Capitolo dodici.

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Harry aprì gli occhi e si fermò a guardare un punto fisso di quella stanza. Doveva essersi addormentato per poco tempo, dato che fuori continuava ad essere buio, proprio come poco prima di addormentarsi. Si sentiva gli occhi gonfi e ancora un po' bagnati, le guance secche per le lacrime che aveva versato fino a quel momento.

Non pensava sarebbe potuto succedere una cosa del genere. Non pensava che Louis l'avrebbe abbandonato da solo in aeroporto, andando chissà dove. Sicuramente la sua destinazione non era davvero Cuba, perché Harry sapeva che Louis fosse un tipo alquanto furbo, e sicuramente il liscio pensava che il minore sarebbe andato a cercarlo proprio lì, quindi quella meta era da escludere.

Harry lo avrebbe voluto fare, ma in quel momento non aveva le forze fisiche e soprattutto morali. L'umore non era dei migliori, sperava di poter tornare indietro nel tempo per far andare le cose diversamente, per non addormentarsi su quella scomoda sedia dell'aeroporto.

Lui, Zayn e Liam erano tornati a Holmes Chapel da poche ore, erano le quattro del mattino e aveva dormito solamente un'ora, circa. Non era tornato a casa sua, Zayn l'aveva ospitato perché farsi trovare da sua madre sulla porta di casa sua nel bel mezzo della notte non era il massimo.

Harry non sapeva neppure se voleva tornare a casa sua, ma purtroppo doveva farlo. Zayn e Liam gli avevano detto che, quando erano alla stazione di polizia per l'interrogatorio, avevano sentito sua madre pronunciare il suo nome, dopo aver detto che suo figlio era scomparso.

Quindi la polizia stava cercando anche lui. Se l'avessero trovato con Louis sarebbe finito anche lui nei guai, ma se ciò significava passare altro tempo col liscio, ad Harry non sarebbe importato poi più di tanto.

Tornare a casa era l'ultimo pensiero di Harry in quel momento. Come poteva farlo se continuava a voler parlare di Louis a chiunque? Sua madre avrebbe capito tutto e sarebbe stata capace di rinchiuderlo in una stanza blindata.

Harry sospirò quando capì che il rumore dei pensieri stava diventando fin troppo soffocante e non lo lasciava dormire in pace, così si alzò dal letto e indossò una felpa sopra la t-shirt che utilizzava per dormire.

L'orologio sul comodino segnava le 4:33 e, senza fare il minimo rumore, Harry aprì la porta della stanza degli ospiti di casa di Zayn e uscì. Con la flebile luce che proveniva dalle finestre riuscì ad andare al piano di sotto e trovare le chiavi della porta d'ingresso, uscendo per prendere una boccata d'aria.

Si chiuse piano la porta alle spalle e una volta fuori respirò profondamente, ad occhi chiusi. Tra le mani stringeva non un mazzo di chiavi, ma bensì due. Erano quelle dell'Impala, che sapeva si trovasse parcheggiata nel retro della casa, dove nessuno poteva vederla.

Harry andò proprio lì e quando gli fu difronte, si morse il labbro inferiore per i ricordi che pina piano iniziarono ad affiorare. La sfiorò con un dito, prima di sospirare e infilare le chiavi nella serratura, sedendosi al posto del passeggero, il suo posto.

Quando trovò il coraggio di voltarsi verso il posto del conducente, rabbrividì e spalancò gli occhi perché ci vide Louis, con un piccolo cipiglio sul volto e le labbra imbronciate, impegnato a guardare la strada; la macchina in moto che sfrecciava per le vie dell'autostrada deserta.

«Non voglio ascoltare tue stupide battute che non fanno ridere nessuno» aveva affermato Louis, sbuffando divertito.

Harry, seduto accanto a lui, si era sporto verso di lui e gli aveva mostrato il labbruccio, esibendo un'espressione supplichevole a cui al liscio non sfuggì.

Difatti, Louis aveva roteato gli occhi e fatto un gesto con la mano. «Avanti, sentiamo cosa hai da dire.»

Harry aveva sorriso ampiamente e battuto le mani, felice. Si era ricomposto e si era schiarito la voce, preparando la battuta. «Toc toc» aveva detto, guardando poi Louis in attesa di una risposta.

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