Capitolo 20. (Epilogo)

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Nessuno sa in che modo la propria mente può reagire a una perdita. Nella maggior parte dei casi ci si lascia andare, sprofondando in quello che è un mare di lacrime, lasciando che il dolore prevalga su di noi. Che ci penetri dentro, arrivi ai nostri polmoni e ci impedisca di respirare, come un mattone. 
Ogni lacrima porta via un po’ di dolore, ma per quanto se ne va via, ne ritorna il doppio. 
Quando si perde qualcuno anche l’essere felice per un istante, dimenticare tutto, ci fa sentire colpevoli. Come possiamo ridere se la persona che provocava quelle risate ora è altrove?
Poi ci sono quelle persone che nascondono il proprio dolore dietro un muro, un forte muro di pietra che non crollerebbe nemmeno con il più pesante terremoto. Perdere qualcuno ci rende maledettamente vulnerabili, davanti alla morte l’uomo diventa il niente, e chi resta può solo piangere.
Ma persone come Sebastian come potrebbero reagire alla perdita? 
Era forse questa la domanda che si ponevano tutte le persone che lo avevano visto accasciarsi sul corpo inerte della persona che amava, vedendola scivolare via verso l’oblio. 
Anche la persona più potente non poteva nulla davanti alla morte.
Quel giorno non sembrava diverso da un altro. Ormai il tempo sembrava scorrere sempre nello stesso modo, gli stessi luoghi, lo stesso cielo, le stesse facce… Ma solo una cosa non sarebbe più stata la stessa. Solo una cosa Sebastian avrebbe cercato sempre nella folla. I suoi occhi. Quegli occhi. 
Ricordava ancora come lo avevano ipnotizzati, erano luminosi, vivaci…vivi. Ma ora quegli occhi non avrebbero brillato più e a lui restava solo il ricordo, un ricordo che il tempo avrebbe portato via. 
Avrebbe dimenticato il suono della sua voce? 
Il suo tocco sulla sua pelle? 
Il modo in cui si passava le dita tra i capelli quando s’innervosiva?
Avrebbe dimenticato ogni suo dettaglio? Il suo profumo? 
Ma c’era qualcosa in lui che non avrebbe mai dimenticato ogni suo singolo dettaglio, -dagli occhi da cerbiatta, al sorriso enigmatico- il suo cuore. 
Per quanto contaminato dal dolore e dalla perdizione, il cuore di Sebastian sarebbe sempre appartenuto a lei.
Si portò una mano al petto, come se avesse provato una fitta, ma lui lo sapeva. Sapeva che quel dolore non sarebbe mai passato. 
Finì di legarsi la cintura lungo i fianchi, sollevando lo sguardo in direzione del proprio riflesso nello specchio, i suoi occhi neri gli restituivano uno sguardo che non lasciava trapelare niente. Nessuna emozione, nessun accenno all’uragano che si stava scatenando dentro di lui, al vortice di emozioni che lo portavano a voler gridare fino a non avere più fiato, fin quando i polmoni non avrebbero arso. Lui voleva solo che lei non fosse morta. 
Il ricordo del suo corpo inerme contro il terreno gli tornò alla mente come un flash. Gli occhi di Sam che si chiudevano lentamente. 
Non sarebbe mai cresciuta, non avrebbe mai conosciuto la vera felicità. 
Il suo destino si era compiuto : ogni cosa rara e singolare, in questo mondo era destinata a perire. E Sam era morta per proteggere quel mondo. Per protegger lui, lei lo amava.
Ah, l’amore. Anche solo il verbo ‘amare’ era sempre apparso così strano per lui, non capiva perché le persone riuscivano a fare cose orribili in nome dell’amore. Lui non lo avrebbe mai fatto, lui avrebbe sempre messo davanti se stesso… Eppure, quando l’aveva conosciuta era come stesse nascendo per una seconda volta, era disposto a tutto per lei, avrebbe sacrificato se stesso pur di saperla viva. Ma lei sarebbe morta comunque, ogni cosa per lei era già stata scritta da così tanto. 

Sebastian tirò un lungo sospiro, per quanto non volesse farlo, doveva essere lì in quel giorno. Lei meritava tutto da lui, nonostante avesse ricevuto il niente. 
Mosse alcuni passi in direzione della porta, da quando era tornato nella casa costruita da suo padre, quel luogo sembrava ancora più vuoto. Il momento più brutto era stato incepparsi nei suoi vestiti sparsi per la stanza che aveva occupato, oppure vedere le lenzuola ancora scompigliate dalla prima volta che avevano fatto l’amore. Il suo profumo lo aveva invaso e Sebastian era stato lì, a respirarlo piano, fin quando non si erta abituato e quello sembrava essersi rarefatto. Tutto sembrava aver perso colore. 
Tracciò velocemente una runa con la punta dello stilo, nonostante con la testa non fosse lì, il suo corpo era come una macchina perfettamente addestrata che riusciva ad carburare nonostante il serbatoio fosse in riserva. 
Quando ebbe attraversato il varco nella parete i suoi piedi si scontrarono contro il terriccio duro, un forte odore di erba appena tagliata lo invase e il sole gli ferì gli occhi costringendolo a sollevare una mano per proteggersi da esso. Avvistò un gruppetto di persone in lontananza posizionanti vicino ad una pira ancora vuota, era veramente pronto a tutto quello? 
Non tornava ad Idris dal giorno in cui suo padre, e lui stesso, era morto e ora ritrovarsi in quel posto, o meglio, in quel cimitero era come uno schiaffo in pieno viso. Non ricordava nemmeno se avesse mai indossato quegli abiti bianchi, probabilmente no, ma per Sam lo avrebbe fatto. 
I suoi occhi neri risaltavano come due biglie tra il candore della sua pelle e i suoi capelli chiari, sembrava un angelo.Un angelo caduto. 
Sentì il peso degli occhi di tutti piombargli addosso non appena entrò nel loro campo visivo, ma a lui non importava nulla, per una volta avrebbe messo qualcuno davanti a se stesso e questo significava abbassare per un momento le proprie barriere. 
Erano tutti lì, sua madre, sua sorella, il vampiro che aveva detestato da morire, c’era anche lo stregone e i tre Lightwood. Come avrebbe voluto scorgere anche il suo sorriso tra quei volti. Oh, lo desiderava così ardentemente che gli faceva male. 
Sollevò una mano con la quale scostò alcune ciocche di capelli che il vento aveva portato sul suo viso, avvicinandosi lentamente ad una piccola bara bianca vicino alla quale era fermo uno dei Fratelli Silenti. Fratello Zachariah. 
Non disse una parola a nessuno, ma sollevò lo sguardo verso l’uomo incappucciato, chiedendogli in una preghiera muta di sollevare il coperchio di quella specie di scatoletta. Voleva vedere la sua Sam un’ultima volta. 
E l’uomo lo fece. Zachariah con un movimento leggero sollevò entrambe le mani tirando via il coperchio della bara che conteneva temporaneamente il corpo inerte di lei. Sebastian sapeva perfettamente che Sam non era una Shadowhunters, ma avevano deciso di darle gli stessi onori per poi usare le sue ceneri per trarre protezione. 
Sebastian avrebbe voluto urlare a tutti di stare lontani e non di azzardarsi nemmeno a tentare di deturpare il viso di lei con le fiamme, però lo sapeva, sapeva Sam avrebbe voluto questo. 
Quando i suoi occhi si posarono sul suo viso, un groppo gli salì alla gola. Sembrava che dormisse, la sua bocca era piegata come in un sorriso e il viso completamente rilassato la faceva sembrare ancora più piccola. Le lunghe ciglia creavano delle ombre sulle guance, sembrava viva, come se da un momento all’altro si sarebbe svegliata mostrando uno dei suoi tanti poteri. Aveva salvato loro non riuscendo a salvare se stessa.
Sollevò una mano con la quale accarezzò la sua pelle fredda, per poi chinarsi leggermente con il busto portando le labbra alla sua fronte, sulla quale stampò un bacio leggero per poi arrivare alle sue labbra che toccò per l’ultima volta. 
-Ti amo. - Sussurrò. –Grazie per essere stata la linfa vitale di un cuore morto. Grazie per avermi amato. - 
Strinse gli occhi per alcuni istanti e poi si sollevò, seguendo con lo sguardo ogni movimento di Fratello Zachariah che si chinava per prenderla tra le braccia in modo da poter mettere il suo corpo sulla pira. 
Quando il fuoco fu accesso Sebastian sentì che era troppo, troppo per lui, non poteva vederla bruciare, le persone come lui meritavano quella fine, non lei. 
Si sentì avvolgere da un alone di panico, il cuore sembrava battere così forte da uscire dal petto, quel corpo era l’unica cosa che ancora lo legava a lei, lui non era pronto a lasciarla andare via.
Ma poi sentì come un peso sulla spalla, qualcuno aveva appoggiato la propria mano su di essa, era un tocco delicato. Dopo alcuni istanti il tocco si spostò percorendo le sue braccia fino a raggiungere la sua mano e intrecciare così le loro dita. 
Era un tocco così familiare che dovette chiudere gli occhi ma quando si voltò al suo fianco non c’era nessuno. Eppure lui l’aveva sentito. 
Fu allora capì. 
Lei sarebbe sempre stata con lui. 
Lei era lì con lui in quel momento, Sebastian lo sapeva, e stringendo con forza le dita immergendo le unghie nel palmo della mano, lasciò che il suo corpo diventasse cenere con una nuova consapevolezza. 
Lei non l’avrebbe abbandonato mai.

Shadowhunters - City of Ice. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora