cap.13

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POV.LAILA

Non ero abituata ad usare i miei disegni in quel modo, ma avrei dovuto imparare.
- Ci serve una porta.- affermai, voltandomi verso il muro.
- La devi disegnare?- intuì lui.
Io risposi:- Peggio, la devo inventare.
- Vuoi che resti, che vada... se hai bisogno d'aiuto...- iniziò.
Un po' mi stupii di tutte quelle attenzioni, ma dissi comunque:- Vai a trovarci qualcosa di commestibile, piuttosto.
Lui uscì e rimasi solo io.
Con un muro bianco,
Colori e pennelli a non finire,
E una madre da ritrovare.

Avete presente quando le atlete famose dicono che il pubblico svanisce e pensano solo alla performance? Ecco, a me succedeva la stessa cosa quando disegnavo.
Mi sentivo così bene con la matita in mano, come se non fossi fatta per fare altro.
Tutto diventava così... semplice, vedevo i segni da seguire ancora prima di farli e le ombre andavano al posto giusto quasi da sole.
Fu per questo che non mi resi conto che Leo era entrato.
- Wow.- disse.
Io cacciai un urlo tra la sorpresa e lo stupore, mi voltai, poi chiesi:- Da quanto sei qui?
- Tipo dieci minuti?
- Dirlo proprio no, eh?
Lui si passò una mano sulla nuca:- Eri così concentrata... così sono rimasto a guardare.
Feci un verso di scherno, anche se in fondo la cosa mi piacque, ed infine andammo a mangiare.

Una volta fatta la cena tornai in camera dei miei genitori e diedi gli ultimi ritocchi alla porta.
Era una porta più normale di quanto mi sarei aspettata, di legno scuro e levigato, con un pomello d'oro luccicante e senza serratura.
Dopo un po' arrivò anche Leo, mi allontanai dal muro e mi concentrai completamente sulla porta, ogni singolo riflesso, ogni pennellata, ogni ombreggiatura, come se fossero reali, incredibilmente reali.
Ed ecco che il disegno si mosse un po', acquistò profondità nello spazio reale, ed ci ritrovammo di fronte una porta vera e propria, come se fosse sempre stata lì.
- Alla faccia della realtà virtuale...- mormorò Leo.
Presi un respiro profondo, feci un passo avanti ed appoggiai la mano sul pomello.
Chiusi gli occhi e contai mentalmente: "uno, due... tre.".
Aprii la porta.

POV.LEO

Quando la porta diventò reale, pensai che forse avevo bisogno di una dormita, che ero un po' stressato.
Laila invece si avvicinò e la aprì.
Poi entrò, seguita da me, e ci ritrovammo in una camera da letto, l'arredamento era piuttosto moderno, il mio sguardo intercettò subito l'oggetto che c'era ovunque anche nel castello di mio padre: l'estintore.
Notai l'assenza del condizionatore, panni bagnati stesi sullo schienale di un paio di sedie e l'assurda presenza di piante provenienti dagli angoli più remoti della terra.
Allora non ebbi più dubbi, era sicuramente sua madre la persona che stavamo cercando. Perché usare l'aria condizionata se avevi il controllo dei venti? Perché tenere un estintore in camera se non ci fosse la possibilità di dare fuoco a qualcosa per sbaglio? Perché dei panni bagnati appesi sulle sedie se non fosse successo qualcosa con uno schizzo d'acqua improvviso? Come potevano esserci tutte quelle varietà di piante?
La risposta era semplice: la madre di Laila era l'essere più potente degli ultimi 1000 anni.
Lei si guardò intorno, probabilmente cercando la madre con lo sguardo, ma vidi il panico e la paura nei suoi occhi. Non vedeva la madre da 14 anni, milioni di domande potevano frullarle per la testa, la reazione alla vista della figlia, per esempio, oppure se le avrebbe ancora voluto bene... e in tutto questo io non sapevo cosa fare. Come al solito.
- Leo...- bisbigliò lei, in preda al panico. Mi avvicinai e le presi una mano nella mia.
Lei si avvicinò un po', cosa che non mi dispiacque per niente.
Poi sentimmo un'imprecazione provenire da dietro l'unica porta della stanza.
Ci scambiammo un'occhiata e poi la porta si spalncò.
Una donna sulla trentina, con lunghi capelli neri legati in una treccia, un corto vestito bianco e un'espressione piuttosto arrabbiata pestò un piede a terra, sbraitando:- Mai che io possa fare qualcosa senza che quei dannati poteri vengano a rovinarmi l'esistenza!
Aveva gli occhi di un intenso blu mare sfumato con il verde.
Attraversò la stanza a grandi falcate, sfilandoci davanti come se niente fosse, agguantò un panno asciutto e, tornando indietro, disse con disinvoltura:- Ciao ragazzi.
Laila fissava la scena come se avesse visto un elefante rosa e blu volare cantando Merry Christmas.
Io non ero stupito perché quella donna era l'esatta fotocopia di Acqua: impulsiva, irritabile e tremendamente ribelle.
Thina si fermò sulla soglia all'improvviso:- Aspetta un momento...- si girò verso di noi- ragazzi!
Lasciò cadere lo straccio e, in una leggera ventata, i capelli divennero biondi, boccolosi e più corti. Gli occhi scintillarono di azzurro. Ed ecco la versione Aria.
Si lanciò verso di noi e abbracciò, o meglio stritolò Laila:- Sono così felice di vederti.- si allontanò di mezzo metro, tenendole le mani sulle spalle- e sei cresciuta così bene... e sei così bella.
Poi il suo sguardo si spostò su di me e le comparve un sorrisetto mailzioso sulle labbra:- Lui è il tuo ragazzo?
- No!- esclamammo, insieme.
- Peccato- fece lei- stareste bene insieme.
"Parole saggie", pensai.
Laila cercò le parole per esprimersi:- Mamma? Sul serio... tu...?
- Si, tesoro. Sono io e... ehm, sono sempre io. Sia ora che pochi minuti fa.
- Tutto questo è... è... wow. Semplicemente WOW.
Thina sbuffò pesantemente:- Se lo dici tu...- tentò di sminuire la cosa, ma Laila era andata:- Insomma, è fantastico. Tu puoi fare... tutto? Un sacco di cose? Se incredibile! E io, ecco... non dovrei stupirmi, magari ora ti senti in imbarazzo e io non so cosa farci. Ma sono scioccata! Cioè in un senso positivo! Non fraintendere...-
Gli occhi le brillavano come quelli di una bambina, e, a quanto pareva, sua madre si ricordava la vita di 14 anni prima, perché disse sorridendo dolcemente:- Anche io sono contenta che sei speciale.
Ed ecco che cambiava di nuovo, i capelli divennero lunghi e ricci, fino quasi alle ginocchia, e gli occhi di un marrone scuro, profondo e dolce. Una specie di mamma al cubo.
Ed ora sembrava anche più vecchia, la versione femminile di Terreno.
Laila si fermò di colpo:- Io non sono speciale, sono solamente strana.
Thina scosse la testa:- Chiunque sia il perfetto idiota che te l'ha fatto credere, be'... è un grandissimo idiota.
Poi la strinse in un abbraccio.
E pensai che Laila se lo meritava, anche se una parte di me -quella più egoista- non avrebbe voluto che si abbracciassero. Ordinai alla giustizia dei miei pensieri di schiaffeggiare quella parte in nome della legge.
Non potevo essere così possessivo, non stavamo nemmeno insieme.
E poi, non mi interessava davvero di lei. Giusto?
"Giusto" disse il mio buon senso.
"Sbagliato!" Ribattè qualcosa, qualcosa che non si faceva vivo da... mai?
Era la prima volta che qualcosa che non fosse la mia irrazionalità si opponeva al buon senso.
E quello non era irrazionalità.
Era molto peggio,
qualcosa di cieco e folle.

BASTA UNA MATITA...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora