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«Buongiorno, Damien» mi saluta Rochelle trafficando con i fornelli mentre Jason è accanto a lei e tiene un braccio attorno alla sua vita.
Sorrido posando la borsa accanto alla tavola, indeciso se scappare il più velocemente possibile ed evitare ogni contatto con loro o restare per il bene comune.
Ci sto mettendo ogni fibra di me stesso per farmi andare a genio questa situazione, lo giuro. È trascorsa una settimana nella quale ho alternato il "fratello felice" al "ragazzo che sorride sempre", prendendomi di rimando anche qualche occhiataccia da parte di Amelia.

Sono stanco.

Non è che Rochelle non sia piacevole, tutto il contrario: è colta, conosce molti argomenti, a modo suo è simpatica e si vede il suo folle amore per Jason.
La sua unica pecca è quella di volermi conoscere.
Diamine, sembra un ragionamento contorto e chiunque non vedrebbe in questo un errore da parte sua.

Chiunque, tranne me.

Ho impiegato tre lunghi anni per aprirmi con Daniel, il solo che mi sia stato accanto fino a comprendermi veramente. Cosa posso pretendere da soli sette giorni? Un tempo incomparabile.

«Hai dormito bene?» mi domanda Jason senza staccare l'attenzione dalla sua fidanzata.

No, ok, la colpa del mio malcontento non è solo di Rochelle, devo ammetterlo; mio fratello è diventato stranamente appiccicoso.
Lo capisco, questa novità è grande persino per lui. Dopotutto ci siamo alienati per troppo e le nostre insicurezze sono cresciute a dismisura, un po' come un impasto per la pizza.
Corrugo la fronte e, tra me e me, alzo gli occhi al cielo.
Il mio ultimo pensiero elaborato arriva da parte di un'altra persona che ha pensato bene, nell'attuale trambusto, di attaccarmi da un nuovo fronte: Amelia.
Ha sentito il desiderio di insegnarmi l'arte del cucinare e questo ha comportato il dovere imparare le basi, le ricette, gli strumenti, gli elettrodomestici e, ultimo ma non meno importante, il saper fare la spesa, dove, quando e perché.

Diavolo, sono io a vedere tutto gigante, o sono loro ad avermi preso come un pupazzo da strapazzare?

«Sì, grazie, ho dormito bene» rispondo, sedendomi di peso alla disperata ricerca di un sostegno, come se avessi appena tagliato il traguardo di una corsa infinita.

«Sai, fratellino... qualche giorno fa mi è venuta in mente un'idea un po' insolita» inizia a dire Jason chinandosi in avanti in modo cospiratorio.
Quel piccolo indizio mi mette in allerta, eppure non lo do a vedere.
Lui ne ha di idee strampalate, non sarà nulla di preoccupante.

«Ah sì?» chiedo restando sul vago, giocando con il fazzoletto accanto alla mia tazza vuota.
Era bello quando potevo ignorarlo e fingere che non esistesse.
Oddio, che pensiero terribile.
Sono un fratello orrendo.

Annuisce. «Io... mi sono domandato il motivo per cui non abbiamo mai conosciuto i nonni» esordisce un pelo incerto. Mi rizzo sulla sedia e sento d'improvviso scivolare via ogni mia stanchezza.
L'argomento mi interessa, mi interessa davvero.
Ho sempre sperato di conoscere il resto della nostra famiglia, ma la mamma era contraria e non ci permetteva neppure di parlarne se non volevamo incorrere in una severa punizione. Non so perché mostrasse così tanto astio nei loro confronti e, a pensarci bene, neppure mio padre li nominava mai.
Sembravano come scomparsi nel nulla, tanto che, diventato più grande, ho iniziato a domandarmi se fosse un modo per proteggerci dall'argomento legato alla morte.
Dopo le recenti scoperte, però, ho smesso di credere alla premura di mia madre verso i suoi figli, e ho iniziato a osservare il nostro rapporto con occhi diversi. Lo so, i suoi genitori tornarono in Francia e sarebbe stato difficile incontrarli, eppure sospetto fosse lei a rifiutarli per non farceli incontrare.

«E come facciamo a scoprirlo?» incalzo mio fratello ormai pieno di vita e curiosità.
Dovrò rivalutare la sua utilità, dopotutto.

«In realtà è bastato fare il terzo grado a Thomas, lo sai, sono piuttosto testardo quando mi ci metto» confida con un vago sorrisetto di vittoria.
Mi batte il cuore e per la prima volta vorrei trovarmi nella mente di mio fratello così da rivivere la chiacchierata con lo zio.
Non ci credo.
Tutte le domande degli anni passati troveranno risposta: come mai non sono venuti a trovarci, dopo la morte di papà? Perché non si sono presentati al funerale di loro figlio?
Delle immagini mi tornano alla mente con prepotenza, più che altro parole origliate dalla porta, e ne vengo assorbito completamente.

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