The beginning of a new chapter

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Port Royal, qualche giorno prima

-E così... Eurus è definitivamente scomparsa...
Il cucchiaino d'argento tintinnò piano sulla tazza di porcellana, mentre Mycroft mescolava lentamente lo zucchero nel suo tè, osservando fuori dalla finestra le navi attraccate al porto.
-Sì. Ora i Mari sono al sicuro. O almeno, lo sono da quel demone in particolare...
Sherlock, seduto su una poltrona nell'ufficio del fratello, incrociò le gambe, in volto un sorrisino sarcastico, sorbendo un sorso dalla sua tazza.
-Chissà quanti altri demoni ci sono, in questo vasto mondo...-aggiunse poi, pensieroso.
-Sotto la superficie del mare se ne nascondono molti, di certo-concordò il politico, sorbendo anche lui un sorso del liquido fumante e ambrato.
-E non solo in quella del mare...-osservò Sherlock di nuovo, a voce bassa, lo sguardo, d'improvviso, cupo e perso nel vuoto.

Mycroft stavolta si voltò a guardarlo, sul volto un'ombra di preoccupazione: il fratello gli aveva raccontato tutto quello che era accaduto nella grotta di Eurus, senza omettere alcun dettaglio; compreso ciò che era quasi riuscita a spingerlo a fare attraverso quel terribile potere mentale.
-I tuoi, a quanto pare, hanno atteso per molto tempo...-mormorò, la voce velata di sincero rammarico.
Sherlock sospirò e posò la tazzina sul tavolino, chiudendo gli occhi per qualche istante. Ciò che gli era accaduto lo aveva ferito nel profondo e, nonostante l'appoggio datogli da Rosie, Molly e la sua ciurma, faticava a riprendersi del tutto. Poteva ancora sentire quel dolore vivo e reale, come se le parole false e malevole di quelle visioni si fossero incise non solo nella sua mente, ma anche nel suo cuore. E non solo: ricordava perfettamente la paura provata.
Un brivido gelido lo percorse.
La paura di essere lasciato solo, abbandonato in quell'oscurità... Con la consapevolezza di non essere amato da nessuno.
Era così immerso in quei cupi pensieri da non accorgersi dei passi del fratello, che si era avvicinato alla poltrona dov'era seduto.
Ma la sua mano sulla spalla... quella la avvertì perfettamente.
E, per quanto gli costasse ammetterlo, quel leggero tocco lo fece sentire protetto... al sicuro.
Amato.
Un sottile sospiro sfuggì di nuovo dalle sue labbra; questo, però, non era di sofferenza, bensì di sollievo, mentre quel freddo provato poco prima pian piano spariva, rimpiazzato da un nuovo calore.
Scese qualche minuto di silenzio, durante il quale il fratello non lasciò mai la presa dalla sua spalla.
Alla fine, Sherlock si alzò piano dalla poltrona, obbligandolo a toglierla.
-Ora devo andare-disse, schiarendosi la voce, senza commentare quel gesto, ma con uno sguardo più eloquente di mille parole.
-Sì, lo so-rispose lui, con uno sguardo in risposta altrettanto eloquente.-Credo anche di sapere dove... Porta i miei saluti al dottor Watson.
L'altro accennò un sorriso, seppur a fatica.
-Lui ti perdonerà, Sherlock-aggiunse però Mycroft, con sua sorpresa, mettendo a nudo la paura che non era stato in grado di celare del tutto.-Non ti ha mai odiato. Non per davvero. E questo tu lo sai.
Il corvino sentì l'insolito calore di poco prima farsi più intenso. Non rispose, ma annuì, confortato da quelle parole più di quanto avrebbe mai pensato.

Ma prima che potesse aprire la porta e uscire, il fratello lo fermò.
-Sherlock, aspetta. Devo ancora chiederti una cosa, circa Eurus. È una questione che ancora non mi è chiara.
Il minore si voltò.
-Chiedi pure.
-Hai detto che non bastava distruggere il Tridente. E che l'hai sconfitta evocando... "Pensieri di luce"?- domandò, dubbioso.
Sherlock annuì, e sul suo volto quell'accenno di sorriso si fece più convinto e più caldo.
-Esatto. Anche se, devo ammetterlo, è stata Rosie ad aiutarmi. Lei mi ha spinto a lottare contro le ombre manipolate da quell'essere. E lei mi ha invitato ad evocare quei ricordi per contrastarle. Ricordi che dovevano essere, per l'appunto, pieni di gioia e di luce.
Mycroft rimase in silenzio per qualche momento, assorto.
-... Incredibile... Un demone così potente sconfitto da dei semplici ricordi...-osservò, colpito.
-No, Mycroft. Ti sbagli. Non sono stati i ricordi, a sconfiggerlo. Ma l'amore contenuto in essi-ribatté Sherlock, con fermezza.
L'altro sollevò un sopracciglio, stupito e ironico al tempo stesso.
-Sono i "sentimenti" a parlare, fratellino?
-No. Sono io-ribattè il corvino tranquillo, senza vergogna alcuna.
-Non li hai sempre reputati un difetto?
Lui si strinse nelle spalle.
-... Tutti commettiamo errori, qualche volta... Persino io, il grande capitan Sherlock Holmes.
Mycroft sogghignò appena.

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