5: in cui una nave salpa e l'avventura inizia

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Le cose avevano cominciato a prendere una brutta piega. Prima di tutto, nessuno le aveva detto che avrebbe dovuto pagare da sé il suo completo di lavoro. Dovette sborsare quasi cento euro per comprarsi camicetta, pantaloncini e scarpe, tutti con il logo della Crown. Successivamente aveva dovuto spendere altri venticinque euro per la targhetta con il proprio nome. Perché nessuno le aveva accennato a quelle spese supplementari? Aveva dato per scontato che la divisa fosse in comodato d'uso. Fortunatamente era stata previdente e aveva portato con sé parecchie banconote. 

Mentre seguiva Jo verso la mensa al ponte Zero per un pranzo veloce prima dell'inizio dell'imbarco dei passeggeri, Kim si chiese quante altre cose avrebbe dovuto pagare con il proprio stipendio non ancora incassato.

"Il vitto è compreso" le disse con un sorriso Jozefien, che non si era persa una delle sue espressioni contrariate. "Ti piacerà".

Spalancò una porta a vento provvista di oblò e assieme entrarono in un locale lungo e largo dal soffitto basso, illuminato da plafoniere rettangolari a luce gialla. Una serie di tavoli accompagnati da quattro sedie verdi formavano file ordinate davanti a quello che sembrava un buffet in miniatura rispetto a quello dove avevano incrociato le prime forme di vita del personale della nave. Non c'erano molte persone: Jo aveva detto che chi non doveva lavorare, ne approfittava per fare un giro sulla terraferma.

Jo sondò i presenti e il suo viso si illuminò quando individuò qualcuno che conosceva. Afferrò il braccio di Kim e la trascinò con sé, alzando nel frattempo una delle sue larghe mani.

"Rex! Ciao!".

La prima immagine che sorse nella mente di Kim fu quella di una vecchia serie TV che aveva visto interamente su Youtube, nel suo periodo di studio del tedesco. Parlava di un cane, sì. Era un pastore tedesco, faceva il commissario di polizia, azzannava i criminali e aveva proprio quel nome. Rex. Sarebbe scoppiata a ridere, se solo non avesse intercettato gli occhi sottili e amichevoli di un uomo in carne, situato dietro il primo bancone. Aveva i tratti somatici del Sud-Est asiatico, ma il colore scuro della sua pelle permise a Kim di supporre che fosse filippino. Aveva un'espressione bonaria e quando vide Jo si aprì in un sorriso delizioso, mentre batteva le mani.

"Ciao, Jo! È da un po' che non ci becchiamo!".

La ragazza andò a stringergli la mano e subito dopo indicò Kim. "Nuova collega".

"Ah sì?" chiese l'uomo, agitando con le sue dita tozze anche la piccola mano della ragazza. "Come ti chiami?".

"Phan Kim".

"Rex Pablo Santos Bautista" rispose lui, prima di ridere e aggiungere: "È sufficiente Rex".

Di nuovo l'immagine del cane poliziotto turbò i pensieri di Kim, che si limitò a un sorriso tranquillo.

"Rex è uno dei cuochi più bravi" fece presente Jozefien. "Cosa hai cucinato tu, Rex?".

Lui indicò una delle vaschette di metallo, piena solo a metà di una pasta rossa invitante. "Oggi solo questo. Del pranzo oggi si è occupato Armando, io ho fatto poco. Siamo tutti impegnati con le preparazioni per stasera".

"Vacci giù pesante" rispose Jo e Rex, con un sorriso palesemente soddisfatto, le riempì il piatto.

"Tu cosa vuoi, cara?" chiese poi a Kim, che era rimasta a osservare le scelte di primi e secondi – tre per ciascuno – piacevolmente stupita dalla quantità e qualità.

"Un po' di tutto, se possibile" rispose lei. Fu subito accontentata e, dopo aver salutato il cuoco filippino, le due ragazze trovarono un posto dove sedersi.

Kim si infilò in bocca di quello che supponeva essere un risotto ai frutti di mare e fu contenta nel constatare che era davvero cibo da ristorante.

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