La maledizione

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Il silenzio perdurò per almeno un minuto. L'unico rumore udibile era lo sciabordio delle onde contro la prua della nave, mentre Sherlock sentiva sempre più aumentare il timore per la reazione del suo primo ufficiale.
-Lo incontreremo, questo Moriarty? Faccia a faccia, voglio dire.
Con grande sorpresa del corvino, furono queste le prime parole con cui John ruppe quel profondo silenzio.
-... Suppongo di sì. Anzi, ne sono certo. Ha richiesto la mia presenza, come tu stesso hai sentito. Sarebbe da maleducati rifiutare-gli rispose, con un pizzico di ironia.
Corrugò poi la fronte.
-Perchè questa domanda?
-Perchè sento l'impulso improvviso di spezzargli le ossa una per una. L'avevo già avvertito prima. Ma adesso ne sono certo. E vorrei avere l'occasione di farlo.
Capitan Holmes si ritrovò a sollevare appena un angolo della bocca, un po' sorpreso da quella veemenza. Anche il volto del suo primo ufficiale era decisamente rabbioso, seppur il suo sguardo fosse ancora puntato verso l'orizzonte.
-Non ti credevo così incline alla violenza-osservò.
-Capita, quando mi si toccano le persone a cui tengo.
-Parli di quella donna, Mary?
-Non solo di lei-lo contraddisse lui, stavolta guardandolo dritto negli occhi.
Il capitano, senza sapere come replicare, lo guardò incerto: ma il suo primo ufficiale non gli diede comunque il tempo di aprir bocca.
-Sherlock... io ho con te un debito che non sarò mai in grado di ripagare- disse infatti, profondamente serio.-Mi hai fatto tornare per mare quando ormai non ero che un relitto umano. In questi due anni mi sono fatto un'idea piuttosto precisa sul tipo di persona che sei. Ma ammetto che ciò che mi hai appena raccontato mi ha fatto ricredere. Non sei come pensavo...

Holmes trattenne istintivamente il respiro.
Ecco. Era arrivato. Il momento che tanto temeva.
L'inizio del discorso era stato fatto al solo scopo di ammorbidire le parole di disprezzo che da lì a poco sarebbero di certo arrivate, seguite da un quasi sicuro addio.
Distolse dunque lo sguardo e chiuse gli occhi, preparandosi alla metaforica mazzata: fatta non di gesti fisici, ma di parole di disprezzo e di disgusto, che sarebbero cadute su di lui pesanti come macigni.
Ma ciò che avvertì, invece, fu qualcosa di inaspettatamente concreto: la mano del suo primo ufficiale sulla spalla, che gliela stringeva.
Sherlock si voltò di scatto a guardarlo, incredulo.
-... Sei molto meglio di quello che credevo-affermò John, un leggero sorriso sulle labbra, gli occhi lucidi, la mano ancora posata sulla sua spalla.-Hai avuto la possibilità di comportarti come quel... James... un assassino senza cuore. Ma non l'hai fatto. Hai accettato di essere un corsaro al servizio della Corona. Più di una volta ti ho visto aiutare qualcuno senza pretendere nulla in cambio. Ho sempre pensato che tu fossi un buon capitano. Ora ne ho la certezza.

Ciò che provò Capitan Holmes dopo quelle parole non si può descrivere appieno. Ma qualcosa seppe di provarla.
Incredulità.
Sollievo.
Gioia.
Non sapeva cosa lo avesse spinto per davvero ad accettare John Watson sulla sua nave. Per molto tempo, aveva avuto paura di sbagliarsi, e che sarebbe successo come tre anni prima. Avrebbe dato la sua fiducia a qualcuno. E sarebbe stato tradito.
Ma le parole sentite del suo primo ufficiale gli restituirono quella fiducia che credeva di aver perso per sempre.
Non era avvezzo a esprimere le sue emozioni: si limitò dunque a un sorriso. Anche se i suoi occhi brillavano molto più del consueto.
-Cosa diceva la lettera?-chiese improvvisamente John.
Sherlock estrasse il rotolo di pergamena dalla tasca della giacca, soppesandolo tra le mani per qualche istante.
-Non l'ho ancora letta-ammise infine, e l'altro aggrottò la fronte, confuso.
-Volevo che anche tu fossi presente-spiegò il corvino, con un leggero sorriso.-Dopotutto, in parte ti riguarda...
Il biondo sorrise di sottecchi. Eccola lì. L'ennesima prova di fiducia.
Sherlock non aveva replicato al suo discorso, ma quel gesto valeva più di mille parole.
Dopo un'ultima occhiata al biondo, che fece un segno di assenso, Holmes ruppe con un movimento deciso il sigillo di ceralacca, e srotolò la pergamena, distendendola completamente, permettendo così anche a lui di leggerla. Era vergata con inchiostro nero, in una calligrafia spigolosa ed elegante. Ma il tono con cui era scritta, già dalle prime righe, era strafottente e minaccioso al tempo stesso.

Alla cortese attenzione di Capitan Sherlock Holmes.

Dio... mi disgusta anche solo scrivere, queste parole.
Io non sono così, Sherly, e tu lo sai più di tutti.
Mi conosci.
Io aborro le formalità.
Disprezzo l'ipocrisia.
Ma tu tutto questo lo sai, dico bene?
Quante volte abbiamo solcato i mari, insieme?
Quante volte abbiamo combattuto, insieme?
Ma tu hai dovuto rovinare tutto.
Sei passato dalla parte degli angeli.
"È sbagliato uccidere, James."
"Noi non frequentiamo assassini, James".
"Lo sai che sono noioso, James"?
Credevo che tu fossi simile a me, Sherlock.
Quanto mi sbagliavo.
Sei solo un uomo ordinario, come tanti altri, succube dell'etica umana.
Ma non ti ho mandato questa missiva per farti cambiare idea sulla parte giusta in cui dovresti stare... o forse sì...
L'ho fatto per affidarti una missione.
So bene che la accetterai.
Come lo so?
Perché so che adori dare sfoggio della tua "intelligenza", della tua "bravura"...
So che ti piace giocare...
E anche perché, se non lo farai, ucciderò un innocente.
E questo di sicuro non andrà a genio alla tua mentalità da
"brava persona", no?
Sono stufo di giocare.
Andiamo al sodo.
Di recente, io e la mia ciurma siamo entrati in possesso di un forziere molto particolare, al cui interno abbiamo trovato monete azteche di grande valore: 882 pezzi, per la precisione.
So che apprezzi i piccoli dettagli.
Appena iniziammo a spenderlo come si conviene, qualcosa in noi cambiò.
Non sto a dirti come: non voglio rovinarti la sorpresa... La serberò per il nostro incontro.
Ti basti sapere che siamo divenuti invulnerabili: su quel tesoro, a nostra insaputa, gravava una maledizione.
E noi, sottraendolo, ne abbiamo pagato il prezzo.
"Le maledizioni non esistono"...
Mi sembra già di sentirti pronunciare queste esatte parole.
Tu manchi di immaginazione, Sherly.
È sempre stato un tuo grande limite.
Io, al contrario di te, non escludo a priori qualcosa che non so spiegare con la tua preziosa razionalità.
Ammetto che questa condizione ha giovato alle nostre scorribande.
Essere immortali ha i suoi vantaggi.
D'altra parte, è ora diventando molto noioso.
Ho sempre trovato la morte molto più affascinante della vita.
Dopotutto, che gusto c'è a vivere, se non si rischia, ogni tanto, di perire?
È il giorno della morte che dà alla vita il suo valore.
Perciò... devi trovare l'ultimo pezzo di questo tesoro.
Solo restituendoli tutti, e offrendo un tributo di sangue, la maledizione verrà spezzata.
L'ultima volta che questo pezzo è stato visto, era in mano a uno dei tanti pirati che affollano Tortuga.
Ti suggerisco di cominciare la ricerca da lì.
In fondo a questo foglio, troverai un disegno di questa moneta.
Trovala, e quando la avrai, raggiungimi all'isola dove eravamo soliti attraccare.
Sono certo che la ricordi.

Forse, quando ci rivedremo, sceglierai di stare dalla mia parte.

O forse, non avrai altra scelta...

                        James Moriarty

Le ultime parole della missiva rimasero sospese nel vuoto, e parvero diffondere nell'aria un soffio gelido.
John lasciò andare il respiro che non si era accorto di trattenere, e
sentì il suo capitano, vicino a lui, digrignare i denti.
-Vuoi giocare, James? Bene, ti accontenterò-ringhiò, a voce bassa, una luce furiosa negli occhi. -Il gioco è cominciato...

  

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