Cap 8 - Preparativi e difficoltà

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Per quanto impegno Raven e Monthy ci avessero messo, non riuscirono a riparare la radio per poter trasmettere. Continuammo ad ascoltare i monologhi di Clarke senza poterle rispondere e questo era altamente frustrante, soprattutto per me.

I primi giorni quasi tutti si riunivano per il suo messaggio. Poi, lasciarono che fossi io l'unico a ricevere la comunicazione, visto che, tra l'altro, tutti i messaggi erano indirizzati a me, anche se a volte Clarke faceva parola degli altri. Ma ero io con il quale comunicava. A me che parlava. E questo mi faceva sentire ancora più impotente, anche se ne ero felice.

A volte si soffermava sui ricordi, come se volesse in qualche modo imprimerseli nella mente, ripetendoli ad alta voce. Altre volte mi descriveva minuziosamente quello che aveva fatto, le cose che riusciva a riparare, il tempo che cambiava, le piante che iniziavano a germogliare di nuovo.

Poi c'era Madie. Non avevo capito quanti anni avesse, ma di sicuro era ancora una bambina. So che le parlava di me e di tutti noi, ma non avevo mai sentito la sua voce. Un giorno disse che quel momento era solo per se stessa, perché Madie aveva lei, ma lei, non aveva nessuno.

Quel commento mi era rimasto impresso fortemente nei pensieri.

Clarke, non aveva mai detto molto di se', sia perché lei era fatta così, ma anche perché non avevamo mai davvero avuto il tempo per parlare. Mi stava comunicando più di se stessa in quei momenti, pur così lontani, che nel poco tempo che avevamo condiviso sulla terra. Avevo capito che era un appuntamento importante per lei. Io ero importante. Laggiù non aveva nessuno, ma quassù, aveva me.

Ero abbastanza intelligente da capire che avesse bisogno di farlo per mantenere un legame con qualcuno e, certamente, io ero quello che le era più vicino, niente di più.

Tre settimane dopo il primo messaggio la navicella era già ad un buon punto.

Ci occupavamo del rifornimento del carburante per la correzione delle orbite, prima della caduta libera e dei supporti vitali. Stavo personalmente controllando cosa avrebbe potuto servirci dell'arca da portare sulla terra; il posto nella capsula era poco ma, dai discorsi di Clarke avevamo capito che la vita non era comunque semplice neppure laggiù. Mi sforzavo di selezionare le cose essenziali, cosa che destava diverse discussioni fra di noi. C'era chi riteneva che fosse più importante portare via un discreto numero di armi e chi non approvava l'idea e avrebbe preferito materiale medico e tecnico. Dovevamo fare delle scelte e, come sempre, me ne assunsi il compito, dopo aver ascoltato tutti.

Mancava comunque la cosa essenziale per partire: i piani di rientro.

La soluzione venne a due mesi dal messaggio di Clarke e festeggiammo con una cena meno razionata, convinti che a breve non avremmo più avuto bisogno di alghe e acqua riciclata.

Eravamo euforici e allegri, ben disposti a parlare e a stare insieme.

"Non vedo l'ora di bere acqua vera...", commentò Murphy, guardando fisso il bicchiere con il liquido trasparente più volte riciclato.

I'm Bellamy BlakeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora