Cap 11 - Clarke

223 20 2
                                    

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Mi alzai di scatto, consapevole di essere sola.

"Madi? Madi dove sei?".

Nella grotta solo silenzio. Il pagliericcio accanto a me era freddo, come avevo fatto a non accorgermi che era uscita?

Raggiunsi l'ingresso della grotta e mi guardai intorno. Niente. Cominciai a preoccuparmi.

Dopo che avevamo visto la nave scendere, cercavo i posti migliori dove poterci nascondere e tenere sotto controllo la situazione. Madi lo sapeva. Era pericoloso uscire da soli.

Udii un fruscio da sotto il pendio roccioso. Mi nascosi dietro uno sperone di roccia. I passi erano leggeri, poi finalmente uscì allo scoperto una figurina sottile.

"Madi! Quante volte ti ho detto di non andartene da sola senza avvertirmi!", gridai, tirandola verso l'interno della grotta.

Fece un mezzo sorriso, poi tirò fuori la sacca dell'acqua.

"Ci mancava questa", disse porgendomela.

"Non devi farmi preoccupare così. C'è gente là fuori e non sappiamo chi siano e cosa vogliano. Per favore ..non farlo più".

"Ok ... scusa", disse sedendosi a gambe incrociate.

Sedetti anch'io, tirando fuori dallo zaino del pesce essiccato e qualche erba aromatica. Mangiammo in silenzio. Fuori, solo il rumore del vento.

"Usciremo da qui?".

"Quando sarà il momento", risposi senza pensarci troppo. Non sapevo bene cosa fare.

"E quando sarà?"

"Non lo so".

Dalla nave avevo visto uscire un gruppo di uomini armati, forse una ventina, ma altrettanti dovevano essere rimasti a bordo. Perlustravano la foresta palmo a palmo e mi chiedevo per quanto ancora potessimo nasconderci.

"Ma cosa vogliono da noi quelle persone?"

Alzai la testa e allungai la mano per farle una carezza sulla guancia arrossata dal sole.

"Non so neppure questo, ma di sicuro non sembrano amichevoli".

"Sono i mostri che mi dicevi?"

"Non gli stessi. Questi vengono dallo spazio".

"Come te. E come Bellamy".

"Già. Ma adesso viviamo qua".

Mi misi in piedi. Presi il fucile con il mirino e mi appostai all'ingresso della grotta per osservare. Da lì si poteva vedere la nave, era lontana non più di un chilometro, adagiata su una distesa di terra bruciata, quasi al confine della zona verde. Noi invece ci trovavamo su un'altura, in una cavità ben nascosta, con una doppia entrata che era facile tenere sotto controllo. Ma non ero tranquilla e non sapevo come fare per avere informazioni. Ero sola. Sola con una bambina. E per la prima volta dopo sei anni mi trovavo a dover affrontare un pericolo sconosciuto.

"Se ci fosse Bellamy potrebbe aiutarci".

La guardai. Madi non era estranea a queste uscite. Forse le avevo parlato un po' troppo di Bellamy che era diventato ai suoi occhi come l'eroe di ogni guerra.

"O forse sarebbe nei guai anche lui. Meglio così", risposi scherzando, ma dentro di me desideravo con tutta me stessa che fosse lì e che ci fossero tutti.

"Non parliamo con l'arca oggi?".

"No, è troppo pericoloso".

"I mostri potrebbero sentirci, vero?"

Sospirai. Il tono in cui l'aveva detto non mi piaceva. Aveva paura.

Posai il fucile a terra e mi inginocchiai davanti a lei.

"Ascoltami, non permetterò a nessuno di farti del male ok? Non succederà niente. Non so chi sia questa gente e se siano o meno dei mostri, ma fino a che non lo scoprirò noi resteremo qui", le dissi e l'abbracciai forte.

Aveva un profumo buonissimo e mi ci persi.

Quando la stringevo a me provavo una sensazione di pace così grande che aveva un eco profondo nella mia anima. All'inizio non capivo cosa fosse, poi avevo cominciato a comprendere e tutto era stato più chiaro. Man mano che tutto il dolore e le sofferenze e le atrocità che avevo commesso si allontanavano nel tempo e diventavano un ricordo, cominciavano a tornare a galla le sensazioni belle, quelle che avevo scordato, quelle che non volevo vivere, né provare.

Avevo vissuto quel primo anno sulla terra quasi sdoppiata da me stessa: ero io ma non ero io e la parte nuova di me mi piaceva solo in parte. In quegli anni di solitudine invece avevo compreso molte cose, gli sbagli, le conquiste, i sentimenti. Abbracciare Madi era la stessa sensazione che provavo quando mio padre mi abbracciava. Gli appartenevo e ne ero felice. Mi amava e mi sentivo libera. Avevo capito che non era questione di sangue ma di legame. Un profondo legame che ti lega a qualcuno e ti fa sentire al posto giusto.

Quanto poco avevo sperimentato questa sensazione di benessere e di pace. Anche per colpa mia. Nei lunghi giorni dell'inverno radioattivo, in cui non potevamo far altro che restare al chiuso per proteggerci dal freddo, la mia mente aveva vagato ovunque: era salita al cielo, cercando di immaginare i miei amici nello spazio, sotto terra, dove mia madre e gli altri cercavano di sopravvivere e soprattutto avevo percorso le vie della mia anima. Ne avevo vista tutta l'oscurità, la rabbia, il dolore delle perdite, il peso della solitudine ma anche il perché di certe scelte sbagliate, giuste, dettate dalla fretta o dalla paura o dal bisogno di non essere sola. Avevo molto sbagliato, ma non c'era modo di rimediare agli errori fatti. La presenza di Madi mi aiutò a perdonarmi e ad andare avanti.

Nei miei viaggi con la mente ripensavo ad ogni persona che avevo perduto, ad ogni parola che avevo detto, ad ogni abbraccio che avevo scambiato. E una cosa si era chiarita in me. C'era un'unica persona, i cui abbracci mi facevano lo stesso meraviglioso effetto. Un'unica persona. Una persona di cui avevo un disperato bisogno.

"Bellamy!".

Il grido di Madi mi riscosse dai pensieri. Era vicina a me e guardava il cielo, indicando con un dito una scia che l'attraversava. Ebbi un brivido e lo stomaco si contrasse: era una nave che scendeva, ma non riuscivo a vederla bene. E se fossero stati davvero loro?

"Sono loro Clarke?"

Mi sporsi per vedere meglio, ma la scia spariva dietro le montagne.

"Non lo so tesoro", risposi, con il cuore in subbuglio. "Ma lo spero tanto".

I'm Bellamy BlakeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora