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Sbuffo per l'ennesima volta rigirandomi nel letto, le coperte si sono sgualcite per il mio torcermi continuo, sembrano aver creato una gabbia dentro cui non riesco più a muovermi.
Dannazione, Christopher russa come una locomotiva e Frederick gli va dietro a fare il coro.
Se avessi saputo che nella stanza non ci sarebbe stato soltanto uno a infastidirmi, ma due, mi sarei volentieri tenuto Freddie.

Beh, lui no, non esageriamo.

Preferirei ascoltare un'orchestra sinfonica composta da soli tamburi, piuttosto che passare un altro secondo con quel tipo.
Fisso il soffitto bianco rischiarato dalla luce della luna e sospiro forte, strizzo le palpebre e sogno di vedere la notte sostituita dal giorno, di evadere da questa gita soffocante e solcare i cieli per tornare alla sicurezza della mia stanza.

«Dami.»

Un sussurro talmente basso che quasi mi sembrava il fruscio di una coperta, ma quando volgo la testa verso destra e intravedo gli occhi chiari di Daniel su di me, capisco di non essermelo inventato.

«Non riesci a dormire?» mormora. Sta sorridendo, lo capisco dalla sua intonazione.

«Come potrei?» mi lamento girando anche il corpo dal suo lato. «E comunque, ho dormito molto di pomeriggio, in realtà non ne ho granché bisogno» aggiungo, giustificando così la mia insonnia.

Lo ascolto prendere fiato, poi se ne sta in silenzio per qualche istante, tira su con il naso e ingoia.
Cosa gli frullerà per la testa?
Quando fa così c'è qualcosa che non va, eppure combatte sempre per non esternare le sue preoccupazioni, per cuocere nel suo stesso brodo di indecisione piuttosto che dare il peso agli altri.

«Daniel, che ti turba?» mormoro avvicinandomi al bordo del letto per stargli più vicino e non disturbare, anche se dubito riuscirei a svegliare i due tromboni con il semplice suono delle parole.
Forse, neppure la minaccia di una bomba sarebbe in grado di tirarli su.

«Sono in pena per Roberta» rivela il mio amico con la voce carica di angoscia, il fiato entra ed esce addolorato.
Stringo le labbra e mi acciglio, sebbene lui non possa vedermi.
Mi dispiace così tanto, non deve essere facile abitare in una casa con il costante terrore che il padre possa alzare le mani su di loro: anime sventurate in una prigionia forzata.

«Ho paura che al bastardo venga in mente di prenderla lungo il tragitto per andare a scuola. Ho detto a Roby di restare a casa della vicina e di non uscire se non per lo stretto indispensabile, almeno durante questi giorni dove non ci sono io, ma è più testarda di me e sento che non mi darà ascolto. Questo peso non mi abbandona, pigia con forza e mi toglie il respiro» continua a dire, e i miei occhi ormai abituati alla penombra lo scorgono stringere l'orlo della maglia con energia.

Con quale coraggio riesco sempre a lamentarmi della mia situazione?
Daniel è messo di gran lunga peggio: lui è costretto a lottare contro i terribili problemi nella sua famiglia, tra alcolismo e violenza fisica e verbale, mentre io non faccio altro che blaterare e puntare il dito contro mio fratello e la sua presunta colpa di qualcosa di indefinito.
Un fratello perfetto, a dirla tutta.

Sono proprio un egoista.

«Vuoi prendere una boccata d'aria?» propongo mettendomi a sedere, liberandomi delle lenzuola in modo disordinato.

«Faranno dieci gradi sotto zero» ribatte con una punta di indecisione.

«Qualche minuto e rientriamo. Dai, che sarà mai» insisto ancora alzandomi, scoccando un'occhiata torva a un Rick che russa a bocca aperta.
Quanto vorrei infilargli un calzino arrotolato in gola e vederlo strozzare.
Sarebbe divertente per me; un po' meno per lui.

Daniel imita le mie mosse e trascina la coperta dal suo letto fino alla finestra che affaccia sul balcone, poi afferra i bordi di legno e io non mi metto in mezzo durante l'intera operazione per aprire le vetrate.
Non sono certo un tipo silenzioso, anzi, di solito colpisco ogni mobile presente nella stanza in cui mi trovo.
Invece lui, con una mossa degna del migliore dei ninja, lascia scivolare il vetro senza produrre nemmeno un cigolio, poi si volta con un ampio sorriso in attesa di un mio complimento.

Alzo gli occhi al cielo contrario ad alimentare il suo ego e lo sospingo all'esterno sentendolo ridacchiare.
Non appena metto un piede fuori, rabbrividisco.
In effetti fa freddo.
No, riformulo: freddissimo.

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