cap.16

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POV.LAILA

Mi svegliai completamente accoccolata a Leo.
Alzai lo sguardo per vedere se dormiva. Dormiva.
Mi sollevai sui gomiti e mi spinsi più su, verso di lui. Solo a guardarlo mi veniva voglia di rimettermi comoda e dormire, però sapevo anche che quella mattina saremo dovuti partire per l'altro mondo ed ero piuttosto emozionata all'idea.
- Leo, sveglia.
Lui mugugnò qualcosa di incomprensibile, ed allora mi avvicinai e gli stampai un bacio sulle labbra. Non feci in tempo a scansarmi che mi aveva già messo una mano tra i capelli, della serie "bacio troppo corto, rifare, ORA."
Riuscii a svegliarlo del tutto quando gli morsi un labbro.
- Ahi!- sibilò -Ha fatto male!
Mi esibii nella mia faccia più angelica:- Io? Noooooooo.
Poi scesi dal materasso e attraversai la soglia gridando:- Vieni a vendicarti si o no?
Entrai in cucina, cercando con lo sguardo un degno nascondiglio, ma apparte l'idea infantile di usare mia madre come scudo umano non c'erano alternative.
Ci avevo anche messo troppo a pensare, perché un paio di braccia calde mi strinsero la pancia e dieci dannate dita affusolate presero a solleticarmi sui fianchi. Lanciai un urletto e tentai di sciogliermi dalla sua presa, con scarsi risultati.
Mia madre soffocò a stento una risata.
- Dolce vendetta- rise Leo.
- AH! Leo, ti prego...- avevo le lacrime agli occhi dal ridere.
Dopo svariati minuti, finalmente, si fermò. Tirai un sospiro di sollievo.
Ormai eravamo entrambi seduti sul pavimento, con il fiatone.
Quando ebbimo ripreso fiato Leo allungò il collo per tentare vedere cosa ci fosse a tavola, poi si rassegnò all'impresa di diventare una giraffa e chiese semplicemente:- Cosa c'è per colazione?
- Creps alla nutella e il caffè.- rispose prontamente mia madre.
Schizzai in piedi:- Nutella!

Facemmo una colazione fantastica.
Una bomba calorica che solo io (golosa) e Leo (iperattivo) riuscimmo a smaltire.
Dopo mangiato andai a cambiarmi, optai per un paio di pantaloncini e una maglia rossa con gli elastici incrociati sulla schiena. Ancora non riuscivo a credere che Leo avesse scelto così bene, quei vestiti mi piacevano davvero tantissimo.
Una volta pronta entrai in salotto armata di matite, pennelli e colore, per poi disegnare sul muro la porta che mi descrisse Leo.
Era l'entrata di un enorme cancello in ferro battuto, con punte acuminate e fiammeggianti sulla cima di ogni sbarra, al centro troneggiava uno stemma con una fiamma color oro, che contornava una complessa serratura.
In un attimo di concentrazione il cancello comparve davvero.
Leo sbuffò, prese la valigia di metallo, ci infilò una mano, poi il braccio intero ed infine il busto scomparve dentro il bagaglio.
Ad un certo punto riemerse trionfante, con in mano un enorme chiave di bronzo.
Si avvicinò all'inferriata ed infilò la chiave nella serratura, poi la girò a sinistra, si spostò in basso, la ruotò a destra di 180˚, la mosse a sinistra e poi in alto girandola di 360˚... andò avanti così per un bel po', tra un'imprecazione e l'altra, finché la serratura non scattò.
- ERA ORA!- sbottò Leo.
E il cancello si aprì da solo, lentamente, senza cigolare.
Appena attraversammo il punto dove doveva esserci il muro il paesaggio si materializzò intorno a noi.
Un vastissimo giardino si estendeva entro il perimetro del cancello, anche se non credo si potesse definire "giardino".
Era più una specie di magazzino all'aperto, pieno di scarti di pezzi di metallo, ingranaggi, olio per motori e svariate cose in fiamme.
Davanti a noi si ergeva una via di mezzo tra un castello medievale e una villa moderna, in alcuni punti i tetti prendevano fuoco, o qualche pezzo di metallo volava fuori dalle finestre.
Ma per gli altri non sembrava avere importanza, "gli altri" erano tutte quelle persone che andavano avanti e indietro per il viale e nel giardino, potevano sembrare gente normale se non per il fatto che emanavano tutti un'aura rosso fuoco e che se ne andavano in giro armati di tutto punto come se niente fosse.
Mi voltai, mia madre era nella versione fuoco, mentre Leo si era inchiodato davanti al cancello, fissando perentoriamente i battenti del palazzo, ticchettando con le dita sulle gambe.
Mi avvicinai e feci scivolare una mano nella sua per poi far intrecciare le nostre dita, lui si girò e sorrise debolmente.
- Benvenuta nel mio inferno. Ora ti dovrò presentare il Diavolo.
Abbozzai un sorrisetto e rafforzai la presa sulla sua mano.
Poi ci incamminammo verso le gigantesche porte.

L'interno era un vero labirinto, ma Leo sembrava orientarsi alla perfezione.
Attraversammo grandi arcate, ampie scalinate, corridoi lunghissimi e stanze completamente meccaniche.
Infine ci fermammo di fronte ad delle grandi porte con le rifiniture d'oro e sul legno un albero genialogico marchiato a fuoco.
Leo prese un respiro profondo, un'altro e poi mi avvisò:- Se le cose si mettono male, corri. Più veloce che puoi. Scappa. Ti prometto che ti verrò a cercare. Ok?
Annuii, lui posò una mano sul legno e i solchi brillarono di una luce rossa, poi la porta si aprì.
All'interno si apriva una sala enorme, dove l'aria sembrava friggere per il caldo, i muri laterali erano costeggiati da possenti colonne di bronzo incandescente e sul fondo della stanza c'era un grande trono d'oro, circondato dalle fiamme, vicino al quale c'era una spaventosa, malvagia, diabolica, potente... bambina di cinque anni.
La bimba stava tentando di salire sul trono vuoto, con il fuoco che le lambiva il corpo fino alla vita e i capelli in fiamme.
Leo gridò:- Lily!- e si fiondò in direzione della bambina di nome Lily.
Io lo seguii.
Lui arrivò là come un missile, infilò le braccia nelle fiamme e tirò la bambina indietro, lei iniziò subito a piagnucolare.
- Quante volte, quante dannatissime volte, ti ho detto di NON SALIRE SUL TRONO?! Mmmh?- sembrava preoccupatissimo.
- Ma, io...
- Quante? Eh? Quante?- intanto però aveva iniziato a ridere.
- Tante.- rispose la bambina, tenendo lo sguardo basso.
- Tante quante?- ed iniziò a farle il solletico con le dita che emanavano fiamme.
La bambina rise e strillò, poi alzò le mani e gli sparò una fiammata in faccia. Leo mollò la presa e Lily scappò verso una porta laterale, lasciandosi dietro impronte infuocate.
- Piccola belva indemoniata...- sibilò Leo.
Mi lasciai sfuggire una risata.
Purtroppo non feci in tempo a chiedere spiegazioni che la voce di una donna gridò, dalla direzione opposta in cui era sparita Lily:- Lily! Piccolo diavoletto, dove sei? LILY!
E così fece la sua entrata una donna sulla sessantina, con i capelli color cioccolato legati in una crocchia, ed un lungo vestito con sopra un grembiule e con un mattarello in mano.
Leo si illuminò:- Marie!
- Leo! Dove sei stato questa volta?
- Non ci crederai, sono andato nell'altro mondo e ho trovato Thina Doss.
- Oh, Leo! Ci sei riuscito!- Marie fece un passo in avanti e lo srinse con il braccio libero.
- Be' non ce l'avrei mai fatta senza Laila.
La donna si girò verso di me e fece un sorriso a trentadue denti:- La tua ragazza?
- Si vede così tanto?
- Oh, caro, siete semplicemente fatti per stare insieme!
- Grazie.- rispondemmo all'unisono.
- Ma ragazzi, non era un complimento, era la verità.- ribattè raggiante.
Poi si fece un po' piú seria e annunciò:- Tuo padre è fuori, Leo. Tornerà fra cinque giorni. Ed ora... LILYYYYY!!!!!!
E scomparve attraverso la porta da cui era passata la bambina.
Leo si girò lentamente verso di me, mentre un sorriso dall'aria leggermente folle gli si materializzava in faccia:- Sai che significa che mio padre sia fuori e che io sia maggiorenne?
- Che possiamo fare quello che ci pare?- azzardai.
- Meglio. Che quì dentro comando io.- i suoi occhi scintillarono.

BASTA UNA MATITA...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora