Capitolo 1

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"Signorina Viola, per favore! Scenda giù o si farà male sul serio!”

“Ma non dire schiocchezze! Che vuoi che mi succeda?”

“Non sarà una sciochezza se lo viene a sapere suo padre!”

“Certo! Come no! Come se gli importasse di quello che faccio o meno!” Disse la ragazza mettendo il broncio, sedendosi comoda sul ramo.

“Ma signorina! Non si faccia pregare! Per cortesia!”

“No! No e ancora no!” Ripetè voltandosi dall’altra parte. “Puoi dirmelo quante volte vuoi ma io non mi muovo di qui finché non mi lasci in pace!”

“Ma non posso lasciarla da sola qui!” Implorò il maggiordomo.

                La ragazza non gli rispose. Niente che il maggiordomo potesse dire le avrebbe fatto cambiare idea. Era arci-stanca di tutto quanto. Gli mandò uno sguardo d’irritazione quando egli decise di sedersi sotto l’albero ad aspettarla. Ma non gliela avebbe lasciata vinta per niente al mondo!

Dopo circa un’ora, Viola, con un sorriso sulla bocca, scese con destrezza dall’albero senza far rumore. Il maggiordomo s’era appisolato mentre aspettava che ella si decidesse a scendere. D’altronde non aveva tutti i torti. Si stava così bene nell’ombra di quell’albero! Quando s’era allontanata abbastanza, si mise a correre. Quanto le piaceva correre tra gli alberi! Libera come una farfalla! Amava perdersi tra i boschi che circondavano l’ampia propietà appartenente alla sua famiglia. Finalmente raggiunse il ruscello che cercava e lo seguì finché arrivò al meleto che sapeva si trovasse là. Alzando lo sguardo riuscì a scorgere una bella mela rossa. Proprio in quell’istante, il suo stomaco fece sentire la sua voce. Guardandosi attorno per accertarsi che nessuno l’avesse vista o avesse sentito il suo stomaco, s’avvicinò all’albero e s’arrampicò tra i rami.

Sarebbe stato un gioco da ragazzi per lei arrampicarsi fino alla cima per prendere la mela. D’altronde, aveva passato la maggior parte della sua infanzia tra i rami degli alberi. Allungando la mano, cercò di raggiungere la mela. Era più in alto di quanto sembrasse.

“Mannagia!” Esalò sottovoce, maledicendo la sua sorte d’esser solo cresciuta ad avere la misera altezza di 150 centimetri. “Solo un altro po’…”

“Cosa…?” Incominciò a dire una voce sorpresa da sotto l’albero non appena Viola riuscì ad afferrare la mela.

                Allarmata, Viola si voltò di colpo per vedere a chi apartenesse la voce. Riuscì a vedere solo la folta capigliatura marrone prima che il ramo sotto ai suoi piedi si spezzasse. Tentò in vano ad aggrapparsi ad un altro ramo. Non riuscendoci, si preparò all’impatto col suolo, che però non arrivò. Sorpresa, apri gli occhi. Si ritrovò a guardare negli occhi marroni dello straniero che la teneva in braccio. Arrossendo per l’imbarazzo, dirisse lo sguardo verso la mela che tenne ancora in mano.

“Mettimi giù!” Disse Viola furiosa d’essersi messa in ridicolo cadendo dall’albero.

Lui l’appoggio per terra. Appena i suoi piedi toccarono il suolo, Viola si ritirò di qualche passo.

“Chi sei?” Disse col tono ostile. “Cosa stai facendo qui? Non sai che è vietato l’accesso agli stranieri?”

                Ma non gli diede nemmeno il tempo d’aprir bocca.

“Vattene via! O ti faccio cacciare subito!” Grido tirandogli la mela contro in irritazione.

                Non si fermò nemmeno a vedere se la sua mira avesse fatto centro perché sì voltò, mettendosi a correre verso la capanna del gardiniere. La raggiunse in poco più di tre minuti. Aprì la porta senza bussare. Non serviva bussare! Il giardiniere la trattava come se fosse la sua nipotina e adorava quando venisse a visitarlo.

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