Capitolo 6.

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» Capitolo 6

-Non crederai seriamente alla storia di quei due?!- Esclamò Will premendo entrambe le mani sulla grande scrivania di legno posta al centro del soggiorno.

Charlotte lo osservò per alcuni istanti, per poi incrociare entrambe le mani in grembo sollevando lo sguardo verso il ragazzo. –Ovvio che no.- disse con tranquillità. –Ma mi è stato richiesto di dare rifugio ai due ragazzi. – disse con il suo tono pacato ma allo stesso tempo autoritario.

-Non capisco.- Borbottò l’altro confuso passandosi una mano tra i capelli scuri. – Chi è stato a richiedertelo?-

Dopo alcuni istanti di esitazione, Charlotte schiuse le labbra. - Magnus Bane.-

-Per quale assurdo motivo Magnus Bane vorrebbe che noi proteggessimo quei due?-

-Will, il ragazzo ha sangue di Nephilim, quindi in qualsiasi caso è nostro dovere accoglierlo, mentre...-

-La ragazza è una mondana!- Will puntò lo sguardo negli occhi di Charlotte. –Non possiamo ospitare una mondana nel nostro istituto.-

- Faremo un’eccezione. –Tagliò corto la donna. – E non torneremo sull’argomento.-

-Perché sei ostinata ad aiutarli?- Chiese Will, puntando su di lei il suo sguardo indagatore.

-Magnus Bane ha sempre aiutato il nostro istituto. Te in prima persona. Ed è il momento di rendergli il favore. –Disse lasciando intendere dal suo tono che non avrebbe aggiunto altro, mentre si chinava sulla scrivania prendendo alcune lettere tra le mani.

Will la osservò per alcuni istanti, serrando la mascella, e poi uscì dalla sala.

 §

Nonostante le luci del mattino avessero riempito la stanza, Sam era ancora profondamente addormentata. La stanchezza del giorno precedente l’era piombata addosso, tirandola con sé in un sonno profondo e ristoratore. Il rumore di alcuni colpi contro la porta disturbarono quella quiete. Inizialmente la ragazza pensò di esserseli immaginati, ma notando l’insistenza fu costretta ad alzarsi.

Mentre si dirigeva alla porta, notò che Alec non era più accanto a lei, probabilmente si era già svegliato da qualche tempo. Quando aprì la porta, gli occhi di Sophie incontrarono i suoi assonati. La ragazza le rivolse un sorriso, tenendo in mano un lungo vestito.

-Buongiorno signorina, non volevo svegliarla, ma ho pensato che le sarebbe servito un aiuto a vestirsi.-

Sam annuì lentamente, ancora troppo assonata per realizzare una frase o un pensiero di senso compiuto, e si spostò dalla porta in modo da lasciar passare la ragazza.

Era consapevole che si ritrovava in un’epoca in cui le usanze era del tutto differenti. In un’altra situazione non avrebbe mai permesso a qualcuno di trattarla così, nella sua mente lei e Sophie erano sullo stesso piano, non c’era la distinzione tra servitore e “padrone”. Ma stava giocando un ruolo e quindi doveva adattarsi.

Sebbene fosse snella, l’abito era chiaramente disegnato per qualcuno con la vita più stretta, e Sophie dovette stringerle bene il corsetto per farglielo entrare.  Sam si sentiva soffocare, non capiva come le donne di quel tempo potessero tollerare quella specie di tortura, era come se una gabbia le stringesse contro il petto, impedendole di respirare.

Boccheggiò piano sentendo così la cameriera che ridacchiava piano. –Possiamo tentare di allargarlo leggermente. La signora Branwell disapprova i corpetti troppo stretti.- spiegò. –Dice che provocano mal di testa e debolezze.-

Sam annuì appena. –Concordo pienamente.- disse sinceramente, senza fiato.

Un sorriso si formò sulle labbra di Sophie, e Sam pensò a quanto comparisse bella nonostante la cicatrice che le marchiava il viso.

Shadowhunters - City of Ice. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora