A caccia di informazioni

635 66 97
                                    

Era notte inoltrata, e Tortuga era nel pieno della sue attività illecite, come sempre. Donne vestite con abiti dalle scollature provocanti stavano appoggiate a ogni angolo della strada, cercando di irretire possibili clienti.
Pirati e vagabondi di ogni genere gironzolavano senza una meta precisa, barcollanti, cantando a voce alta, prede chiaramente di colossali bevute. John dovette addirittura scavalcarne uno che era sdraiato in mezzo alla strada: aveva ancora la bottiglia stretta tra le mani, ma sembrava svenuto. Non morto, si augurava...
Spinto dal suo istinto di
medico-che, dopotutto, ancora era-si chinò e gli posò due dita sul collo: con suo sollievo, il battito c'era. Era davvero solo svenuto. Anche se non gli invidiava il mal di testa che avrebbe di sicuro avuto al suo risveglio.
-John... se ti metti in mente di controllare ogni pirata che troveremo svenuto sul ciglio della strada, arriveremo domattina. E non avrai ancora finito di controllarli tutti!-commentò Sherlock, alle sue spalle, la voce carica di ironia, seppur affettuosa.
-Capitano, sono pur sempre un medico.
Un sorriso attraversò le labbra del corvino per un istante.
-Lo so molto bene. Ma dovresti riconoscere una causa persa.
-Se lo avessi fatto, a quest'ora saresti ancora dipendente dall'oppio... o peggio...-ribattè Watson, lanciandogli un'occhiata allusiva: al che, lui ebbe la decenza di tacere e di abbassare lo sguardo per un momento.
Quando si erano conosciuti, il suo capitano aveva infatti una pericolosa dipendenza da quella sostanza.
C'era voluto tutto l'impegno del suo primo ufficiale, per farlo desistere.

Continuarono a canninare in silenzio: erano diretti alla Baker, la stessa taverna dove si erano incontrati la prima volta. Per Sherlock era il luogo migliore dove ottenere informazioni in merito al medaglione che stavano cercando, essendo una delle taverne più frequentate di Tortuga.
Durante il tragitto, però, Holmes si fermò più volte, rivolgendo diverse domande a vari pirati che John non conosceva, ma che invece sembravano conoscere bene il capitano. Ad ogni informazione che riceveva, il biondo vedeva il suo volto farsi sempre più cupo e determinato.
Finalmente, giunsero alla Baker: una volta entrati, vennero subito assaliti da quella familiare confusione, fatta di conversazioni urlate e musica assordante. Ma, nonostante tutto, per John fu un piacere rivedere il luogo dove la sua vita aveva ricominciato ad avere un senso, e che ormai gli era diventato caro come fosse casa sua.

La signora Hudson andò subito incontro ai due uomini, vestita con un vistoso abito blu. Elargì a entrambi un gran sorriso, ma in più strinse il capitano in un abbraccio caloroso e decisamente energico, per una donna della sua età.
-Oh, Sherlock! Da quanto tempo!Ragazzaccio, é da almeno sei mesi che non si fa più sentire!-esclamò, con una nota di affettuoso rimprovero nella voce.
Il capitano ricambiò la stretta con un piccolo sorriso. Anche John sorrise: quella donna- a cui anche lui aveva finito per affezionarsi- era una delle poche persone capaci di far trasparire il lato umano di Holmes.
-Come capitano ho vari impegni...-le disse, dandosi aria di importanza.
-Giá... immagino quali...-L'anziana donna fece un sorrisetto allusivo; ma Sherlock si affrettò a cambiare discorso, rivolgendosi al suo primo ufficiale.

-John, direi che possiamo concederci una pinta, che ne dici?
-Che sono più che d'accordo-replicò lui, annuendo energicamente: il clima afoso di quella sera gli aveva messo addosso una sete spaventosa.
Dopo un ultimo saluto alla donna, si accomodarono ad uno dei loro soliti tavoli e, mentre aspettavano le due pinte, Sherlock prese a disegnare qualcosa su un pezzo di pergamena, in silenzio, completamente assorto.
-Quindi... credi davvero che esista una... maledizione?-gli domandò il biondo, dopo un po', con un pizzico di incredulità nella voce: il capitano aveva sempre affermato di non credere a cose del genere.
Il corvino alzò finalmente lo sguardo, ma non rispose; fece, al contrario, un cenno con la mano in direzione del bancone e, sotto gli occhi confusi di John, un ragazzino dai capelli castani e un sorriso furbo arrivò di gran carriera.
Sherlock gli disse qualcosa all'orecchio, sottovoce, poi gli passò velocemente il disegno, e infine gli mise tra le mani una moneta. John, con ancor più sorpresa e confusione, intravvide il luccichio dell'oro.
Il ragazzino strabuzzò gli occhi, che si fecero anche lucidi, balbettando qualcosa al capitano; sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Gli sussurró più e più volte "Grazie", per poi correre via come una lepre.

