-53- Jessica.

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Una nuova giornata tutta da scoprire è appena iniziata, il sole brilla in cielo, pronto a fare da spettatore ai miei passi futuri.
Stiracchio le braccia mentre il profumo della colazione mi avvolge. Fisso il vassoio allineato perfettamente sul comodino, il calore della bevanda si solleva in piccoli sbuffi delicati.
Sorrido e mi tiro su a sedere. La mamma è la migliore e sa bene come viziare la sua bambina.

Afferro il cellulare e lo controllo, il dito fa su e giù in un moto continuo.
Foto da parte delle amiche; messaggi affettuosi; chiacchiere e gossip.
Scorro i numeri e ne rileggo uno in particolare, le cifre mi si presentano davanti con il solito muto silenzio.

Damien. Zero messaggi.

Sbuffo e lancio l'oggetto poco più in là, lo osservo atterrare sulla coperta e una parte di me si sente proprio come lui: impotente.
È tanto difficile scrivere ai parenti, far sentire la propria presenza anche solo con un semplice: ciao? Cosa è cambiato in mio cugino da renderlo un perfetto stronzo?
Trangugio in fretta la brioche con la marmellata e bevo a lunghi sorsi il cappuccino.

Sono passati giorni su giorni e non c'è stata nessuna notizia da parte sua.

Mi hanno sempre ricordato di stare calma, di avere pazienza, di non agire senza riflettere ma di seguire la ragione, ed è così che sto facendo.
Donnie si stiracchia sulle coperte, la coda ritta e la schiena ricurva. Si muove sinuoso e inizia a fare le fusa nel guardarmi, e io ricambio il suo amorevole affetto con un paio di schiocchi delle labbra per intimargli di avvicinarsi.
Lo coccolo, grattandogli dietro le orecchie e la testa, fino ad arrivare al suo punto preferito tra le scapole.
Un altro sospiro vola via dalla mia bocca e fisso un punto imprecisato della stanza.

Basta, è inutile rosolarmi la mente per altri giorni. I problemi non si risolveranno con le domande, ma vanno presi di petto.

Devo vedere Damien.

Mi alzo dal letto in tutta fretta, tanto che Donnie balza giù miagolando offeso. Mi scuserò con lui più tardi donandogli qualche premio sfizioso.
Indosso la salopette di jeans sopra una maglia a maniche lunghe, infilo le scarpe da ginnastica abbinate ai piedi e avvolgo la spalla con la tracolla della borsa.
Esco fuori dalla stanza convinta di avere un percorso preciso verso l'uscita, però mi scontro con il petto di mio padre, gemendo per la sorpresa.

Diamine, questa non ci voleva.

Se dovesse scoprire che sto andando da Damien inizierebbe con la carrellata dei: "Jessica, tuo cugino ha passato un brutto periodo, lascia che il tempo aggiusti il vostro rapporto" o, "Jessy cara, non avere fretta. Sarà stato impegnato e presto ti risponderà. Lo sai che la pazienza è una virtù meravigliosa."

Sembrano belle frasi.
Peccato che mio padre non ha visto ciò che ho visto io: Damien non aveva più nulla nei suoi bellissimi occhi un tempo caldi e amorevoli, nulla che lo riportasse al passato. Il ragazzino che si intrufolava nei cespugli con me, quello pronto a rassicurarmi prima della partenza dicendo che ci saremmo sentiti per sempre, è scomparso, trasformando il suo piccolo corpo da bambino in uno adulto e privo del solito calore emanato, in un pezzo di ghiaccio vivo.
Mio padre sorride, dandomi un buffetto su una guancia.

«Dove vai, Jessy?» domanda curioso.

Deve aver notato la mia fretta.
Stringo i denti e prendo coraggio. Mi sento male nel mentire a mio padre, lui si fida ciecamente di me, però devo.

«Volevo fare una bella passeggiata. Il sole è così caldo e piacevole» esclamo, enfatizzando le mie parole con un gesto plateale del braccio, indicando la finestra illuminata.
Lo vedo fare un'espressione convinta.

«Fai bene. Il sole è una grande fonte di vitamina D, e in più è gratis» commenta e mi strizza l'occhio.

Lui è fissato con le vitamine e tutto quello che ruota attorno all'argomento, su cosa prendere quando ci si sente stanchi, quando si hanno le gambe pesanti o c'è bisogno di un piccolo rinforzo.
Sorrido, annuendo partecipe.

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