EXTRA 2- Tutta colpa del destino

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Una ragazza di circa sedici anni camminava avanti e indietro per il piazzale della chiesa di un paesino sperduto nella campagna. Gli occhi di un castano dorato vagavano lungo la strada alla frenetica ricerca di qualcosa o qualcuno. Un ciuffo di capelli neri e ricci le scivolò sul viso e nell'aria si alzarono le note di American Idiot dei Green Day e la ragazza rispose al telefono "Hey Fe' si può sapere dove ti sei cacciato? Sí,va bene ti aspetto qui."
La ragazza riattaccò e un uomo scrutò il suo particolare abbigliamento: stivali neri borchiati con i tacchi, jeans strappati al ginocchio e canotta con giubbotto di pelle. Nonostante fosse una giornata di fine estate con il sole alto nel cielo, faceva freddo e le strade del paesino erano deserte, tranne qualche rarissimo passante.
"Beh che hai da guardare? Non hai qualcosa di meglio da fare?" Il passante accelleró il passo e sparì dietro la curva.
"Odio la gente che non si fa i cazzi suoi." Borbottò la ragazza. Il rombo di un motore precedette l'arrivo di un motorino grigio metallizzato che si fermò a un pelo dalla ragazza. Dal mezzo scese un ragazzo alto vestito con pantaloni grigi con felpa e vans bordeaux. Delle cuffie facevano capolino dalla felpa e il ragazzo si tolse il casco: capelli rasati sui fianchi con ciuffo castano che copriva gli occhi castani da cucciolo e lasciava liberi di respirare le orecchie leggermente a sventola. Un leggero ghigno comparve sul volto del moro e la ragazza lo abbracciò "Sei un idiota Dumbo, finirai per uccidermi qualche giorno."
Il ragazzo ridacchiò e le lasciò un bacio a fior di labbra.
"Cris, dai andiamo. Devi darmi ancora il tuo regalo."
I due si avviarono al motorino, quando si alzò il vento che fece cadere a terra il mezzo di trasporto. Il ragazzo si chinò per prendere il motorino e non si accorse della Ford blu che stava arrivando ad alta velocità. Una cosa spinse a terra il moro, che picchiò il retro della testa sull'asfalto.
"Fede alzati! Sta arrivando una macchina! TOGLITI!"
La ragazza urlò disperata e quando capì che il moro non si sarebbe alzato si gettò sul corpo di lui. Le sue mani si posarono sulla nuca del fidanzato e un liquido cremisi le colorò le mani.
"No, no, NO! FEDERICO NON TI AZZARDARE A LASCIARMI COSÌ!"
La disperazione impedì alla ragazza di accorgersi del pericolo incombente della macchina. Uno schianto e anche la ragazza era stesa a terra, immobile. Una donna di quarant'anni circa scese dall'auto in preda al panico e chiamò il 118. Mezz'ora dopo un elicottero non riuscì ad atterrare per prestare soccorso e al suo posto arrivò un'ambulanza. I medici dichiararono morto il ragazzo e chiamarono le madri dei due fidanzati. Quando arrivarono in ospedale la ragazza aveva il battito cardiaco debolissimo e la ricoverarono d'urgenza lottando per salvare una vita. Tre ore dopo il cuore della giovane smise di battere e i medici la dichiararono morta. La madre disperata cercò di convincere i medici ad aspettare, prima di far portare via la salma. La madre si addormentò abbracciata al corpo della figlia, sperando in un miracolo.
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Cristina si svegliò in un letto dalle lenzuola candide e intorno a lei aleggiava odore di disinfettante e malattia. Qualcosa le impediva i movimenti e si accorse che una donna sconosciuta era addormentata abbracciata a lei. Cercò nella sua mente qualcosa che potesse ricordargli chi era ma la sua mente era vuota. Completamente. Sentiva un dolore tremendo alle costole e respirare le costava altro dolore. E la signora che le stringeva le costole non l'aiutava per niente. Nella sua mente iniziarono a farsi strada dei ricordi del suo fidanzato, dai più felici fino a quello dell'incidente. Cristina sentì delle voci dei medici e saggiamente finse di dormire. La porta si aprì facendo entrare una donna e un uomo in camice. "Dottor Strozzi cosa pensa di fare con la madre? Oramai la ragazza è morta ed è inutile tenere un letto occupato inutilmente..."
Cristina aveva voglia di urlare a quella donna antipatica che lei era viva e li sentiva tranquillamente, ma la curiosità ebbe la meglio.
"Dottoressa Marconi, lo faccio per la madre. Povera donna perdere una figlia così... e poi magari si risveglia."
La voce tranquilla e venata di malinconia dell'uomo infuse alla ragazza una calma incredibile. Sentì le due persone avvicinarsi e una mano forte e mascolina prendere le pulsazioni dal polso. "Senta dottore, solo perché le ricorda l'incidente di sua figlia non significa che la sopravvivenza di questa fará tornare in vita sua figlia..."
Il disgusto nella voce della donna era palese.
"Stia zitta, per carità di Dio! È un miracolo! Senta qui dottoressa il battito è lieve ma c'è!"
Delle unghie ad artiglio graffiarono il polso della sedicenne.
"Che si fotta 'sta stronzetta! Ha fatto la figa con il suo tipo ed è morta! Le sta bene!"
Cristina sentí una grande rabbia pervaderla e si alzò trovandosi davanti una donna con i capelli biondi e gli occhi blu, con il camice che le copriva a malapena le sue ,emh,grazie e il seno abbondante
"Senta signora,non so se lei è qui solo perché l'ha dato al capo o per le sue capacità ma non si azzardi a nominare il mio ragazzo con quella bocca da pompinara o le spacco i denti!"
"Signorina per favore si calmi e dottoressa Marconi esca da qui."
Un uomo dai capelli rossi e le lentiggini congedò la donna, che uscì sculettando. Cristina si districò dall'abbraccio della donna e si mise in piedi di fronte al rosso, notando solo in quel momento che indossava un'orrenda camicia da notte bianca. Tutto quel bianco le stava dando alla testa. La ragazza esaminò la stanza: una normale stanza dal pavimento bianco, pareti bianche con una striscia azzurrina al centro, soffitto bianco, due lettini bianchi(uno vuoto e uno con la donna addormentata), comodino bianco, sedia e tavolo bianchi. L'uomo con il camice bianco indossato sopra a dei jeans e un cartellino con una scritta che la ragazza faceva fatica a leggere aveva un'aria tranquilla e gentile, quasi come un padre amorevole. E da quanto aveva detto la bionda lo era stato in passato. L'uomo la invitò a sedersi a un tavolino.
"Sono sicuro che hai molte domande da farmi. Chiedi pure Cristina."
Il medico si accomodò sulla sedia e la ragazza fece lo stesso, scoprendo che erano di una scomoda plastica.
"Scusi dottor Strozzi, giusto?"
"Chiamami Marcus"
"Va bene Marcus. Cosa mi è successo? E perché mi sento come se fossi stata resettata e messa in un frullatore?"
"Evidentemente la tua memoria a causa dello choc è in stand by. E il dolore è una conseguenza dell'impatto con l'automobile."
"E Federico? Sta bene vero? Gli è solo uscito un pochino di sangue non è grave."
La ragazza guardò negli occhi castani del dottore e vi trovò solo dispiacere.
"Vedi Cristina il sangue che gli è uscito è stato causato da un'emorragia interna che ha danneggiato completamente il cervello."
"Ma si può curare giusto? Dopotutto è solo un graffio..." Le speranze della ragazza si infransero quando l'uomo le sussurrò un misero "mi dispiace". Il mondo le crollò addosso in un istante e il dolore interiore che provò fu devastante. Non era paragonabile a nessun altro dolore e solo chi aveva subito una perdita poteva capirlo. La moretta si alzò e iniziò a ribaltare tutta la stanza mentre le lacrime scendevano copiose. Nemmeno vedere la stanza in disordine le diede sollievo. "Fanculo al mondo e a tutto. PERCHÉ IO DICO PERCHÈ! CRISTO COS'HO FATTO DI MALE PER MERITARMELO!
"Cristina calmati!" Marcus cercò di calmarla.
"SAI QUANTO ME NE FREGA! SEI UN FOTTUTO MEDICO E NON HAI FATTO NULLA!"
"Era già morto quando siamo arrivati. E avresti dovuto esserlo anche tu ma per chissà quale motivo tu sei viva!"
Cristina non riusciva ad attutire il dolore. Si avvicinò a una parete e le tirò un pugno spaccandosi le nocche della mano sinistra. Urlò talmente forte che la donna sulla cinquantina si svegliò dal sonno. I capelli neri e ricci erano scompigliati e le sfioravano gli occhi assonnati.
"Cris, tesoro, cosa stai combinando?"
La donna si alzò e si avvicinò alla ragazza cingendola in un abbraccio che fu respinto.
"Si può sapere chi sei? E non CHIAMARMI CRIS! SOLO LUI PUÒ FARLO E LUI NON C'È PIÙ!"
Cristina si accasciò a terra chiudendo gli occhi. Non voleva più sentire niente e non voleva più vivere. Non ne valeva la pena. Se lui non c'era più la sua vita non aveva senso.
"Dottor Strozzi, cos'ha mia figlia? E perchè non riconosce la sua mamma?"
La signora cercava disperatamente conforto nelle parole dell'uomo: sua figlia era stata miracolata ma non la riconosceva. Come poteva una figlia non riconoscere la madre?
"Signora sua figlia si è appena svegliata dalla morte. È un miracolo e credo sia normale che la sua mente sia azzerata. Non ho mai visto una cosa del genere. Domani pomeriggio le faremo una tac al cervello e si vedrà. Fino ad allora non potrà uscire dall'ospedale."
"Ma dottore, domani pomeriggio c'è quella cosa..."
"Non si preoccupi, la ragazza sarà sorvegliata e non si muoverá da qui."
"La ringrazio."
