16; Lydia

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Dopo sedici anni avevo trovato la felicità che tanto agognavo, finalmente.

Io e Scott eravamo di nuovo insieme e avevamo trovato un modo per farlo divorziare da Thea: esisteva infatti una vecchia legge, introdotta dagli inglesi, secondo la quale se il matrimonio non era stato consumato si poteva divorziare firmando un semplice foglio. Thea e Scott non si erano mai abbracciati, figuriamoci se avevano fatto sesso.

Nonostante questo, mi sentivo un po' male. Scott non sapeva di avere una figlia che avrebbe dovuto avere circa sedici anni. Avrei dovuto dirglielo, doveva avere il diritto di saperlo, ma qualcosa mi frenava dal farlo in quel momento.

Era bellissimo anche da addormentato. I capelli gli ricadevano sul viso come una cascata d'oro, gli occhi erano vitrei e chiusi e la bocca era semi aperta dalla quale sfuggivano sbuffi d'aria. Non sapevo dire se stesse veramente dormendo o meno.

Scaricai tutto il mio peso sul gomito e mi misi in posizione laterale, di fronte a lui. Passai una mano sui suoi capelli e li sistemai dietro l'orecchio, ma essi puntualmente mi sfuggivano ed ero costretta a ricominciare da capo. Sorrise, tenendo gli occhi sempre chiusi. Mi avvicinai sempre di più e gli diedi un bacio sulla fronte. Mi ero lavata i denti, ma Scott sapeva che detestavo l'alito di prima mattina. Cinse i miei fianchi e mi attirò sempre di più a sè.

«Buongiorno,» Mormorai guardandolo negli occhi.

«'Giorno.» Rispose lui. Con un gesto fulmineo si alzò e andò nel bagno attaccato alla mia camera, da dove uscì qualche minuto dopo.

Si buttò sul letto sopra di me e mi baciò ancora. «Cosa ho fatto di meraviglioso per avere te?»

«Che ho fatto di orribile per avere te

«Innanzitutto, hai abbandonato la mia Jeep.»

Risi nel ricordarlo. «È successo sedici anni fa! E per giunta, l'abbiamo pure recuperata al termine del viaggio.»

«Sì, ma la mia baby non è stata più la stessa. Poverina, è traumatizzata.»

Ridemmo sonoramente. Con amarezza i ricordi di quella settimana ritornarono a galla e con essi anche ciò che era successo dopo. Ricordai quello che vidi quando dissi a mio padre che ero incinta. Era come spezzato in due dalla notizia, ma contemporaneamente cercava di farsi forza e accettare la realtà. In quegli anni cercai piano piano di riconquistarmi la fiducia persa, anche se nel profondo credevo che tutt'ora non mi avesse ancora espiata.

Scott sembrò capire che qualcosa mi turbava, e decise di chiedermelo. Lo liquidai con un niente, ma lui non ci credeva ancora. Allora gli diedi un bacio appassionato e dimenticò tutto.

Dai miei capelli, la sua mano scese più in giù verso i fianchi, poi risalì da sotto la maglia del pigiama, fino a toccare le mie costole.

«Altolà, posa quella mano.» Dissi.

«Ma dai, per favore...» Il suo sguardo era quello di un cucciolo indifeso.

«No.»

Sul suo volto spuntò il solito sorrisetto malizioso. «Cinque minuti?»

«Scott, frena gli ormoni. Devo andare da Amanda Leithold a pranzo con mio padre.» Pronunciai quelle parole con noncuranza, sebbene provassi il contrario e dentro di me ero divorata dall'ansia. L'ultima volta che ero stata a casa della mia ex professoressa avevo mia figlia in braccio, piccolissima, e stavo per ritornare in quella casa fingendo che nulla fosse.

A dire la verità Amanda non aveva invitato proprio me, ma mio padre. All'inizio era mi parso strano, ma alla fine ero giunta alla conclusione che fosse lei la donna che usciva con papà.

«Amanda? La nostra professoressa? Quella che...» Lasciò che la frase si finisse da sola nelle nostre menti.

Annuii. «Sì, proprio lei.»

*

Papà premette il campanello con un tocco delicato e Amanda venne ad aprirci subito. Spalancò la porta e sorrise amabilmente a mio padre. Intuii che in loro c'era qualcosa oltre il semplice "usciamo insieme perché siamo vecchi e soli". Spostò il suo sguardo su di me e la sua bocca prese la forma perfetta di una O.

«Lydia!» Mi abbracciò, quasi stritolandomi. Quando l'abbraccio si sciolse Amanda mi guardò negli occhi, dove vidi del panico.

«Mamma, sono gli ospiti?» Una voce femminile nasale alle spalle della mia ex prof mi fece sobbalzare. Avevo già sentito quel timbro.

Da dietro Amanda fece capolino una faccia non del tutto nuova: Sheri, la ragazza che avevo incontrato al bar.

Fu come se i tasselli di un puzzle si fossero ricomposti. Spalancai gli occhi mentre sul viso della ragazza si formava un'espressione perplessa.

Amanda deglutì. «Lydia, Hugh, questa è mia figlia, Sheri.»

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