6; Sheri

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Erano passati due giorni. Due giorni e continuavo a pensare a Boy. Era come se la mia infanzia e il mio presente, che mi riguardavo dal tenere ben separati, si scontrassero inevitabilmente.

Era cresciuto, e non poco: dall'essere alto un metro e sessanta si era allungato di una ventina di centimetri, i muscoli si erano scolpiti, la voce si era fatta più rauca e i lineamenti più marcati. Se da piccolo era bello, adesso era una favola.

Perché doveva capitare tutto a me? Prima Effie, incinta alla veneranda età di sedici anni, poi il ritorno di Boy... cos'altro voleva il mondo da me?

La mia amica stava male, molto male, non aveva ancora detto ai suoi genitori che aspettava un bambino. Mangiava poco per non far vedere che fianchi e seni si erano ingrossati, aveva persino segretamente prenotato dal ginecologo per abortire. Avremmo potuto parlarne con mia madre, ma Effie aveva insistito dicendo di no.

Per quanto riguardava Boy, Ryan insisteva sempre nel farci passare un po' di tempo insieme ed era l'ultima cosa che volevo fare.

Per questo mi ritrovavo da sola in un locale gestito da una coppia di hippie fermi agli anni settanta, dove sparavano musica di quel tempo. Era una vera tortura per le mie orecchie, ma almeno lì Ryan non mi avrebbe trovata. Nonostante fosse tra i miei amici più cari quel ragazzo aveva idee molto strane e il suo obbiettivo era sempre e solo uno dal primo anno di liceo: trovarmi un ragazzo. Stavolta, però, mi sembrava molto convinto con Boy, anche se ignorava il fatto che ci conoscessimo.

Seduta su una sedia di fronte al bancone, intenta a sorseggiare una Fanta, mi lasciai invadere dai ricordi. Una bambina con un'orribile frangia ribelle e una matassa scura di capelli che d'estate frequentava il corso di nuoto solo per un motivo, e quel motivo si chiamava Basil. Era un nome strano, insolito, lui diceva che suo nonno si chiamava così. Basil era di un anno più grande, ma per la bambina l'età non contava perché ormai era già innamorata di quel ragazzino dagli occhi scuri che manifestava un vero istinto fraterno per lei. La bambina si era impegnata al massimo per imparare a nuotare bene e finalmente entrò nella squadra agonistica di nuoto, dove c'era Basil. Ma lì, insieme alla sua cotta, c'era Sequoia, una ragazza bellissima tale e quale alle Barbie con cui la bambina giocava. Conosciuta Sequoia, Basil ormai non passava più tempo con la piccola Sheri, che per riavere le attenzioni che tanto bramava iniziò a comportarsi come lei. Otto anni dopo conservavo ancora quell'atteggiamento disprezzante.

Mentre ero immersa nei miei pensieri una donna si sedette vicino a me. Amavo studiare le persone, cercando di capire qualcosa di più sul loro comportamento. Era alta nella media, vestita bene, i capelli marroni ben pettinati e sugli occhi leggermente a mandorla vi era un'ombra di eye-liner.
Ordinò un caffè espresso, e quando lo bevve tenne lo sguardo fisso verso il legno del bancone, segno che non era lì per cercare un uomo. Pensai che una donna come lei dovesse aver avuto una storia tumultuosa dalla quale non si era ancora ripresa del tutto.

Quando il barista chiese il conto lei rovistò nella borsa, ma non vi trovò il portafogli. Impallidii. Probabilmente non doveva avere tanti soldi.

«Pago io.» Sentenziai, inserendomi nella conversazione. Tirai fuori dalla tasca i soldi per pagare il caffè e li porsi al barista.

«Grazie.» Disse la donna sottovoce. «È un brutto periodo per me. Come ti chiami?»

«Sheri.» Risposi pronta. La donna sussultò, ma desideravo conoscerla di più. «E tu?»

«Lydia.» Disse lei. Prese un giornale abbandonato vicino a lei e iniziò a sfogliarlo disinteressata, ma trovò un articolo che la catturò. Me lo fece vedere. La foto di uomo biondo dai lineamenti decisi svettava in mezzo all'articolo.

Conoscevo quell'uomo, era Scott Callaghan: mamma mi parlava di lui ogni volta che poteva, dato che era stato un suo alunno. Doveva essere il suo preferito, altrimenti non riuscivo a giustificare cotanta attenzione.

«Lo conosci?» Chiese Lydia.

«Certo.»

Le brillarono gli occhi. «Sai dirmi qualcosa su di lui? Cosa ha fatto in Cordova?»

Non capivo perché tanto interesse, ma le raccontai quello che sapevo.

«Dopo il fallimento dell'azienda del padre, Scott era andato in Cordova per recuperare i soldi. Suo padre morì lì poco prima della fine della guerra civile, lasciando a Scott l'eredità di una compagnia morta. Senza soldi, Scott non poteva tornare negli Stati Uniti, fino a quando non sposò Thea Montgomery — capo della Montgomery Actions — e prese il posto di lei, dirigendo l'azienda della moglie e cambiandone il nome in Callaghan Actions.» Ripetei tutto a memoria.

Lydia aveva ascoltato pazientemente ogni sillaba del mio racconto, e quando finii aveva gli occhi lucidi e il viso contratto per mascherare il pianto. Arraffò il giornale e lo strappò, poi se ne andò in lacrime.

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mi manca un sacco scrivere i capitoli di scott, uffa.

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