「Capitolo 17°」

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17 Ottobre

Le sue parole mi feriscono a tal punto che faccio ciò che avrei dovuto fare quel dannato giorno di agosto in cui lui è uscito definitivamente dalla mia vita. Mi alzo in piedi e muovo qualche passo deciso verso di lui, non voglio che ci sia troppa distanza tra noi. Mi tremano le gambe, ma non importa. Ho le lacrime agli occhi, ma non importa. Ho la voce spezzata, ma non importa. Ho davanti a me l'unica persona che io abbia mai amato con tutta me stessa. Questo è ciò che importa. E il fatto che stia riuscendo a trovare il coraggio per parlargli gli dimostra che sono cambiata. E lo dimostra a me stessa. Incollo ermeticamente il mio sguardo al suo, e questa volta il buio torbido dei suoi occhi non mi spaventa.

«Tu sei stato tutto. Io ti ho dato ogni cosa, non mi sono mai tirata indietro davanti a te. Eri diventato ciò di cui avevo bisogno, la cura ad ogni mio male, la droga peggiore che avessi mai provato. Ed io ero dipendente da te sotto ogni singolo punto di vista. Mi hai insegnato a vedere il bello delle cose anche nelle situazioni peggiori, ad essere piú tollerante con me stessa, a vivere nel modo corretto. Mi hai trovata che ero sull'orlo della distruzione, e mi hai salvata. Ti sei preso cura di me con pazienza, diligenza e attenzione, come se fossi stata l'unica cosa importante. Mi hai vista crollare, piangere, disperarmi, annaspare alla ricerca d'aria. Hai visto il mio viso arrossato dal pianto, gli occhi carichi di lacrime, le guance solcate dalle loro scie. Hai visto lo stato in cui mi ero ridotta, hai avuto modo di venire a conoscenza con il mio dolore e hai deciso di rimanere. Non hai avuto paura, non ti sei tirato indietro davanti alla mia anima marciscente. So che ti sembrano frasi di circostanza, ma sono cosa che io penso veramente» abbozzo l'inizio di un sorriso e tento di riprendere fiato, cercando tregua dalle lacrime che mi stanno investendo con lo stesso impeto di un torrente in piena.

«Dio, me lo ricordo ancora come se fosse ieri. Ero lì, rannicchiata a braccia conserte su quella panchina dipinta di un verde corroso dal tempo. E aspettavo. Non so cosa stessi aspettando, non so per quale motivo avessi deciso di fermarmi ad attendere qualcosa. Mi dava fastidio essere in quella situazione, non avevo mai avuto bisogno di nessuno. Quando hai appoggiato la mano sulla mia schiena mossa dai singhiozzi, in quel momento ho capito cosa stavo aspettando. Te. E quando hai iniziato a parlare con quella tua voce bassa e calda, giuro che ti avrei ascoltato per ore e ore. Ed è quello che ho fatto; tu sei rimasto su quella panchina con me per una notte intera. Pendevo dalle tue labbra, non so con quale potere fossi in grado di farmi stare meglio con una semplice frase, un gesto, uno sguardo, un...» devo fermarmi di nuovo, la mia voce si spezza e l'aria lascia afona le mie labbra. I miei polmoni si lamentano per l'assenza di ossigeno, ma le loro grida non sono niente in confronto a quelle del mio corpo, che si ostina a volere quel ragazzo accanto. Lui, però, rimane distante. Le braccia incrociate al petto, le spalle chiuse, le labbra dritte. Persino la sua postura mi fa capire che non mi ha ancora perdonata.

«Merda, mi sento così patetica. Sono nella nostra vecchia casa a farti una scenata su neanche io so cosa» mi passo una mano in fronte, i capelli mi ricadono sul viso come se avessero pietà di me e mi volessero nascondere. «Il punto è che avevo davvero pensato che tu fossi ciò di cui non mi sarei mai stancata, di cui non avrei mai avuto abbastanza. Credevo che tu non saresti mai potuto andare via. E quel bacio che mi hai dato, quel bacio fulmineo mi ha fatto esplorare l'universo mentre i tuoi pollici mi asciugavano le lacrime mi ha fatto sentire bene. Ero così felice e così inconsapevole di esserlo, in quel momento. Se ci ripenso ora, mi rendo conto che da quel giorno in poi non ho fatto altro che assaporare la felicità grazie a te. È stato un tripudio di istanti indimenticabili passati con una persona indimenticabile, un trionfo di luce che ha spazzato via il buio dalla mia vita e mi ha aiutata a capire che cosa fare della mia esistenza. E ora che non ci sei, non so più cosa fare. Sono completamente persa, non so da dove iniziare per vivere di nuovo»

