Capitolo 10

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Bianca ha passato l'intero pomeriggio a giocare col suo pallone nuovo, nonostante siano solo i primi di marzo.

« Sei tutta sudata! -esclama Natasha vedendola rientrare- Va' a farti una doccia! »

« Ma avevi detto che non ero obbligata!" replica la furbetta con falso disappunto.

« A meno che tu non ne avessi avuto bisogno. -rettifica irremovibile la donna- Su, ora vai a darti una ripulita, poi ti devo fare una proposta. »

. . .

Dopo una mezz'ora scarsa la ragazzina entra in cucina, ha ancora i capelli un po' umidi, ma non sembra curarsene. Per cena c'è una zuppa, una specialità russa di cui Bianca non riesce nemmeno a ripetere il nome. Natasha è un'ottima cuoca, le fa notare la piccola mangiando di gusto.

« Di cosa volevi parlarmi, prima? » ricorda ad un certo punto la ragazzina.

« Del fatto che siamo ancora a marzo e che sarebbe opportuno che tu andassi a scuola, per non perdere del tutto l'anno scolastico. »

« Questa è buona, quasi quanto la tua zuppa! -ride Bianca- Oh, eri seria... »

« Esattamente. »

« Perché dovrei andare a scuola? »

« Perché lo decido io. »

« Non è giusto! »

« Ti ricordi quando sei andata a scuola l'ultima volta? »

« Il ballo... -ricorda alzando improvvisamente l'indice della mano sinistra come per richiamare l'attenzione su di sé- C'era una festa per le vacanze di Natale... Pochi giorni dopo sono sprofondata nel nulla con la mente... »

« Parli dell'incidente? »

La ragazzina annuisce. "Sì. Era una scuola militare... »

« Dove? » domanda Natasha speranzosa di scoprire di più sul passato della giovane, ma lei scuote il capo: non si ricorda o, forse, non l'ha mai saputo.

« Non voglio andarci. » Borbotta poi.

« Perché? Potrai farti degli amici e avere qualcuno diverso da me con cui passare il tempo. -La incalza la Romanoff.- E poi sarà solo fino a giugno cinque giorni a settimana, senza contare che ci sono in mezzo delle vacanze. »

« Mmm... e va bene! -Bianca sbuffa rassegnata- Si mi go da 'ndar... »

« Come scusa? » Chiede Nat non capendo l'ultima frase dell'altra.

« Niente! -si affretta a rispondere quella.- Ora vado in camera mia... 'Notte, Nat. »

« Buona notte, Bianca. Ah, domani andiamo ad iscriverti alla scuola più vicina .»

« Evviva... » replica atona la ragazzina. Poi salendo le scale fa un commento poco carino sul comportamento di Nat.

Fortunatamente la donna non sente.

. . .

Dopo aver indossato una camicia da notte, Bianca si sdraia supina sul letto. Fissando il soffitto vuoto si sente oppressa, non solo dall'infinità di dubbi e domande che stanno raschiando
il profondo della sua mente, ma letteralmente dalle pareti della stanza.

Non è il mio posto questo.

Un pensiero si fa largo tra gli altri.

Devo uscire da questa gabbia.

Mossa da un'istinto profondo più che da un idea cosciente, agguanta un paio di scarpe e un maglione, poi scende le scale in silenzio. C'è una sola luce accesa al piano terra: in salotto, probabilmente Natasha è lì a scrivere al computer. Bianca si chiede ancora come possa esistere un computer tanto piccolo... Senza farsi sentire, la ragazzina sguscia nella cucina; lì c'è una finestra abbastanza in basso e abbastanza lontana dallo sguardo della donna. Una volta sgattaiolata fuori accosta la finestra come può e si dirige verso l'albero più vicino. Fortunatamente ha preso quel maglione perché c'è un venticello fresco.

Viene da nord.

Bianca ricorda vagamente un racconto del nonno materno sui marinai: alcuni sapevano orientarsi anche senza stelle o bussola, riuscivano a trovare i punti cardinali grazie ai venti. I venti freddi vengono da Nord, il resto del racconto era ormai disperso nella confusione della mente della ragazzina.

Si sdraia sotto ad un albero, con le mani intrecciate sotto la testa, e guarda il cielo stellato nel quale spicca il primo spicchio della luna. L'astro esercita una strana forza nei confronti della giovane. Si sente invasa da una nuova forza e più al posto giusto, eppure si sente così lontana da casa. Lacrime silenziose le rigano copiose le guance.

Da quanto le tratteneva?

Non ha più importanza... adesso sono libere di andarsene.

Bianca continua a fissare il cielo, tentando di riconoscere qualche costellazione, dopotutto il cielo è sempre lo stesso ovunque... Trova facilmente la Cintura di Orione e i due Carri, poi ne nota una che sembra nuova, impossibile le stelle sono lassù da millenni, ricorda un'Arciera, una fanciulla che corre nel cielo dando la caccia a qualcosa, forse alle due Orse, ipotizza la mora immaginando di essere là insieme alla Cacciatrice, come ha fatto a venirmi in mente un'assurdità del genere, si domanda provando una fitta di... di nostalgia?

La Luna le dona un altro ricordo d'infanzia, una canzoncina, sentita per la prima volta alla radio quando aveva nove anni. Era triste, ma orecchiabile. Senza neanche accorgersene comincia a cantarla in un sussurro.

Una figura oscura la luna. « Ecco dov'eri finita! Ti cercavo da una buona mezz'ora! »


* * *

Buona notte a tutti e...




...perdonatemi se vi ho fatto venire gli occhi lucidi con la parte sulle stelle (sappiate che anche a me sta venendo da piangere).


Leti

P.S. spero che la parte in dialetto veneziano sia corretta.

P.P.S. Ho mentito, sono una persona orribile e non mi è scesa neanche una lacrimuccia nel scrivere quella parte.

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