「Capitolo 1°」

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20 Agosto


Il suo sguardo era fisso su di me.
Dio, era così lontano. Così irraggiungibile, così perso dopo ciò che gli avevo fatto. Il dolore che provavo era nauseante, aveva lo stesso effetto di una tossina letale in circolo nel sangue, la stessa potenza di un acido corrosivo sulla pelle viva.


Ma ciò che il suo sguardo trasmetteva era mille volte peggio e ciò che provavo io non sarebbe mai riuscito a reggere il confronto con le parole lacerate e distrutte che mi gridavano i suoi occhi.

«Mi hai tradito.»

Ecco quanto. Una semplice frase in grado di spazzare via il mio intero castello di convinzioni e forza d'animo, soltanto tre parole per stradicare prepotentemente dal mio petto quella poca fermezza che ero riuscita a trovare e che mi impediva di scoppiare in lacrime.

Sentivo la mia pusillanimità aleggiare attorno a me come un demone maligno, annusavo l'aria e odoravo il puzzo acre e plumbeo della vergogna misto alla disperazione.

Aveva ragione. Lo avevo tradito.

Avevo tradito le sue labbra piene e rosee che mi avevano salvata dalla tristezza, le sue braccia forti che sempre mi avevano stretta e mi avevano fatto da armatura, il suo sorriso che aveva illuminato i miei giorni più bui come un faro nella notte.

Avevo tradito la sua pelle che si rivestiva di brividi ogni volta che gli sfioravo il collo, i suoi occhi che mi proteggevano ovunque andassi, il suo profumo che era diventato il mio.

Ma, soprattutto, avevo tradito il suo modo di ragionare che riusciva sempre a lasciarmi sorpresa, i suoi comportamenti impulsivi ma calcolati che gli permettevano di riuscire in qualsiasi cosa, la sua immensa passione per la musica.

Essere tradito era l'unica cosa che non si meritava.

La frustrazione per le mie azioni mi stava dilaniando, era come se il mio petto fosse stato squarciato dalla lama del suo sguardo.

Avevo così tante cose da dirgli. Mi sarei voluta scusare. Avrei fatto di tutto purché lui mi perdonasse, mi sarei gettata ai suoi piedi implorandolo di provarci. Ma, per quanto qualcuno si potesse sforzare e impegnare nel tentativo, dimenticare era impossibile.


I ricordi si potevano affievolire fino a diventare un'immagine sbiadita di ciò che erano. Potevano divenire tanto sottili e diafani che il solo sfiorarli li avrebbe distrutti. Potevano macchiarsi, essere infettati dal tempo e perdere parte del loro significato, però non avrebbero mai abbandonato una persona. Si sarebbero affollati in un angolo remoto e oscuro della sua mente ed avrebbero aspettato il momento giusto per tornare lo scoperto. E, con loro, tutte le emozioni e le sensazioni provate.


Io non volevo che lui soffrisse, ma ero stata egoista. E l'egoismo era il primo tra le sciagure che colpivano gli esseri umani con la loro potenza distruttiva e lacerante. Era quello il mio errore: essere un'umana.


Avevo ceduto ai corteggiamenti di un ragazzo comune, di qualcuno che non avrebbe mai retto il confronto con ciò che già possedevo. Avevo ceduto alla pressione schiacciante del bisogno fisico come un'ape cedeva al fiore carnivoro che la avrebbe uccisa pochi istanti più tardi.

ʳᵒᵗᵗᵉⁿ - ᵖᶜʸDove le storie prendono vita. Scoprilo ora