13: in cui forse ci stanno facendo uno scherzo di cattivo gusto. O forse no

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L'unica cosa che Kim riuscì a pensare quando udì il suono aspro della sveglia fu: Non è vero. È solo un incubo. Continua a dormire.

Non ci era andata tanto lontano, ma l'incubo avrebbe dovuto viverlo da sveglia, questa era la condizione. Quello era l'unico risultato che si poteva ottenere da un'intera nottata di bagordi: un mal di testa fortissimo accompagnato da un senso di depersonalizzazione, confusione e stanchezza estrema.

"Dovrò bere ben più di un caffè per diventare anche solo vagamente operativa" udì miagolare dal letto sopra il suo. Qualcosa nel tono di voce di Jozefien la costrinse in una risatina priva di divertimento, quanto mai esausta.

"Perché, hai davvero intenzione di essere operativa, oggi?" le domandò, tastando il muro oltre la tendina alla ricerca dell'interruttore della luce. Nella sua alcova non si respirava: Kim si rese conto di essere fradicia di sudore.

"Non ho voglia di ascoltare Sunday berciare".

"Spero che si strozzi con una brioche".

Fu il turno di Jo di ridere. Anche lei sembrava essere stanchissima.

"Dai, Kim. Prima ci alziamo, meglio sarà" affermò, dando il buon esempio e facendo cigolare il letto come un animale morente, come al solito. Kim serrò forte gli occhi e per un secondo si convinse di avere ancora qualche ora di sonno davanti. Trasalì violentemente quando Jozefien le scosse delicata una spalla, chiedendo: "Ma ti sei riaddormentata?".

"N-no, no..." scattò lei, che aveva ripreso sonno eccome. Questa volta seguì il consiglio dell'amica e si mise a sedere. La testa le pulsò così forte che dovette fermarsi per qualche istante, cercando di non urlare per il dolore.

"Oh, sì. Quella è proprio la faccia da post-serata" commentò Jo mentre, davanti al loro specchio, si legava i capelli in un codino sconnesso. "Fila in bagno, prima di riaddormentarti in piedi".

Kim ubbidì e scoprì nel giro di dieci minuti che una doccia ghiacciata avrebbe potuto rimettere in sesto anche un morto. Ne uscì con la pelle arrossata, gli occhi pieni di capillari rotti a causa di un incidente nefasto con lo shampoo e l'improvviso ricordo della giornata di lavoro sempre più vicina. Attese che Jo scomparisse oltre la porta del bagno e si avvicinò allo specchio, osservandosi con uno sguardo vagamente truce.

"Ancora quindici giorni" si disse a bassissima voce, sistemando la frangetta ancora bagnata con le dita. "Poi vediamo come va. Non sei sola. Non ci pensare".

Ma non era facile: per una sera si era concessa di dimenticare Byrd, ma non poteva nascondere a sé stessa che il problema era ben lungi dal risolversi. Non sarebbe cambiato nulla, semmai la situazione avrebbe continuato a peggiorare. Lui la odiava e lei non ci poteva fare nulla, perché si sarebbe gettata in mare piuttosto che accettare i suoi disgustosi tentativi di ricatto. Continuò a fissarsi persa in tristi pensieri fino a quando anche la figura di Jo non spuntò sulla superficie riflettente.

"Non hai ancora asciugato i capelli?" domandò sconcertata. "Dai, Kim! Datti una mossa! A colazione, dopo ogni festa, ci sono sempre le chiocciole alla cannella".

"Arrivo" mormorò lei, abbandonando a fatica lo specchio. Si sentiva strana, come se una catastrofe fosse incombente. Sperò solo che Sunday non decidesse che un bambino avrebbe potuto scambiare il deposito per un gabinetto.

***

Quando entrarono in mensa, Kim capì subito che c'era qualcosa che non andava. Jo si guardò attorno e commentò, confusa: "Ma cos'è questo mortorio?".

Il locale non era diverso dal solito: la luce delle plafoniere illuminava una serie di sedie disposte ordinatamente ai tavoli. Nulla di strano nell'arredamento. Ciò che risultava bizzarro era l'assoluta calma che vi regnava. Kim non aveva mai visto la mensa deserta: a qualsiasi ora del giorno e della notte c'era qualcuno che mangiava o si intratteneva con gli amici, anche quando dietro i banconi non c'era più nessuno a servire. Come quella mattina. Solo che era ora di colazione. E a colazione c'erano sempre più di venti persone ai tavoli, oltre a tre o quattro cuochi.

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