Basta. Non riesco a parlare oltre, non riesco a mettermi ancora più a nudo di così. Il mio corpo si rifiuta di combattere e mi lascio cadere sul divano, le mani a coprirmi il viso come a proteggermi da un mondo che non sono più capace di leggere. Come se fossi una bambina, se io non riesco a vedere il ragazzo causa di così tanto male, neanche lui può vedere me. Sento le sue dita dinoccolate sfiorare i miei polsi e afferrarmi prima di tirarmi verso l'alto. E io, soggiogata da quel tocco tanto inebriante da risultare profano, mi lascio circondare dalle sue braccia. Mi pare di essere tornata ad agosto. Mi pare di avere ancora quei vestiti addosso, di essere in una delle strade secondarie del quartiere, di averlo ancora tutto per me. L'unica differenza è che quel giorno non ho aperto bocca per dirgli ciò che provo per lui. E pensare che se solo avessi detto una parola non lo avrei perso mi fa sentire una tale stupida, vorrei solo prendermi a schiaffi. Affondo il viso nel suo petto, ascolto il suo respiro velocizzato, seguo con il mio cuore il ritmo del suo che batte, annuso a fondo il suo profumo che ogni giorno si è confuso con l'aria che respiravo.

«Ti amo così tanto, Chanyeol» mormoro a mezza voce, lasciando il mio corpo inerme stretto dal suo. «Il tuo pensiero mi logora dentro, il tuo ricordo mi avvelena, mi sento come se ci fosse un pezzo mancante nella mia vita. Ho bisogno di te»
Sento un fremito percorrere le sue braccia. «Per quanto possa fingere che non sia così, le immagini di te e di noi che mi passano per la mente mi uccidono ogni giorno di più, non sono più in grado di fingere che tutto ciò che provo per te si sia esaurito. È come una brace, un tizzone che non arde più come avvolto dalla fiamma viva ma che si ostina ad esistere nonostante venga privato dell'ossigeno che gli serve per sorpavvivere. È come un albero in inverno, che sembra morire e si mostra nella propria intimità perché privato della chioma estiva ma che continua a vivere seppur la sua vita venga ridotta al minimo. No, non penso sarò mai in grado di dimenticarti. Non riuscirò mai a trovare qualcuno che sia alla tua altezza. Non amerò mai nessuno tanto quanto amo te»

Le sue braccia si ritraggono come serpenti ben ammaestrati e le sue mani risalgono la mia schiena fino ad appoggiarsi con delicatezza ai lati del mio viso. Le sue dita si incastrano perfettamente negli incavi tra la nuca e il mio collo, il suo corpo ricorda ancora come comportarsi con il mio. Un brivido mi percorre la spina dorsale e vorrei chiudere gli occhi per ricordarmi questo momento, ma non posso perdere il contatto visivo con il suo sguardo denso così vicino al mio. Se solo si abbassasse di qualche centimetro, potrei finalmente ritrovare le sue labbra. Non chiedo tanto. Solo un bacio, ti prego. Ne ho disperatamente bisogno.

«È meglio che tu vada, inizia a fare buio fuori e non voglio che giri da sola di sera» quando sento la sua voce, le sue parole mi colpiscono come una mazzata in testa, confondendomi. Come? Cosa significa? È tutto qui quello che ha da dire? Non sono riuscita a muovergli nessuna emozione? Ho dato tutto di me, ho detto tutto. Non è sufficiente? L'ho ferito a tal punto che non riesce più ad aprirsi con me? Dio, che cosa ho combinato?

«Accompagnami tu a casa» mormoro a mezza voce, trattenendo una nuova orda di lacrime dall'invadere il mio viso. Cerco di nascondere la frustrazione, mancava davvero poco per ottenere una goccia di anestetizzante perfetto per il mio dolore. Lui non me lo ha concesso, e forse me lo merito. Dopo tutto, l'ho tradito. Ma mi sono anche esposta come non avevo fatto in tutta la mia vita pur di riaverlo indietro. Non sono più abbastanza?

«Non penso sia il caso» la sua risposta asciutta mi spiega ogni cosa. No, non sono piú abbastanza. Con il cuore che implode e la testa che pesa quanto mille macigni, annuisco. Ha ragione. Che senso ha spendersi per una persona con la quale non sei più legata? È ovvio, non è sicuramente più il caso. Nonostante il suo distaccato rigetto, però, mi rifiuto di pensare che non mi ami. Se lui era preso quanto me - come sembrava -, è impossibile che gli sia già passata. Anche se è uscito con una modella, io sono stata molto di piú di qualche appuntamento e un bel corpo.

«Ciao, allora» la sua frase è un cordiale modo per invitarmi ad uscire, ma io reagisco nello stesso modo in cui mi sarei comportata se mi avesse urlato contro e mi avesse spinta via. Esco di casa velocemente, mentre il dolore si accanisce su di me dopo che quei pochi minuti di protezione lo hanno tenuto alla larga, dandogli il tempo di rigenerarsi. Rincorrere il passato nella speranza che tornasse ad essere il presente non mi ha fatto bene.

ʳᵒᵗᵗᵉⁿ - ᵖᶜʸDove le storie prendono vita. Scoprilo ora