Dopo Bari fu il turno di Messina e subito dopo quello di Roma. La Emerald non faceva che fermate di poche ore, dando agli ospiti la possibilità di mettere il naso fuori dalla nave giusto per il tempo di fare rifornimento. Troppo brevi le pause e troppi i passeggeri sempre a bordo per permettere allo staff di respirare l'aria della terraferma. Kim non aveva previsto che le sarebbe mancata così presto. Quando aveva aperto gli occhi, la seconda mattina, si era come sentita in una bara: la cabina era calda e stretta e le aveva fatto avere un mezzo attacco di claustrofobia. Se non fosse stato per Jozefien e le sue improvvise chiacchiere allegre nonostante l'orario improponibile della mattina, si sarebbe messa a urlare.
Febbre da cabina l'aveva chiamata la ragazza, quando aveva visto quanto Kim fosse pallida. Le aveva anche consigliato di non pensarci, perché altrimenti sarebbe divenuto un chiodo fisso e avrebbe avuto la sensazione di impazzire.
A Kim quelle parole avevano messo ansia e per tutti e due i giorni aveva cercato di concentrarsi sul lavoro. Fortunatamente gli italiani molesti della prima mattinata non si erano più presentati e lei aveva potuto svolgere le sue mansioni senza intoppi gravi, se non qualche dovuta ripetizione a passeggeri distratti che rischiavano di rompersi il collo praticando asana scorretti. Nulla di strano, in fondo. C'erano stati anche dei momenti divertenti, come quando Jo l'aveva convinta ad andare con lei al bar dell'equipaggio, un locale basso e illuminato da faretti azzurri e viola al ponte Zero, in cui si era concessa una Coca–Cola. Per un paio d'ore si era sentita leggera e serena. Non voleva ancora ammetterlo, ma Jozefien le faceva bene. Era quasi lusingata da tutte le attenzioni che le rivolgeva: da quanto aveva capito, Jo aveva un sacco di amici, eppure si prendeva cura di lei in modo impeccabile. Non aveva mai vissuto così a stretto contatto con qualcuno conosciuto da poco, ma si stupì quando disse a sé stessa che, in fondo, non sembrava essere così difficile.
Aveva anche rivisto le ballerine conosciute durante la sfilata e la signora indiana accompagnata dalla timida ragazzina orientale. Kim aveva indagato con Jo e aveva scoperto che aveva all'incirca diciannove anni e veniva dalla Thailandia. On, sì, era proprio questo il suo nome. Non le aveva mai rivolto la parola, ma non lo faceva praticamente con nessuno.
Pensava che tutte le conoscenze fatte fino a quel momento fossero apprezzabili, chi più chi meno. Erano stati tutti molto gentili con lei. Era uno dei pochi lati positivi in un lavoro che l'aveva delusa su quasi tutti gli altri fronti e che lo fece di nuovo quando, nella giornata di navigazione per raggiungere Palma di Maiorca, si ritrovò con l'ennesimo compito non previsto. Aveva già iniziato a fare sessioni di yoga pomeridiane ma, subito dopo la lezione, fu raggiunta da una comunicazione, un foglio stampato e firmato portato da un giovane cameriere colombiano. Byrd si era inventato un nuovo corso di respirazione per signore, che sarebbe iniziato da lì a trenta minuti al Lido di Titania. Kim sospirò, arresa: con la nave in mare aperto, il Lido sarebbe stato strapieno. Un luogo in cui difficilmente avrebbe potuto tenere una buona lezione, soprattutto di Pranayama.
Decise che in mezz'ora sarebbe riuscita a fare una capatina al bar per prendersi una bottiglietta d'acqua. Allo staff non era permesso acquistare prodotti dagli esercizi aperti per i passeggeri. Kim si diresse agli ascensori passando per il buffet, ma quando giunse davanti alle porte, si rese conto che non aveva alcuna voglia di soffocare all'interno di una di quelle cabine sempre profumate. Optò per le scale e iniziò a scendere i ponti dietro le quinte. Era arrivata a livello del secondo ponte, Austen, quando rischiò di essere investita.
Il ragazzino era stato troppo silenzioso mentre correva sugli scalini con la grazia di un furetto e quando Kim cominciò una nuova rampa andò a sbatterle contro senza accenno di frenata. Senza capire come, lei si ritrovò seduta dolorosamente su un gradino di metallo a sbalzo, mentre lui, il ragazzo, si aggrappava disperatamente al corrimano cercando di evitare, senza successo, la caduta di metà delle cose che aveva in mano. Quando il pesante rotolo di corda precipitò con un tonfo, Kim ebbe la prontezza di riflessi di afferrarne un capo prima che questa scivolasse via come un serpente negli spazi tra gli scalini.
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La nave dei sogni
General FictionPhan Kim non ha mai dimenticato la vacanza più bella di sempre, quando era bambina, su una delle navi da crociera della Crown Cruise. Per tutta la vita non ha fatto altro che sognarla e a quasi ventisei anni, dopo una sudata laurea in turismo, abban...