cap.3

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POV. LEO

Era stata una mattinata strana. Più strana del solito intendo.
Prima quella botola, poi il monolocale cadente ma sicuramente abitato e la scuola.
Mi era capitato spesso di scappare di casa, ma mai così.
Mi ero svegliato e sopra di me c'era una botola, ne avevo approfittato subito per andarmene e mi ero ritrovato in quella casa semi distrutta.
Se avevo imparato una cosa in quei miserabili 18 anni di vita, era che la regola principale di un posto nuovo è fai quello che fanno tutti.

Così feci, seguii gli altri fino a quella che evidentemente era una scuola, fatto questo entrai e rimasi a girovagare per i corridoi.
Mi stavo annoiando incredibilmente, almeno fino a quando vidi lei.

Era una ragazza con lunghi capelli castani che riflettevano una luce dorata raccolti in uno chignon miracolato, più bassa di me di una decina di centimetri intenta a guardarsi la maglietta sporca di... SANGUE?!

Praticamente urlai:- Oh cazzo! Stai bene?!
Lei alzo lo sguardo di sfuggita e poi mi rispose:- Oh, si che sto bene. Cioè... è soltanto colore.
Buttai fuori talmente tanta aria che probabilmente i miei polmoni protestarono:- Ah ok. Insomma... mi hai fatto prendere un colpo. Cerchi il bagno, vero?
Lei annuì, senza degnarmi di uno sguardo (cosa che mi avrebbe fatto molto piacere) e poi chiese:- Mi dici dov'è?

Stavo per rispondere che ero nuovo e che non lo sapevo, mentre elaboravo la frase feci scorrere lo sguardo dai capelli scompigliati, lungo il fianco semi nascosto dalla maglietta larga, fino alle scarpe consunte e scolorite e le parole sfumarono e mi uscì un:- Ti accompagno.

Sentii il mio buon senso schiaffeggiami urlando " deficente! Regola numero due? Mai parlare con una persona sconosciuta se non sei sicuro che ti può aiutare! E tu che fai?! Il cascamorto con lei? Sei un deficente Leo!!! "
Lo lasciai urlare.

Ora sarebbe molto bello dirvi che accompagnai quella ragazza al bagno, che la salvai dallo sciacquone malefico, ci sposammo e avemmo molti figli.
La verità è che non avevo la più pallida idea di dove fosse il bagno.

Fortunatamente, lo trovai e un attimo prima di raggiungerlo lei chiese:- Come ti chiami?
Il mio buon senso sbraitò " digli quello falso! DIGLI QUELLO FALSO!!! " ma era troppo tardi:- Leo Drest. Dovrei chiedertelo anch'io?

Lei rimase a fissarsi la maglia, ma rispose comunque:- Laila Doss.
Poi mi tese al mano, gliela strinsi e poi ci fermammo di fronte al bagno.
Riuscii a coglierla di sorpresa ed incrociai il suo sguardo, due iridi che sfumavano dal marrone attorno alla pupilla fino al verde sul contorno e migliaia di sentimenti si nascondevano laggiù: rabbia, tristezza, solitudine, dolore... ma ora su tutte spiccavano lo sconforto e lo stupore.

Rimase paralizzata con gli occhi fissi nei miei ed allora mi resi conto che lei sapeva,
lei vedeva,
lei poteva.
Lei poteva essere LD, non io, lei era al mia unica speranza.

BASTA UNA MATITA...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora