8; Scott

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La mia vita faceva schifo, pensai. Avevo trentaquattro anni ed ero già stanco di tutto: stanco di essere ricco, stanco di essere nato, stanco di essere sposato.

Guardai il mio riflesso allo specchio. Non ero niente male, nonostante l'età.

Il mio viso non era cambiato molto durante l'adolescenza, conservavo ancora i lineamenti così decisi che parevano scolpiti nel marmo delle statue greche. I miei occhi erano ancora azzurro mare, ma la scintilla di malizia che li caratterizzava era scomparsa dal giorno del mio trasferimento in Cordova. Il corpo era anch'esso rimasto segnato dalla partenza, ma preservavo ancora un fisico palestrato.

Una sola cosa era cambiata in me: sul collo, vicino agli ultimi capelli, vi era tatuata una piccola L. Avevo detto a tutti che stava per Lonnie, il mio cane defunto, ma la verità era plausibile per quelli che mi conoscevano bene.

Quando andai in Cordova, ero determinato a ritornare da lei il più presto possibile, ma la guerra civile imperversava sempre di più e i ribelli avevano preso ogni aeroporto o centro navale di tutta la zona di Santa Carmela, l'unica città modernizzata dell'intero stato. Era come un incubo da dove non potevo risvegliarmi.
Poi papà era morto e mi aveva dato in eredità la guida di una ditta ormai morta. Io, Venus e mia madre non avevamo un soldo.
Ed infine arrivò Thea.
A soli ventuno anni era a capo della rivale numero uno della Callaghan & Co., la Montgomery Actions. Mi offrì di poter tornare negli Stati Uniti e di ricominciare la mia vita da zero, ad un prezzo: sposarla.

All'epoca ero determinato a tutto pur di tornare da Lydia, e accettai di controvoglia. Il nostro matrimonio si svolse un anno dopo a Las Vegas.
Quando rientrai finalmente a casa, nella mia città natale, Lydia non c'era. Se n'era andata.

Indagai come un matto per sapere dove fosse, ma per tutti era come se si fosse volatilizzata. Certe volte credevo che fosse morta, ma la mia mente si impegnava a scacciare quel pensiero. Avevo controllato nei cimiteri, nei necrologi e avevo tirato un sospiro di sollievo. Lydia era scomparsa, ma era ancora viva.

Alla fine, dopo anni di ricerca, avevo perso le speranze. La notte la sognavo ancora, sognavo il suo bel viso nell'incavo del mio collo, sognavo il suo sorriso e con amarezza ricordavo quella settimana a Steepfall, dove avevamo passato la maggior parte del tempo chiusi in camera con i vestiti appallottolati sul pavimento. In quel periodo avevo baciato ogni singolo millimetro del suo corpo, ma il suo sorriso era il posto migliore dove poggiare le labbra.
Amavo ogni cosa di lei: le battute acide che riservava solo per il sottoscritto, la sua determinazione, il suo spirito da leader e la sua personalità focosa celata da una nube di brutti ricordi.

Un picchiettare alla porta della mia camera da letto mi fece sobbalzare, risvegliandomi dal mio stato di trance. Finii di abbottonarmi la giacca e andai ad aprire.

Sulla soglia vi era quella che per i media era mia moglie, ma che per me era solo una puttana. Thea indossava un tailleur costosissimo che le metteva molto in risalto quel poco di seno che aveva. Non sapevo definire in cosa consisteva il nostro matrimonio: niente bacio alla sposa il giorno delle nozze, niente sesso, dormivamo persino in camere separate.

«Scott, ti sbrighi? Fred e Desiree ci aspettano in salotto.» Sbraitò nervosamente, facendo tintinnare i mille braccialetti dorati che portava.

«Sono pronto.» Risposi con un sospiro. Fred Hawthorne, mio migliore amico nonché amante di Thea, e Desiree Hunnam, la mia ex, si erano sposati e ogni sabato venivano a casa invitati da Thea.

Lei annuì, girò i tacchi e andò nel grande salotto dove quella strega e suo marito ci stavano aspettando. Desiree teneva in mano una tazza di caffè e aveva le gambe accavallate sensualmente. Fred, invece, era spaparanzato sul divano con le gambe aperte e un'aria da ebete. E pensare che una volta ero stato amico di entrambi.

«Ciao, Scott, ti stavamo aspettando.» Disse Desiree. Thea si accomodò su una poltroncina e io restai in piedi, prendendo in mano il mio caffè e sorseggiandolo piano.

«Già» continuò Fred. «Abbiamo una bella novità per te.»

Stavolta fu Thea a parlare, e quello che raccontò mi fece quasi sputare tutto il caffè.

«Lydia è tornata.» Disse.

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