Cap.9

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Vedo le lancette dell'orologio muoversi.

Sto sentendo il loro fastidioso ticchettio da troppo tempo e sta diventando sempre più irritante, piove a dirotto e anche il bianco del soffitto comincia ad irritarmi, l'inverno è cominciato da poco ma fa già freddo, fuori è tutto grigio e il silenzio che mi circonda da ore è fastidioso.

Mi sto innervosendo.

Sta per diventare buio e i miei non sono ancora tornati a casa, la pioggia ha fatto scattare la corrente e per rimetterla bisogna uscire sotto l'acqua ghiacciata e rischiare di morire assiderati.

Non posso mettere a caricare il cellulare che sta per spegnersi e il computer è completamente scarico a causa del film che ho visto ieri sera.

Senza elettricità tutto sembra morto tranne quello stupido orologio che continua a girare.

Ormai in preda alla depressione, dopo aver divorato un pacco di grissini immersi nella nutella accompagnata dalla soave musica dell'orologio, provo a scendere dal letto, infilo le pantofole e vado di sotto.

Prima che faccia buio mi convinco ad infilare il giubbotto più pesante nelle vicinanze ed esco di casa per andare al contatore in pigiama e pantofole, fortunatamente ha smesso di piovere e sta diventando buio, quindi le possibilità di essere vista da qualcuno in questo stato, non sono poi tanto alte.

Arrivata al contatore però non ho la minima idea su cosa fare.

"Che palle" dico cominciando a spingere tutti i bottoni senza risolvere niente "che cazzo devo fare" dico, o forse grido.

Infatti subito qualcuno alle mie spalle mi risponde.

"Basta alzare quelle 3 levette in basso"

Salto per lo spavento e faccio 2 passi in dietro rischiando anche di perdere l'equilibrio.

Riesco a restare con i piedi per terra, ma lo sguardo del ragazzo è alquanto divertito...ovvio, ride di me.

"Grazie" sussurro dandogli di nuovo le spalle per evitare che noti le guance ormai rosse.

Stava cominciando a piovere più forte e la presenza di uno sconosciuto che mi fissa immobile, mi irrita ancora di più.

"Bel pigiama" perfetto, se ne è accorto

"Hm...sì" a quanto pare il cappuccio verde militare che gli copriva mezzo volto non gli annebbiava abbastanza la vista.

Era ancora lì con le mani in tasca a fissarmi una volta fatta tornare la corrente, sento il suo sguardo su di me anche se non lo sto guardando e la cosa diventa inquietante.

"Bene...allora vado" dico evitando di girarmi e farmi vedere in faccia, sarò sembrata strana, ma di sicuro lui che rimaneva immobile in mezzo alla strada e sotto la pioggia, non era da meno.

Almeno così se ci fossimo incontrati non ci saremmo riconosciuti.

Tiro un respiro di sollievo sentendo il rumore della porta alle mie spalle, è coperto dal suono continuo dell'allarme ma comunque percettibile.

Corro a spegnere l'allarme e mi lancio a peso morto sul letto.

Il ticchettio della pioggia sulla finestra è minimo, sta per smettere di piovere e proprio quando stavo per alzarmi sento il campanello suonare: i miei erano tornati.

Mi alzo sbuffando per scendere ancora le scale e andargli ad aprire.

Mi maledico mentalmente per non essermene stata ferma e non aver aspettato che arrivassero.

Mi sarei risparmiata la figura di merda e non mi sarei fatta la doccia con il pigiama.

"Ma che ti è successo?" Chiede mia madre vedendomi in queste condizioni, fortunatamente non sono truccata, sarei sembrata un pagliaccio.

"Pioveva, era scattata la corrente, l'orologio è fastidioso, mi stavo annoiando e voi non tornavate."

"Abbiamo incontrato degli amici e abbiamo perso di vista l'orologio"

"Cos'hai fatto?" Chiede invece mio padre entrando dopo la mamma

"Niente" nel vero senso della parola...

Lo vedo annuire e poi allontanarsi.

Ormai non so più cosa fare con lui, non so come comportarmi, so solo che è mio padre e forse vuole solo il mio bene.

Pensare a questa motivazione mi fa quasi tenerezza ma scaccio via il pensiero, vedremo a che punto arriverà.

Nonostante l'arrivo dei miei comunque le cose non cambiano di molto.

Noia.

Mi alzo svogliatamente dal letto sul quale mi ero rilanciata dopo la doccia, infilo le pantofole e esco dalla camera.

Arrivata alle scale mi fermo.

Mi giro e torno in camera, cosa avrei potuto fare una volta scesa? Niente.

A questo punto spero solo che la serata finisca il più presto possibile.

Mi stendo sul materasso dove ormai è incisa la mia forma e accendo la tv sperando di far passare il tempo.

Dopo un po' comincio a sentire un suono strano, molto simile ad un ronzio.

Mi alzo e giro più volte su me stessa non riuscendo a capire da dove provenga.

Diventa sempre più forte, sembra che si avvicini sempre di più.

Metto le mani alle orecchie quando il ronzio diventa insopportabile, mi nascondo sotto le coperte e solo quando riapro gli occhi mi accorgo del telefono che squilla.

Mi dovevo essere addormentata.

Do un respiro di sollievo restando ad occhi chiusi una volta che la stupida suoneria aveva smesso di suonare, ma subito sono costretta a prendere il cellulare per farla smettere il prima possibile.

"Pronto" dico senza guardare neanche il nome di chi chiamava.

"Mi hanno preso, Angelica mi hanno preso" sento urlare dall'altra parte.

Non mi ci vuole molto per capire di chi si tratta

"Riccardo non fare scherzi"

"Non sto scherzando cazzo, mi hanno preso" grida ancora di più costringendomi ad allontanare il telefono dall'orecchio

"Calmati" rido "che sarà mai"

"Vaffanculo" ride anche lui.

Già lo immagino a saltare per tutta la casa mentre mi parla.

"Te l'avevo detto" dico

"Con il tempo ho imparato a non fidarmi di te"

"Mi fa piacere" rido, almeno qualcosa di buono in questa giornata c'è stato...

SPAZIO AUTRICE

LO SO LO SO LO SO LO SO SCUSATEMI.
Non aggiorno da un'eternità, scusate ma ho avuto tanto da fare e poco tempo per tutto.
Penso che da ora ritornerò ad aggiornare quasi ogni giorno, salvo imprevisti hahaha.
So che potete perdonarmi, su su, coraggio.

Amore || Riccardo MarcuzzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora