Luce e oscurità

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Sherlock avanzò piano verso lo strapiombo, lo sguardo fisso sulle turbinose acque sottostanti. Intorno a lui, solo oscurità e freddo. Non riusciva a distinguere più nulla, intorno a sé, a parte la scogliera e quelle sagome evanescenti. Era immerso nel buio. Sopra di lui, il cielo completamente nero, come l'abisso in cui stava per gettarsi. Neppure una stella a dargli conforto.

-È colpa tua, se sono morto...
-Non hai un cuore...
-Staremo tutti meglio, senza di te...
Le tre figure lo avevano ormai completamente circondato, ripetendo quelle parole.
Ancora.
Ancora.
E ancora...
Altre lacrime scivolarono sul volto del capitano, che trattenne a stento un singhiozzo.
"Ancora un passo", pensò.
"Solo un passo, e sarà finita..."

-ZIO. FERMATI. SUBITO!!-gli intimò però una voce forte e improvvisa.
Sherlock si immobilizzò, stupefatto, e si guardò intorno, poi alle spalle; ma non vide nulla, a parte le ombre che l'avevano tormentato fino a quel momento.
Ma conosceva quella voce.
-Rosie... -mormorò.

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Rosie realizzò che suo zio non poteva vederla, anche se era proprio davanti a lui. E lei non poteva nemmeno toccarlo, sebbene avesse provato ad afferrarlo per un braccio. Era come se galleggiasse nell'aria, senza corpo e senza consistenza. Ma non si lasciò scoraggiare da quell'insignificante dettaglio. Non poteva vederla, d'accordo.
Però poteva sentirla.

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-Zio!! Quelle ombre non sono reali!! E ti stanno dicendo solo menzogne!! È Eurus!! Il Vento dell'Est!! È lei che sta manipolando i tuoi ricordi. Non starle a sentire!!!-ripetè infatti, con voce forte e chiara, rivolgendo uno sguardo d'odio contro quelle figure malefiche.
"... Eurus".
"Il Vento dell'Est..."
Quel nome fece scattare qualcosa nella mente di Sherlock.
Il demone nell'acqua...
Victor annegato...
Ma poi scosse la testa, ricadendo di nuovo nel dolore e nel rimorso.

-Sono colpevole comunque...-si ritrovò a mormorare nel vento. Forse chi gli stava parlando non era nemmeno Rosie, ma solo un'altra ombra, invisibile, venuta lì anch'essa per tormentarlo e ingannarlo con false speranze.
-Hanno ragione loro...-ripetè, la voce sempre più spezzata: non sapeva neppure se stava parlando con lei o semplicemente con stesso. -Io ho preso quella scialuppa. Io ho tradito Molly. Io ho maledetto il mio migliore amico. Sono stato io. Nessun altro. È giusto che io sparisca...
Fece un ulteriore passo verso lo strapiombo.

-A nessuno importerà della mia morte...

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Gli occhi di Rosie si riempirono di lacrime, di fronte al dolore evidente ed intenso che lo zio stava provando, come se lei stessa potesse avvertirlo sulla sua pelle, tanto che per un istante non riuscì neppure a parlare.
Ma a sentire quell'ultima frase, una terribile rabbia le esplose in petto, scacciando la pena e facendole ritrovare la voce, che si fece simile ad un tuono.

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-A ME IMPORTERÀ!!-urlò Rosie, nel vento, con tale fragore che Sherlock trasalì e si bloccò di nuovo, lo sguardo però sempre fisso nel baratro.
-E NON SOLO A ME!!-urlò lei, con le lacrime agli occhi.-La nostra morte è qualcosa che capita a chi resta!! Alle persone che ti amano!! Pensa alla tua ciurma!! A Molly!! A mio padre!! Non l'avrei mai conosciuto se non fosse stato per te, zio!! Non capisci?? Tu non l'hai maledetto! Gli hai salvato la vita!!
Il corvino alzò appena lo sguardo, negli occhi un leggerissimo scintillio di speranza. Ma proprio in quel momento l'ombra di John gli si avvicinò, insieme a quella con le sembianze di Molly.
-Sono tutte menzogne. Tu non hai amici. Nessuno tiene a te-la smentì.
-Chi non ha un cuore non può essere amato...-sussurrò la seconda al suo orecchio.
Il capitano chinò di nuovo lo sguardo, mentre altre lacrime gli rigavano il viso.

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