-Sherlock... magari potresti spiegarmi che cosa stai...?-sbottò il biondo, stufo di non capire cosa stesse accadendo.
-Raccolgo informazioni-replicò il capitano, semplicemente.-Freddie é una delle mie migliori spie.
-Ma... é solo un bambino!-protestò l'altro, attonito.
-Proprio per questo. Passa inosservato, e può parlare con chiunque senza attirare troppo l'attenzione. In cambio di un piccolo pagamento.
-Non mi é sembrato tanto piccolo-lo contraddisse il primo ufficiale: la moneta doveva essere almeno una sterlina, a giudicare dalla grandezza e dal baluginio dorato che aveva intravisto.
-Non ho problemi di risorse al momento, John-ribattè Holmes, brusco, ma con una strana espressione in volto. Come se gli stesse nascondendo qualcosa.
Il biondo lo fissò ancora, palesemente dubbioso. Ma visto il tono dell'amico, preferì non insistere oltre, e lasciò vagare lo sguardo sulla chiassosa clientela.
Seguí un lungo momento di silenzio.
-La madre di Freddie é malata-borbottò Sherlock alla fine, come se si vergognasse.-Gli servivano soldi per le medicine...
Mentre parlava, teneva anche lui ostentatamente lo sguardo fisso sulla confusione circostante, evitando così quello del suo primo ufficiale.

Questi, dal canto suo, scosse la testa, nascondendo a stento un sorriso: ci voleva così tanto, ad ammetterlo??
Ma capitan Holmes era così: nascondeva la sua indole affettuosa e altruista sotto una scorza dura e fredda. A pochi era concesso scorgere oltre essa.
E John era orgoglioso di essere annoverato tra quei pochi.
-Allora... che cosa hai scoperto, mentre venivamo qui?-chiese, con l'intento di distrarlo.
Holmes accolse la domanda con sollievo, e si precipitò subito a raccontare.
-Avevo già sentito delle strane voci, in passato. Ma non gli avevo dato peso, fino ad ora. I pirati con cui ho parlato... sono spaventati. L'ho percepito chiaramente. Hanno abbandonato le vecchie rotte.
-Che cosa temono?-mormorò il primo ufficiale, inquieto, mentre una cameriera posava le due pinte sul tavolo.
Sherlock bevve un sorso: si sporse poi verso di lui, riducendo la sua voce a poco più di un sussurro.
-Molti affermano di aver incrociato una nave pirata. E che questa li abbia attaccati.
Il biondo spalancò gli occhi, molto sorpreso: per quel poco che sapeva, i pirati generalmente non si attaccavano l'un l'altro, a meno di non avere qualche diatriba in sospeso: avevano un loro codice d'onore.
A volte stringevano rare ed effimere alleanze, ma per la maggior parte del tempo preferivano rivolgere il loro astio contro la Compagnia delle Indie o contro le navi della Marina Britannica.

Holmes continuò.
-C'è di più. Dicono che la sua ciurma sia... invulnerabile. Hanno visto i suoi uomini rialzarsi dopo una sciabolata. Li hanno visti camminare mentre venivano ripetutamente colpiti da proiettili.
Fece una breve pausa, e il suo tono si incupì notevolmente.
-Ma é il loro capitano, che li terrorizza. L'hanno soprannominato "Il sanguinario", per la scia di morte che si lascia dietro al suo passaggio. Non risparmia nessuno. In duello é una furia. L'incarnazione del demonio. La Bloody King... cosí si chiama la sua nave... é da poco diventata il terrore dei mari. La sua bandiera é un teschio incoronato.
Seguí un profondo silenzio, mentre il primo ufficiale sentiva la sua fronte imperlarsi di sudore freddo.
-... Quindi, John, alla luce di tutte queste informazioni, la mia risposta é sì: comincio a credere che esista davvero, questa maledizione-sospirò Holmes, con una punta di ironia nella voce.
Lui, scosso da un brivido di paura, bevve un sorso di rhum, che non portò, però, gran giovamento ai suoi nervi ormai irrimediabilmente tesi.
Come avrebbero potuto sconfiggere un simile avversario?
Cosa aveva scritto Moriarty, nella lettera?

"Solo un sacrificio di sangue romperà la maledizione"

Ma il sacrificio di chi?
Il biondo fu scosso da un nuovo brivido.
In quella, Freddie tornò al loro tavolo, sussurrando qualcosa all'orecchio di Sherlock: John lo vide ascoltare con attenzione, poi sorridere, scolarsi d'un fiato l'ultimo sorso di rhum e infine alzarsi di scatto dalla sedia.
-Andiamo, John- lo esortò, sempre con quel ghigno sulle labbra, tirando su il bavero della giacca, coprendo appena gli zigomi. Lo faceva sempre. -Dobbiamo incontrare una persona. Forse abbiamo una pista...

Life as a pirate Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora