Capitolo 6

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Anna'Pov.

Che cosa è appena successo?

Jace è uscito da quella porta infuriato come non mai ma proprio non riesco a capire: un attimo prima stavamo scherzando e quello dopo il vuoto.

Per la prima volta abbiamo avuto una conversazione normale, anche stupida, ma non è questo che fanno due ragazzi in gita? Si comportano da stupidi per divertirsi.

Qualcosa lo ha fatto scattare.

Sento bussare alla porta.

Che sia di nuovo Jace?

Poi la voce di Toby risponde alla mia domanda "Piccoletta! Sei sveglia?"

Ok, Anna. Lascia fuori Jace e concentrati su Toby.

Faccio un profondo respiro e vado ad aprire la porta.

"Buongiorno anche a te!" Gli getto le braccia al collo cercando di non mostrarmi turbata.

Ecco di cosa ho bisogno. Del mio migliore amico barra ragazzo dei miei sogni che mi stringa a se.

"Non hai sentito la sirena?" Mi domanda spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Come potrei non aver sentito quel suono infernale?

"Stavo giusto andando." Dico una mezza verità.

"Vieni?" Toby attende sulla porta con un'espressione interrogativa. Lo guardo meglio: indossa un paio di pantaloni corti fino al ginocchio e una T-shirt a tinta unita nera. Sta proprio bene. Come sempre.

Sta aspettando una tua risposta! Mi ricorda la mia vocina interiore.

"Ehm... dove?" Di cosa stavamo parlando?

"Mi hai ascoltato?" Scuote la testa sorridendo.

"Andiamo a fare colazione." Non attende una mia risposta, si limita a prendermi la mano e trascinarmi fuori.

Dopo aver camminato per circa un minuto è Toby a spezzare il silenzio.

"Bello qui vero?" Annuisco non sapendo cos'altro dire.

Mi guardo intorno costatando di persona quanto sia vero: questo posto è magnifico! Le casette in legno una dietro l'altra, i campi ancora vuoti e le enormi querce danno l'impressione di essere in un vero campeggio immerso nella natura. L'unica pecca sono gli edifici in mattone che ricordano di vivere nel 2017.

"Cavolo, oggi abbiamo lingue straniere!" La mia media è del sette, certo non perfetta, ma non è poi così male. Il mio unico problema, oltre alla matematica (per quella non basterebbe una vita intera per comprenderla) sono le lingue.

Io resto ferma dell'idea che se si vuole imparare una lingua straniera bisognerebbe andare all'estero dove sei costretto a sentirla h24.

"Hai Jace." Lo dice come se fosse la soluzione a tutti i miei problemi.

"E allora?"

Lui scuote la testa divertito.

"Ho capito che a malapena ti rendi conto che esiste ma non puoi esserti accorta che ha origini americane." Lo so che esiste vorrei urlargli ma questo non farebbe altro che confonderlo. Insomma, lo guardo male ad ogni occasione e non faccio niente per nasconderlo!

"Ripeto, e allora?"

"Jace + corso di lingua = ottimi voti." Ci manca solo che mi faccia un disegnino.

"E poi è molto bravo anche in tedesco." Continua ad elogiare l'amico.

Io continuo a guardarlo con un gran punto interrogativo.

"E allora con lui non hai nulla di cui preoccuparti!" Sbotta alla fine alzando la voce.

Di solito Toby è un ragazzo pacato. L'unica volta che ha rischiato di perdere la pazienza è stato durante una partita di basket.

Ma cosa gli prende?

Dall'espressione che assume capisco di non essere l'unica sorpresa dal suo piccolo scatto d'ira. 

Faccio finta di niente.

"E tu pensi che mi aiuterà?" Dopo il modo in cui se ne è andato prima, aggiungo mentalmente.

"Perché non dovrebbe scusa?" Basta! Sono quasi due giorni che non faccio altro che parlare di Jace o con Jace.

Le mie compagne di stanza sanno solo dire quanto è figo e chiedermi il suo numero di telefono; Toby lo considera un dio delle lingue. Basta!

Finalmente arriviamo in mensa e lasciamo entrambi cadere l'argomento.

È una grande struttura di un piano con enormi vetrate. Dalle finestre si intravedo un gran numero di lunghe tavolate.

Toby apre la porta e si fa da parte per farmi passare; perlomeno non ha perso la sua gentilezza. Devo essere sincera: non mi piace il modo in cui mi si è rivolto. È anche vero, però, che può capitare a tutti un momento no, quindi cerco di non darci molto peso.

Dopo aver riempito i vassoi che abbiamo preso all'ingresso iniziamo a cercare i nostri amici.

"Sono tutti là." Mi indica un tavolo al centro della sala.

Gli sorrido e lo prendo per mano.

"Allora andiamo." Devo ricordarmi che questa è la gita che cambierà tutto. Voglio confessargli i miei sentimenti non farlo arrabbiare con me.

Mentre ci avviciniamo al tavolo noto che Jace non c'è; aveva detto che sarebbe andato a fare colazione. I miei occhi non possono fare a meno di cercarlo con scarsi risultati.

Mi maledico mentalmente per l'ennesima attenzione che gli sto dedicando.

Mi siedo vicino ad Angela e Toby accanto a me.

"Buongiorno." Mi sorride allegramente.

"Come va?"

"Bene, a te?"

Attende qualche secondo per rispondere.

"Bene." Dice alla fine. La sua sicurezza è quanto quella di un paracadutiste che si sta per buttare da 500 metri di altezza senza paracadute.

Ignoro il suo strano comportamento; non appena riuscirò a stare da sola con lei cercherò di scoprire qualcosa.

"Oggi abbiamo proprio fame!" Mi prende in giro Toby guardando i due muffin e la fetta di torta al cioccolato.

"C'erano tanti dolci e mi sembrava uno spreco lasciarli soli e soletti." Cerco di giustificarmi ma la verità è che non c'è niente di più bello che poter mangiare zucchero.

L'idea che Toby ha di me di un'ingorda non mi disturba come con Jace.

Forse non voglio che mi consideri un maiale (non importa se lo sono). La verità è quando Jace ha fatto quell'insinuazione sul fatto che a me piacesse mangiare mi sono imbarazzata e ancora non riesco a farmene una ragione.

Stai pensando al bel americano. Di nuovo. La mia coscienza ha scelto il momento meno opportuno per farsi viva.

Ma ha ragione!

Smettila Anna!

Accidenti, che mi sta succedendo?

"Comunque sono troppi, quindi me ne prendo uno io." Allunga una mano e afferra uno dei miei muffin alla vaniglia.

"Va bene ma solo perché sei tu." Gli concedo a malincuore.

"E cosa sono io?" Domanda lui con la bocca piena.

Ho capito Toby; non stai cercando di fare colpo su di me. So che i ragazzi non prestano molta attenzione alle buone maniere ma questo è un po' troppo.

Cerco di non scoraggiarmi e ricordo a me stessa i propositi prestabiliti per questi sette giorni.

"La mia roccia." Rispondo sincera.

Il sorriso che mi rivolge mi fa capire di aver fatto centro.

La sola idea che Toby possa scomparire dalla mia vita mi provoca un brivido lungo la schiena.

No. Non posso assolutamente perdere Toby.

È solo questione di cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora