigro.
Risi alla sua faccia WTF e alla fine mi lasciai guidare fino alla cucina.

Quando arrivammo scoprii che erano già le 13.30.
Scoprii anche che Leo sapeva cucinare. Incredibile, no?
- Tacos!
Annunciò.
- Non ne ho mai mangiato uno in vita mia.
Leo fece una faccia scioccata:- Cosa?! Non puoi non aver mai mangiato un taco. È INCONCEPIBILE!
Sorrisi:- Allora onorami di mangiarne uno.
Mi indicò il vassoio dove li aveva appoggiati.
Mi alzai borbottando qualcosa come:- Un vero gentiluomo...
Mentre mangiavo lui continuò a lanciarmi occhiatine furtive, cosa che mi distraeva dal trovare aggettivi abbastanza forti per descrivere il cibo divino ed inimitabile che stavo mangiando.
Alla fine lui chiese:- Allora? Com'è?
- Tu,- lo indicai -sei un genio, anzi il genio, dei tacos.
Si alzò e fece un inchino con un gesto svolazzante della mano:- Al suo servizio.
Gli porsi una mano con fare teatrale:- Mi vuole accompagnare fino ai miei appartamenti?
Lui la prese con altrettanta enfasi:- Sarà un onore miledy.
E ci avviammo per i corridoi riempiendo il nostro discorso di miledy e milord.

Ormai ero sul punto di perdere un polmone a forza di ridere quando il nostro percorso venne intralciato da tre figure sconosciute.
Erano tre ragazze della nostra età, a quanto pareva, quella che parlò per prima aveva i capelli biondi a caschetto, gli occhi azzurri ma inespressivi, senza un bagliore d'intelligenza o di anima. Indossava scarpe rosse a tacco alto, una gonna bianca e cortissima (tanto che mi chiesi se non fosse una fascia per capelli) dalla quale partivano due bretelle e un top più simile ad un reggiseno.
Le altre due erano praticamente le sue fotocopie solo che una aveva i capelli rossi e più lunghi, mentre l'altra li aveva castano spento ed evidentemente piastrati.
Tutte e tre con strati e strati di trucco.
C'era un solo modo in cui il mio cervello potesse catalogarle: troie.
La bionda parlò a Leo, come se io non esistessi:- Ma guarda chi è tornato. Leo Drest. Ho sentito dire che tuo padre non c'è.
- No. È fuori.
La brutta bastarda prese a girargli attorno come se stesse valutando se saltargli addosso ora o se farlo quando Leo avesse già avuto una parte del regno assicurata.
Mi schiarii la gola.
In confronto a lei dovevo sembrare una barbona, ma sapevo che, in confronto a lei, ero una regina.
Miss. Mivoglioscopareiragazzidellabravagente si girò e mi squadrò come potrebbe guardare una cacca per decidere se buttarla o se lasciarla lì e basta.
- Hai il trucco sbavato, tesoro.- dissi -fammi indovinare, correttore, counturning, illuminante, fard, cipria, ombretto, eyeliner, matita, mascara, uhmmm... sopracciglia disegnate e rossetto controllato cinque minuti fa.
Lei sgranò gli occhi per un momento, avevo avuto a che fare con gente come lei un sacco di volte, poi disse:- Be', almeno io ho avuto la decenza di truccarmi e pettinarmi.
Sorrisi. Nella mia vita avevo ricevuto migliaia di scherni come quello:- Ma almeno io ho avuto la decenza di rendermi utile al mondo.
Lei ribattè:- A me interessa rendermi utile ad una sola persona...
Si girò verso Leo e si strusciò contro di lui, che tentò subito di scansarsi.
- Hei hei hei. Frena.- ci vidi rosso ma mantenni più calma che potevo -ce l'hai un pezzo di carta e una penna in quella borsa, oltre ai preservativi?
Lei mi consegnò un blocchetto e una matita, e fece il più grande errore di tutta la sua vita.
Aspettai comunque ad usarli, però.
Poi riprese a parlare con Leo:- Allora, dicevo? Si, sarai al controllo per un po'. Che intendi fare per il ballo?
- Il ballo viene organizzato da degli incaricati di mio padre.
- No, no. Io parlavo di chi inviterai. Sai ho già in mente un vestito abbinato con lo smok-
- Aspettate! Quale ballo?- chiedo.
Mi spiegano il motivo della festa e la divisione del ballo nella sezione di adulti e giovani, quest'ultima organizzata tipo balli scolastici americani.
-... quindi ti dicevo del vestito...-
- Rita. Non inviterò te.
- Cosa?!
Un sorriso mi comparve sulle labbra, ci era rimasta davvero male.
- Non. Inviterò. Te.
- E allora chi, Drest? Chi c'è meglio di me?
Leo mi porse una mano ignorando bellamente Rita:- Laila Doss. Vorresti venire al ballo con me?
Mi sciolsi solo a vedere la sua espressione a metà tra il dolce e il divertito, sorrisi:- Leo Drest. Assolutamente sì.
Gli lascio prendere la mia mano e lui mi tira subito a sé, in un bacio profondo che mi fa sentire tutto quello che sente lui, ma, soprattutto, amore.
Ci stacchiamo poco dopo per trovarci davanti una Rita furiosa e due sue fotocopie scioccate.
- Lei? Davvero, Drest? Lei sarebbe meglio di me?
Leo si strinse nelle spalle:- Mi sembra evidente.
- Ah si? Be' sappi che io potrei renderti felice, molto più di lei.
Iniziò ad avvicinarsi.
Io e Leo ci scambiammo un'occhiata e la comunicazione avvenne con gli sguardi:
Lui "Vai."
Io "Disegno?"
Lui "Si. Disegna.".
Presi il blocchetto e la matita che Rita mi aveva dato e mollai la mano di Leo.
Poi iniziai a disegnare talmente veloce che mi stupii di riuscirci.
Alla fine sul foglio c'era un'idrante, ma non qualsiasi, intorno alla bocca del tubo avevo creato una manopola per fare in modo che non uscisse solo acqua, ma anche colore e una vasta sortità di paillettes.
Infilai una mano nel disegno e lo tirai fuori, nel frattempo Leo stava cercando di ignorare Rita, appena mi vide con l'idrante in mano, alla spalle della bionda, sorrise.
Io ricambiai e poi dissi:- Hei. Spero ti piaccia fare la doccia.
Appena Rita si voltò le spruzzai in faccia l'acqua, mi spostai poi sulle gambe che ricoprii di giallo.
Fu divertente farle scappare a suon di paillettes.
Leo si girò e disse:- Ecco con chi ho a che fare tutti i giorni.
Smisi di ridere e chiesi:- Non avresti mai scelto lei, vero?
- È la domanda più stupida che io abbia mai sentito.
Quelle furono le parole migliori di tutta la mia giornata.

BASTA UNA MATITA...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora