cap.7

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POV.LAILA

Lasciai la porta aperta, l'assistente sociale era alle mie spalle, aspettava che prendessi le mie cose ed era quello che avrei fatto se non fosse stato per Leo.
Uscì fuori, fumante di rabbia (letteralmente), e si piazzò tra me e l'assistente, mi voltai:- Leo... ma cosa...?
Mi zittì con un gesto della mano, senza staccare gli occhi dall'uomo fuori dalla porta:- Sparisci. Subito.
L'assistente fissò Leo, come per valutare se scappare via urlando come una ragazzina o se prostrarsi ai suoi piedi giurando di esaudire ogni suo desiderio.
Leo continuò, con un'aria minacciosa che non gli si addiceva per niente, ma che sembrava funzionare:- E vedi di non dire niente a mio padre oppure io, diciamo che potrei...- alzò un dito e una fiammella comparve sulla sommità, poi tracciò una linea orizzontale in aria lasciandosi dietro una striscia di fiamme.
L'assistente si girò e se la diede a gambe.
Rimasi a fissare la porta per tre minuti buoni, fino a quando Leo ruppe il silenzio con un:- Io lo ammazzo. Lo ammazzo.
Mi girai verso di lui:- Di preciso... "ammazzo" chi?
Rispose cupamente:- Mio padre.

POV.LEO

- Mio padre.
Era solo colpa sua. Se me ne andavo c'era un motivo, oppure sarei rimasto là, come osava mandarmi dietro il maggiordomo?
Continuai il discorso:- Mi deve aver mandato dietro quello lì per riportarmi indietro.
Lei scosse piano la testa:- No, lui viene quì da molto prima che arrivassi tu, era quì per me.
Lo disse come se fosse una cosa di tutti i giorni, come se Fuoco si preoccupasse di una semplice sognatrice mandando a prenderla proprio il suo braccio destro.
Ed io sapevo che Lui sapeva, sapeva che la madre di Laila era ciò che cercavamo e, come al solito, voleva trovarla con le cattive: rapirla (dando per scontato che sapesse dove si trovasse la madre), portarla a palazzo, torturarla finché non avesse parlato.
Era quì per me. In circa una giornata, avevo scoperto che noi due non eravamo così diversi come pensavo.
Ed ora non credo che avrei lasciato che mio padre se la prendesse tanto facilmente, sarebbe dovuto passare sul mio corpo.

Alzai lo sguardo su di lei e le spiegai il mio punto di vista.
Adesso era palese che sua madre fosse la persona giusta, allora lei disse un indirizzo come se fosse in uno stato di trance.
- Cosa?
Ripeté le stesse identiche parole, ma ora sembravano più reali.
Poi il suo sguardo si mosse e disse:- Era lì che vivevo... prima. Possiamo partire da là.
-Bene. Allora partiamo domani?
Lei annuì con una sicurezza incredibile:- Dovremo dormire a metà strada, ma ci servono soldi...
- Questo non è un problema.
Odiavo doverlo fare, ma aprii la mano e le fiamme presero a baluginare sul palmo, mi concentrai e, quando i riccioli di fuoco si spensero, un rubino rosso sangue poco più grande di tre millimetri quadrati luccicava sulla pelle.
Laila aveva gli occhi sgranati:- Cavolo. È vero?
- Già- mi limitai a dire.
- Quanto può valere?
- Sicuramente tanto. Ma ne abbiamo uno solo.
- Basterà.- poi sorrise leggermente - Prenotiamo L' Hotel, con appena un decimo di dell'affare possiamo avere le camere migliori di tutto il paese.
Allora sorrisi anche io e con una fiammata scheggiai un pezzo del rubino:- Basterà convertirlo in soldi.
Lei annuì e con ciò iniziammo a preparare le cose per il giorno successivo.

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