12; Scott

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I fogli di carta intestati S. Callaghan erano di una strana tonalità crema, leggermente opachi. Il loro odore era lo stesso di quando si compra un libro nuovo e lo si apre per la prima volta.

Lydia era tornata. Avevano dovuto ripetermelo una decina di volte e io ero ancora incredulo. Lydia. Solo a sentire la fonetica del suo nome mi veniva in mente lei, i suoi baci passionali e innamorati. Era come una vecchia canzone: l'avevo imparata a memoria, passo per passo, dopo mi ero distaccato da lei e adesso che era tornata ne ricordavo ogni singolo verso.

La sua mancanza cominciava a farsi più forte, adesso che sapevo che era in città. Dio mio, quanto tempo era passato. Avrebbe dovuto avere la mia età, adesso. Mi chiedevo se non fosse cambiato qualcosa in lei: magari aveva il segno di qualche capello bianco prematuro o l'ombra di qualche ruga sulla fronte. Ero spaventato ed entusiasta dell'idea che lei fosse qui, che fosse finalmente tangibile.

Il mio studio era una stanza luminosa — odiavo il buio — con una grande libreria di legno di mogano contenente solo una piccola percentuale dei libri che erano in quella casa. Chiamarlo studio era un termine un po' affrettato, più che altro era una stanza dove con la scusa di scrivere e-mail di lavoro potevo passare del tempo da solo. Era arredato un po' all'antica e mi apparteneva dalla nascita. Da piccolo amavo passarci i pomeriggi.

Presi in mano la penna e iniziai a scrivere una lettera a Lydia. Subito, immediatamente avevo preso la decisione di invitarla, ma siccome non avevo il suo numero di cellulare le avrei scritto una lettera e avrei detto a Pat, il simpatico tuttofare, di portarla a casa di Lydia. Presentarmi lì davanti alla sua soglia era una cosa indiscutibile, volevo incontrare colei che amavo nel posto dove ci eravamo lasciati.

La mia mano trascinò la penna disegnando lettere con una grafia semplice ma di classe, facendosi guidare dai miei pensieri.

Cara Lydia,

No, suonava troppo formale. Accartocciai il foglio e ne presi un altro.

Lydia,
ebbene sì, sono io: Scott Callaghan. Non so se ti ricordi di me, forse in questi sedici anni sono stato cancellato dai tuoi pensieri, ma sappi che tu non hai mai abbandonato i miei.
Sono passati sedici anni da quando ci siamo detti addio, e questa cosa mi brucia nel petto come un fuoco vivo.

Forse stavo diventando troppo formale, ma mille pensieri turbinavano nella mia testa e sapevo che trasformarli in parole sarebbe stato impossibile.

Lydia, so che sei tornata.
Vorrei dirti troppe cose e allo stesso tempo voglio vedere come sei cresciuta, piccola mia.
Quindi, vediamoci a casa mia lunedì alle dieci. Se ti conosco bene come ti conoscevo sedici anni fa, so che il lunedì sei sempre libera dato che nessuno ti sopporterebbe dopo il week-end.
So che lunedì è tra due giorni, ma tu non hai idea di quanto io ti abbia cercato e non vedo l'ora di rivederti.
Avevo perso le speranze e pensavo che tu volessi dimenticarmi, che adesso mi odiassi.
È vero, ho smesso di setacciare l'America alla ricerca di te, ma tu ci sei sempre nei miei pensieri.
Perché ho smesso di cercarti, ma non di volerti.

Scott.

La rilessi. Era perfetta. Riassumeva ciò che avevo passato per lei, escludendo alcuni dettagli che le avrei spiegato quando ci saremmo rivisti. Tipo il matrimonio tra me e Thea.

Piegai la carta e la infilai in una busta contrassegnata con lo stesso nome della lettera. Uscii dallo studio con la busta in mano e incrociai Pat in salotto, intento a pulire un vaso di fiori con uno spolverino bianco.

Quando mi vide rizzò la schiena. «Signore.»

Gli porsi la lettera. Pat lavorava per i Callaghan da anni luce e si era abituato a chiamare ogni componente della famiglia "Signore". A papà questa cosa piaceva, a me no.

«Pat, ho bisogno che consegni questa al numero ventotto di James Cook Street. È urgente.» Dissi. Lui annuii, la prese in mano e se la mise in tasca. Lo ringraziai e me ne andai, mi aspettava un raro pomeriggio passato guardando Netflix.

Nella mia mente, però, continuava a vagare una frase della lettera che avevo scritto a Lydia, che probabilmente riassumeva tutto quello che era successo negli ultimi sedici anni.

Ho smesso di cercarti, ma non di volerti.

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