Terribili rivelazioni

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Port Royal, il mattino dopo...

Nel suo ufficio, Mycroft Holmes sfogliava alcune carte, godendosi la ormai ritrovata pace e la tranquillità: da quando Charles Magnussen era passato a miglior vita, infatti, la Compagnia delle Indie era tornata ad essere finalmente gestibile.
Ma quel silenzio così rilassante venne all'improvviso turbato da un bussare alla porta. E non un bussare qualsiasi. Qualcuno stava battendo ripetutamente sul legno con inaudita violenza, al punto che non si sarebbe stupito di vedere cadere pezzi d'intonaco dal muro e dal soffitto.
-... Avanti!-si affrettò dunque a dire, più che altro per evitare che il misterioso individuo la scardinasse. Che, tra parentesi, non era poi così misterioso: la veemenza, infatti, gli aveva già fornito una mezza idea.

Come volevasi dimostrare, Sherlock Holmes varcò la soglia del suo ufficio con passo marziale, in volto un'espressione omicida. Lo sorprese, però, vederlo accompagnato da una ragazzina, che inizialmente non riuscì ad identificare.
-Ciao anche a te, fratellino...-lo apostrofò ironicamente.-Posso chiederti cosa ti porta qui a turbare la mia...?
Prima che potesse finire la frase, Sherlock posò con impeto sulla sua scrivania quello che sembrava essere un libro, aperto in due su una particolare pagina.
-Che significa questo?-ringhiò, gli occhi ridotti a due fessure.

Mycroft aggrottò la fronte, non capendo cosa avesse fatto stavolta per irritare il fratello a tal punto.
-Sono più di dieci anni che cerco il modo di spezzare la maledizione di John-continuò Sherlock, la voce sempre furiosa, ma anche toccata da una punta di dolore.-E adesso scopro che tu conoscevi il modo. Il Tridente di Poseidone. Un potente strumento in grado di spezzare qualsiasi maledizione, se viene distrutto. Tu conoscevi questa leggenda. E non me l'hai mai detto! PERCHÈ?-ringhiò di nuovo, colmo di rabbia.
Una strana luce, quasi spaventata, balenò per un rapido istante negli occhi dell'uomo.
-Come fai a essere così sicuro che la conoscessi?-cercò però di protestare, con una calma forzata.
Per tutta riposta, il corvino puntò l'indice su una parola in particolare vergata sulla pagina. Mycroft la lesse, e impallidì visibilmente, non potendo più nascondere la sua colpevolezza. Non emise neppure più una parola di scuse. Distolse addirittura lo sguardo dal fratello, voltandosi verso la finestra.

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Rosie, intanto, non sapendo cosa fare, si era accomodata su una delle poltrone di velluto porpora dell'elegante e lussuoso ufficio, un po' sconcertata. Durante tutta la traversata verso Port Royal, lo zio si era chiuso nella sua cabina, e non si era più fatto vedere fino all'alba: poi l'aveva trascinata lì. Sapeva chi fosse quell'uomo, naturalmente: lo zio le aveva raccontato di lui; anche se non molto, in verità...
I due uomini sembravano essersi dimenticati della sua presenza, intenti com'erano a discutere, e poi sprofondati in quel silenzio carico di tensione: si fece perciò anche lei il più silenziosa possibile, e rimase ad ascoltare, sperando di ottenere una spiegazione.

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-Sto aspettando una spiegazione, Mycroft!-gli intimò di nuovo Sherlock, dando inconsapevolmente voce ai pensieri di Rosie.
Questi, finalmente, si voltò a guardarlo; aveva un'espressione di scusa-assurda, trattandosi di lui-ma anche cupa, come se stesse ricordando qualcosa di terribile. C'era, nei suoi occhi d'acciaio, addirittura qualcosa di simile alla paura.
Finalmente parlò, dicendo qualcosa che però al corvino sembrò del tutto priva di senso.
-Sherlock...-mormorò piano, cauto, timoroso: tutti atteggiamenti che mai gli erano appartenuti.-Ricordi... Barbarossa? O meglio... Victor?
Sherlock, subito, impallidì, e strinse le mani sul bordo della scrivania.
-Certo che me lo ricordo...-ringhiò, cercando di non mostrare quanto male gli facesse quella domanda.-Ma questo che diavolo c'entra, con la leggenda??
-Le due cose sono strettamente collegate, fratello mio-replicò lui, lo sguardo puntato ora sul libro.-Perchè il tridente è custodito in un luogo sconosciuto, e sorvegliato da un demone. Un demone terribile,
che tu hai già incontrato, purtroppo, anche se non ne hai memoria.
Il pirata aggrottò la fronte, suo malgrado sempre più confuso.
-E chi sarebbe?-sibilò.

Mycroft prese un profondo respiro, puntando finalmente i suoi occhi in quelli del fratello minore.
-Il demone del Vento dell'Est-ammise, sfiorando appena col dito la parola vergata sul libro, quella che lo aveva incriminato.-Anche se, in realtà, il suo nome in greco sarebbe... "Eurus".
Prese l'ennesimo respiro profondo, come se temesse le ripercussioni di quello che stava per rivelare.
-Victor non è morto annegato, Sherlock-mormorò alla fine.-È stato quel demone, a ucciderlo...

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