42. LA FINE DI UNA STORIA

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È fine gennaio, sono i giorni della merla e fa tanto freddo.
Una leggenda narra che tanto tempo fa tutti i merli erano bianco latte. Un giorno, un piccolo merlo tutto infreddolito per le basse temperature, cercò riparo in un camino di una casa di campagna. Quando uscì, le sue piume non erano più bianche, ma tutte nere, tinte dalla fuliggine.

Le strade sono ghiacciate, dal cielo svolazza una dolce polverina bianca, sembra neve, ma è solo brina. Brilla e luccica quando tocca il suolo, rende tutto un po' magico.

Sono le otto di sera, tra un po' mi devo preparare per uscire con Carletto, Daniela e Fabio.

Riccardo mi ha scritto un messaggio pomeriggio dicendomi che oggi era impegnato, e di non chiamarlo per non disturbarlo. Questo è molto strano, non è da lui, ma in questo ultimo periodo tutto è possibile. Ci vediamo pochissimo. Ci sentiamo di rado. Sappiamo solo che le nostre vite sono sul filo del rasoio. Non abbiamo più niente in comune, non c'è più nulla che unisce i nostri cuori. Ma cos'ho fatto? Che persona orrenda sono diventata? Una parte di me sa che avrò sempre bisogno di lui, del suo appoggio, della sua mano, della sua spalla, ma non come fidanzato, bensì solo come amico.

Mattia, stranamente era senza Antonia, e mi ha telefonato. Siamo stati al telefono un bel po', gli ho raccontato delle mie serate in discoteca, vantandomi (ma poi di cosa? Di essere sempre ubriaca da far schifo per non pensare a lui?); ho cercato di fargli intendere che sto benissimo, anche se in realtà dentro mi sto logorando piano piano. Mi racconta che tra lui e Antonia le cose vanno bene; io, nel frattempo,noto che la nostra passione sembra svanire come il fumo di un camino. Non parla di noi, o forse sono io che non glielo permetto per non ascoltare la verità. Mi confessa che si è licenziato, non se la sentiva più di lavorare nella vecchia ditta a causa di alcuni malesseri che ha avuto. Non oso indagare di più, non posso svelare che conosco il suo stato di salute. Mi dice che per un po' non cercherà lavoro, lo capisco, ha bisogno di tempo per immagazzinare gli avvenimenti gelidi dell'anno precedente. Appoggio la sua scelta e lo conforto. Avrei voluto dirgli "Matty io sono qui, ora corro da te a consolare i tuoi dolori" ma mi trattengo. Al telefono continuo a dimostrarmi allegra, per fortuna non può vedere il mio volto che si riga di lacrime. È sempre più difficile capire che me lo sto lasciando scappare, giorno dopo giorno, un piccolo pezzettino svanisce, si allontana da me per sempre.

Amare è diventato sinonimo di soffrire. Questo amore, nato all'improvviso come un fulmine, mi sta distruggendo minuto dopo minuto, ora dopo ora.
È da tanto che Mattia e io non usciamo insieme, mi mancano le sue labbra, i suoi baci, quel senso di sicurezza che solo lui sa trasmettermi.

Ogni sera prima di dormire prendo delle pillole tranquillizzanti per non avere incubi e riuscire a fare sonni sereni. Ultimamente è diventato difficile fare nottate intere di sonno. Spesso mi sveglio di soprassalto, urlando e piangendo. Al mattino invece prendo delle gocce omeopatiche per evitare di incombere in attacchi di panico improvvisi.
Mia mamma, preoccupata, mi ha portato dal medico, non avevo neanche la forza di andarci da sola. La diagnosi sostiene che sto entrando in una forte crisi depressiva. Ho subito un lungo interrogatorio dei miei genitori: "cosa c'è che non va? Hai tutto e guarda come ti sei ridotta! Tu sicuramente ti droghi! Ecco perché torni tardi di notte! Ti prostituisci! " più che aiutarmi, mi fanno venire voglia di farla finita, tante volte vorrei prendere un laccio, metterlo al collo e addormentarmi per sempre, altre, quando sono meno depressa vorrei scappare via di qui, non farmi trovare più da nessuno e ricominciare una nuova vita. Ma possibile che non hanno mai un minimo di tatto nei miei confronti? Ricordo che anni fa avevo un diario segreto, non tanto per scrivere quello che facevo, ma per dare libero sfogo ai miei sentimenti. Mi era stato consigliato dalla psicologa della scuola quando, a quindici anni, entrai nel tunnel dell'alcool e della droga, dopo aver perso la verginità con il ragazzo sbagliato. Mia madre e mio padre avevano il brutto vizio di curiosare tutto ciò che avevo in camera. Mio padre lo vide, lesse tutto il diario, cercò anche quelli vecchi e insultandomi, ritenendoli sciocchezze, li ha bruciati nel camino, mentre io piangevo come una disperata davanti ai suoi occhi. Mi presi uno schiaffo, mi lasciò le cinque dita. Tante cose erano sogni e speranze, sono sempre stata una triste sognatrice ma i miei genitori mi hanno sempre detto "cosa sogni a fare? La vita è fatta di cose materiali...smettila con queste stronzate delle favole cresci un po'..."
Io non li ho mai ascoltati, e tutt'ora credo nel lieto fine, per ognuno di noi c'è una favola scritta tra le stelle. Bisogna solo avere il coraggio di attendere e lottare, quello che io sto perdendo.

Quanto ti ho sentito mio...Per tutto il tempo [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora