「Capitolo 21°」

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31 Ottobre

Mi stringo meglio tra le coperte del divano e alzo il volume del televisore. Come ogni Halloween che si rispetti, il tempo mette i brividi e una vera e propria tempesta si sta abbattendo con violenza su Seoul, facendo gemere gli infissi delle case e sradicando gli alberi a decoro dei viali. Un po' mi pento di non aver accettato nessuna delle proposte che mi hanno fatto per questa sera, rimanere a casa da sola con questo tempo mi inquieta abbastanza e, di sicuro, se fossi stata con i miei amici non mi sarei sentita tanto vulnerabile. Sooyun, Haneul e Junmyeon mi avevano proposto di andare alla fiera appena fuori città, ma credo che si siano rifugiati in qualche locale a bere del soju cercando di scaldarsi. Sehun mi aveva chiesto di andare con lui ad una festa a Gangnam, ma sono ancora stanca dal viaggio di ritorno da Jeju di ieri e ho bisogno di rimanere un po' lontana da lui per capire come comportarmi con il mio ex ragazzo per fare in modo che non riesca più a colpirmi alla sprovvista e farmi ancora del male. Persino Jongdae mi aveva chiesto se volevo andare alla serata tra colleghi di lavoro, ma sono ancora piuttosto nuova e non credo di stare simpatica ad alcune delle commesse che lavorano nel reparto donna. Mio fratello Minwoo è andato con mia madre in ospedale a fare da intrattenitore per i bambini in clinica e mio padre è a lavoro. Perciò eccomi qua, sola in una casa dove dovrebbero vivere cinque persone con il terrore che qualcuno possa aggredirmi da un momento all'altro e una brutta sensazione alla bocca dello stomaco. Neanche i drama riescono ad attirare la mia attenzione e a farmi stare meglio.

Poi, proprio mentre un fulmine illumina per qualche istante l'interno di casa, sento qualcuno suonare il campanello. Il cuore mi schizza immediatamente in gola e tenta in modo disperato di scappare dal mio corpo così come io vorrei scappare in camera mia, ma devo vedere di chi si tratta. Corro fino alla porta di ingresso e guardo dallo spioncino. La lente è martoriata dalle gocce di pioggia e non riesco a vedere bene chi ci sia fuori da casa mia, ma poi vedo il ragazzo passarsi una mano ai lati del viso da sotto il giubbotto antipioggia in un gesto che può appartenere solo ad una persona. Ora il mio cuore non lo sento proprio più, forse è riuscito a liberarsi o forse è impietrito dallo stupore. Apro la porta quel po' che basta per accertarmi che sia veramente lui, e quando lo vedo guardarmi con un'espressione indecifrabile decido che non posso lasciarlo fuori in mezzo alla tempesta.

«Ciao,» dico, spostandomi dall'uscio per fargli spazio, «se vuoi puoi entrare»
Lui sbarra gli occhi, probabilmente non si aspettava che io lo lasciassi passare dopo le parole che ha usato contro di me solo due settimane fa. Rimane fermo sulla soglia e si sporge appena con il busto per sbirciare dentro casa.

«Sei sola?» domanda, con un tono non ben definito, quasi contrariato e sollevato al tempo stesso. Annuisco e indico idealmente con il pollice la cucina alle mie spalle. «Vuoi della cioccolata calda?»

Vedo il suo corpo muoversi verso il salotto, ma all'ultimo ci ripensa e si ritrare come se si fosse bruciato. Alza le braccia in alto prima di passarsi una mano sul viso visibilmente stanco e corrucciato. «No, è meglio che me ne vada. Fai finta di non avermi visto, non sarei neanche dovuto venire qui» dice, voltandosi per andare via. Il mio corpo reagisce seguendo un istinto primordiale e io impedisco alla mia razionalità di ostacolare ciò che il mio cervello mi dice di fare. Cerco di afferrare il polso del ragazzo, ma il cappotto antipioggia è scivoloso e la mia presa non è abbastanza salda per fermarlo. Lo vedo percorrere i gradini del portico e decido di seguirlo, le gocce di pioggia si abbattono sulla mia pelle come proiettili e il vento si diverte a torturare il mio corpo con le sue raffiche gelide. Fatico a tenere gli occhi aperti e il freddo si è già preso per sé le dita delle mie mani. «Chanyeol, aspetta!» grido, per quanto la mia voce possa essere sentita prima di essere spazzata via. Forse il vento prova pena per me e permette alle mie parole di arrivare alle orecchie del ragazzo, che si gira e spalanca gli occhi quando mi vede andargli incontro.

«Entra in casa, ti prenderai una polmonite se rimani qui!» sbraita, afferrandomi per le braccia e spingendomi all'indietro per farmi tornare in casa. Mi divincolo dalla sua presa gridandogli una negazione in pieno viso, ma lui avvolge le braccia attorno alla mia vita mi solleva di peso, caricandomi in spalla e tornando verso il portico. Io gli tempesto la schiena di graffi e pugni mentre non riesco a trattenere le lacrime, o forse sono le gocce di pioggia che si spacciano per tali. Non lo so, so solo che voglio che questa situazione finisca. Quando torno con i piedi a terra, sono nel salotto di casa mia e lui è davanti a me, il fiato corto e i capelli fradici. Ai nostri piedi si è già formata una piccola pozza di acqua piovana, ma questo è l'ultimo dei miei problemi. Il calore della stanza mi brucia la pelle, è come se nelle mie vene scorresse fuoco e non sangue. Do tempo al mio respiro di regolarizzarsi prima di parlare.

«Smettiamola con questa messa in scena, per favore. Sono stufa della tua ostinazione nel volermi odiare, nel tuo espormi a tutto ciò da cui, fino a due mesi fa, mi proteggevi» mi passo le mani tra i capelli bagnati e un rivolo di acqua scende dalle loro punte lungo la mia schiena, facendomi rimanere lucida. «Il mio comportamento nei tuoi confronti è stato il più ignobile e schifoso, ti ho fatto l'unica cosa al mondo in grado di farti soffrire. Lo so, so l'entità del mio sbaglio, e so anche quanto male ti ho fatto con quel gesto. E ti giuro che mi dispiace, ogni giorno che passa mi pento delle mie azioni e del modo in cui ti ho mentito. Quindi, dato che non l'ho mai fatto prima, voglio chiederti scusa per averti tradito, per come ti ho fatto passare agli occhi degli altri, per come tu ti sia sentito, per qualsiasi cosa io debba scusarmi. Mi sono comportata da stupida, non mi sono accontentata del tempo che passavamo insieme e delle attenzioni che tu mi davi, e ne ho cercate altrove. Però mi sono resa conto che altri possono darmi persino il mondo, ma nessuno sarà capace di farmi provare ciò che mi provochi tu con un semplice tocco» alzo una mano di fronte a lui per evitare che ribatta, lo vedo mordersi le labbra come ad impedire alle parole di lasciarle prima del tempo. Vuole ascoltare ciò che ho da dire. Ha tutto il diritto di guardarmi mentre mi metto in mostra per ciò che sono veramente. Una traditrice.

«Non so se mi hai già perdonata, se stai prendendo in considerazione l'idea di farlo o se hai già deciso di buttarmi via, ma io sono ancora innamorata di te. Può esserci un altro ragazzo, altri due, cento o mille, ma nessuno riesce a toglierti dalla mia testa. Sei un chiodo fisso, un pensiero ricorrente che condiziona la mia intera vita. E so che anche tu provi ancora qualcosa, altrimenti non saresti qui ad ascoltarmi e non avresti osservato con tanta attenzione quella foto fino a scoprire il riflesso di Sehun, né saresti venuto fino a casa mia con una tempesta così violenta» mi avvicino a lui di due passi e allungo le mani verso le sue con lentezza. So che si potrebbe allontanare, se facessi un movimento troppo brusco. Le nostre dita si sfiorano, la poca sensibilità dovuta al freddo non impedisce al mio corpo di reagire a questo tocco avvicinandosi ancora di più a lui.

«Ti prego, Chanyeol» sussurro piano, la voce incrinata fino quasi a spezzarsi. Passo una mano tra i suoi capelli bagnati e lui chiude gli occhi, lasciandosi sfuggire un sospiro breve e caldo come se avesse atteso quel gesto per giorni, come se ritrovare il mio corpo fosse un sollievo dopo mesi di agonia. «Smettila di starmi lontano e di comportarti come se fossi tornata ad essere una persona qualsiasi» in un gesto estremo, cerco le sue labbra con le mie, ma lui se ne accorge e si ritrae rapidamente, appoggiando le mani sulle mie spalle e spingendomi indietro per mettere maggiore distanza tra noi. Questo suo gesto disintegra definitivamente quel poco che era rimasto intatto del mio cuore, facendomi barcollare.

«Non bastano delle scuse per risistemare tutto» dice duramente, lasciando la presa sulle mie spalle e incrociando le braccia al petto per non toccarmi di nuovo. «Non posso baciarti se ancora fatico a stare nella stessa stanza in cui ci sei tu per più di dieci minuti. Sei sempre stata brava ad usare le parole e io mi sono sempre accontentato di esse, ma dopo quello che hai fatto non sono più abbastanza. Hai bruciato le tue carte»

Ahi. Questo fa male. Lo guardo uscire dalla stanza con movimenti meccanici, le impronte delle sue scarpe bagnate solo l'unica prova che testimonia la sua presenza qui e che mi conferma che non si tratta di un sogno. Non riesco a muovermi, non riesco a respirare, non riesco a pensare. Non riesco a fare altro che non sia rimanere in piedi, ferma, sentendo ancora le sue dita a contatto con le mie e i suoi capelli sotto al mio palmo, il rumore pesante del suo respiro che cadenza il mio. Dio, ho bisogno di lui. Ho capito ancora meglio di prima che non voglio più starne senza.

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