La donna bació sulla fronte la ragazza e tornó a casa. Il dottore tornó ad esaminare gli esami, chiedendo a un'infermiera di occuparsi di Cristina. La donna steccó la mano e mise a letto la ragazza, che si mise a fissare il soffitto. La riccia fissava il soffitto con espressione vacua, ripensando a ai pochi ricordi che aveva: i momenti passati con il ragazzo se li ricordava tutti perfettamente e si ricordava qualche faccia confusa dei suoi ex compagni di classe. In particolare la tormentava il ricordo di una ragazza con occhi e capelli neri, dal carattere veramente orribile e menefreghista ma era l'unica che aveva dato l'impressione di essere sincera e che teneva a lei e a Federico. Qualcosa in lei si ostinava ad aggrapparsi alla speranza che lui fosse ancora vivo. Una signora le portò un vassoio con una pappetta marrone insipida e poco dopo le spensero la luce della camera. Cristina si alzò decisa e accese la luce.
"La luce fa male! Potevi avvisarmi, Cri!"
La voce di una ragazza giunse alle orecchie di Cristina. La mora si girò e scoprì la figura di una sedicenne comparsa dal nulla, coi capelli mossi neri come l'inchiostro e occhi color ossidiana. La pelle era pallida e l'abbigliamento alquanto strano: giacca in pelle e pantaloni di pelle nera, maglietta nera con su un teschio, anfibi neri, bracciale a catena con vari ciondoli e anello con un teschio argento. Intorno a lei le ombre sembravano intensificarsi e un'aura di morte si irradiava da lei. Cristina afferró una lampada e la puntó contro la sconosciuta ma qualcosa nei lineamenti della ragazza le sembravano famigliari.
"Si può sapere che ti è capitato?" La corvina sembrava conoscerla ma Cristina non la riconosceva. "Ah già, la tua memoria. Comunque Dumbo mi ha contattato e mi ha detto di dirti che domani pomeriggio alle due faranno il suo funerale. Io non posso andarci, sono via, ma a lui farebbe piacere se tu andassi."
La noncuranza della ragazza fece sperare a Cristina che il suo fidanzato fosse vivo. Ma il suo cuore era sprofondato al sentire le parole "Il suo funerale".
"Ma domani a quell'ora ho un esame e non potrò uscire!" La ragazza era dispiaciuta.
"E chi lo dice che devi seguire gli ordini dei dottori? E poi sei al primo piano, puoi tranquillamente uscire dalla finestra."
La corvina sorrise in modo malandrino. Cristina si chiese se anche lei in passato era così combinaguai. L'ospite prese uno zainetto e lo diede a Cristina, insieme a una catenella d'oro con un ciondolo a forma di cornetto.
"Nello zaino ci sono delle cose che ti serviranno, oltre al tuo telefono. La collana mi ha detto Federico di dirti che devi indossarla sempre. E io sono Serena Angelidos, forse adesso ti ricorderai di me. "
"Aspetta ad andartene ho ancora due domande: perché non ho più la maggior parte dei miei ricordi e perchè riesci a contattare Fede?"
Serena sorrise. Quella ragazza se la sarebbe cavata.
"Alla prima domanda dovrai cercarti da sola la risposta, posso solo dirti che è collegato al fatto che sei morta e poi tornata in vita. La tua seconda risposta è facile: che tu ci creda o no gli dei greci esistono e a volte fanno figli con i mortali e io sono una semidea. Per la precisione sono figlia di Ade."
"È assurdo! Sei una figlia di Ares?"
"Non Ares, Ade. Il dio dei morti e re dell'Oltretomba. Non capisco perché tutti li confondono. Sono due dei completamente diversi!"
Cristina si mise a ridere e smise solo quando Serena la guardò storto. Una piccola crepa si formò nel pavimento e lo scheletro di un topo uscì dalla stanza. È lì la riccia capì che la compagna non scherzava. Un ruggito animalesco si sentí per la stanza e Serena si guardò in giro.
"Scusa Cri devo scappare. C'è un mostro che mi insegue. In bocca al lupo!"
Le ombre si avvolsero intorno alla ragazza e lei sparì. Il ruggito si calmò e la dottoressa Marconi aprì la porta
"Cosa ci fai sveglia, ragazzina? Dovresti dormire stronzetta!" Con voce acida la donna fece trasparire il suo disappunto. Quella ragazza non le stava simpatica.
"Per quale motivo lei è ancora sveglia signora?"
"Signorina prego."
"Non c'è bisogno che mi chiami signorina."
"Sfacciata! Ben ti sta che il tuo tipo ti ha lasciata!"
"Non mi ha lasciata, è MORTO! E VOI NON AVETE FATTO NIENTE PER SALVARLO!"
"DOTTORE LA PAZIENTE MI AGGREDISCE!"
Un'infermiera entrò e trovò la dottoressa a strillare come un'oca mezza nuda e la mora immobile che stringeva le mani a pugni. L'assistente cacciò fuori la dottoressa e rimboccò le coperte alla ragazza e le spense la luce. Cristina si addormentò pensando alla sua giornata e allo zaino nascosto sotto al materasso.

Dei Dell'Olimpo: I Gemelli Della MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora