cap.17

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Dopo aver cercato insistentemente su internet gli orari dei pullman che mi avrebbero portata a destinazione, infilo le prime robe che mi trovo sotto gli occhi e sempre più convinta esco di casa.

Il freddo mi colpisce subito la testa come avrebbe fatto un pugile arrabbiato mentre il vento minaccia di spingermi all'angolo.

Ma sto facendo la cosa giusta, la cosa più intelligente, l'unica cosa possibile.

Mi stringo il più possibile nel cappotto e corro verso la fermata del pullman, così mi riscalderò.

Una volta arrivata mi siedo all'unica panchina presente nei paraggi e prego che l'autista si sbrighi ad arrivare.

Mentre aspetto non riesco a non pensare a quello che sto facendo e mi accorgo con stupore di non avere il minimo rimorso. È l'unico modo.

Ma ne vale la pena?

Ovvio. Mi rispondo.

Ma la vera domanda è: "cosa mi spinge a farlo?"

Da quando Riccardo è partito i miei pensieri sono stati fissi su di lui. Qualunque cosa io faccia mi ricorda lui e qualunque cosa io debba fare non riesco a farla senza di lui.

Cos'è? Una maledizione?

Non apro i libri di scuola da un'intera settimana, il progetto di storia non l'ho neanche cominciato e come se non bastasse, non ho neanche suonato.

È da quasi un mese che non proviamo con la band se si può ancora chiamare così.

Al suo ritorno Riccardo potrebbe voler continuare da solo e non lo biasimo, non siamo proprio il massimo come band, invece lui è bravissimo.

Un rumore alla mia destra mi fa sobbalzare.

Mi giro ma non vedo niente e il vento maschera qualsiasi altro piccolo eventuale rumore.

Il cuore comincia a battermi all'impazzata, ero così euforica che non avevo dato importanza all'orario.

Sono le 3 di notte e solo Dio sa che razza di gente c'è in giro.

Prima che potessi morire d'infarto il pullman che dovrei prendere mi si piazza d'avanti.

"Buonasera" dico entrando.

È così che si dice vero? "Buonanotte" dovrebbe essere un congedo non un saluto.

Non sono mai salita su un pullman di notte, il prof di italiano può anche perdonarmi questa volta.

Dopo aver obliterato il biglietto mi siedo al primo sedile, il pullman è completamente vuoto, potrei anche mettermi a ballare nel caso mi venisse sonno.

Solo dopo le 5 ore di pullman mi accorgo di aver saltato la lezione di danza e di essermi addormentata.

Svegliata da un fastidioso chiacchierio ricordo di essere partita per Roma qualche ora prima.

Il pullman da essere completamente vuoto ora è pieno di gente di tutte le età provenienti anche da paesi diversi, di sicuro non da Milano però.

Mi guardo un po' intorno ispezionando la gente e quando so di sembrare abbastanza sveglia chiedo alla signora seduta sul sedile accanto al mio dove ci troviamo.

"Mezz'ora da Roma"

"Di già? Ho dormito per tutto il viaggio, mi sembra di essere partita da Milano solo 5 minuti fa"

"Milano?" Chiede "Ma quanti anni hai?"

"Quasi 18"

"E sei venuta qui da Milano da sola? Funziona così al Nord? I genitori lasciano viaggiare i figli da soli per più di 5 ore lontani da casa?"

Amore || Riccardo MarcuzzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora