Capitolo 2

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» Capitolo 2

Il suono delle voci che si mischiavano e arrivavano come un mormorio, distraevano la mente di Sam. Dopo l'arrivo dei due ragazzi, Magnus l'aveva praticamente reclusa in camera, come una di quelle bambine che venivano mandate a giocare con le bambole quando si parlava di cose da “grandi”.  Prima di andare via i suoi occhi si erano posati su i due ragazzi, c'era qualcosa in loro che l'affascinava, forse la loro postura, o i segni che percorrevano a tratti la loro pelle. Erano vestiti di nero e la loro vita era avvolta in una cintura, dalla quale pendevano vari manici e pugnali. Magnus non le aveva nemmeno dato il tempo di poter formulare qualche domanda ai due, su cosa potessero essere quei tatuaggi che tanto l'affascinavano o il perché quei ragazzi fossero armati fino alla punta dei capelli. Sembravano due guerrieri.

Scrollò le spalle, si sentiva stanca, come un uccello in gabbia. Aveva passato gran parte della sua breve vita rinchiusa nelle mura di quel cottage, i Reyes non le avevano mai permesso di allontanarsi più del dovuto, era stata cresciuta sotto una campana di vetro e ora voleva scoprire il mondo.

Sam sollevò gli occhi verso la finestra, la vista di New York si estendeva sotto il suo sguardo e nel vederla quasi le si mozzava il fiato. I grattacieli risaltavano come stelle sul cielo grigio della metropoli, mentre in lontananza il ponte di Brooklyn dominava la parte del fiume più vicina, non riusciva a non osservarlo, totalmente affascinata.

Basta, pensò.

Senza soffermarsi a pensarci più di tanto si sollevò da quel letto e mosse alcuni passi verso la porta della propria camera, che spalancò senza fare troppe cerimonie. Le voci che avevano riempito quelle stanze fino a poco prima sembravano essere svanite nel nulla e mentre si dirigeva verso la cucina schiuse la bocca per la meraviglia quando costatò che la stanza era vuota. Non c'erano tracce di Magnus e nemmeno dei due ragazzi. In quel posto echeggiava il silenzio.

Un pensiero entrò nella sua testa così velocemente che non riuscì a scacciarlo via. Era consapevole di conoscere poco e niente quella città, ma vivere rinchiusa in quel posto come una suora di clausura non le avrebbe reso la cosa più piacevole, voleva uscire e esplorare quel posto, voleva imparare a conoscerlo. Si rese conto però di non avere nemmeno un soldo con se e che comunque le sarebbero stati utili, le bastava anche qualche spicciolo per pagarsi l'autobus.

Lasciò vagare lo sguardo lungo le parati, su una di esse era posto un mobile alto pieno di libri e cassetti, con un buco nel mezzo dove era incastonato un televisore al plasma. Sam non ne aveva mai viste di così grandi. Da qualche parte doveva pur esserci qualche banconota. Si avvicinò ad uno dei cassetti e con un movimento veloce lo aprì, frugando in esso con la punta delle dita. Niente. Tentò di non scoraggiarsi e passò al secondo, vuoto anche quello. Poi al terzo e finalmente al quarto. Un sorriso le si formò sulle labbra quando le dita incontrarono la particolare carta su cui erano stampati i soldi e la strinse vittoriosa tra le mani.

La distese con attenzione e il già ampio sorriso si allargò ancora di più quando costatò che era una banconota da cinquanta dollari. Erano parecchi soldi, lo sapeva, ma potevano tornare utile in quel momento, non che fosse sua abitudine frugare nelle case degli altri e rubare soldi, ma se voleva uscire per esplorare un po' ne aveva bisogno.  In più era a corto di vestiti e dai passanti che aveva intravisto del tutto coperti da strati di capotti poteva capire che il clima non era dei più ospitali.

§

Dopo aver deposto con attenzione la banconota in una tasca interna dei pantaloni e coperto le proprie spalle con un cardigan che aveva trovato appeso all'appendiabiti, uscì furtivamente dall'abitazione. Intorno al collo si era legata una sciarpa color cobalto che aveva scovata sull'ingresso della casa, sin dal primo contatto con il tessuto l'aveva trovata estremamente morbida e calda, e, non resistendo l'aveva presa.

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